La festa dell’8 marzo, celebrata appena due settimane fa, suggerisce una riflessione sulle differenze di genere nel panorama imprenditoriale italiano che mantiene tutto il suo valore con riferimento al territorio di Lanzo e delle sue Valli. Nella società e in particolare nel fare impresam le differenze di genere tra donne e uomini permangono, ma le distanze sembrano cominciare a ridursi. A registrare il fenomeno è un’indagine condotta da Swg per CNA nazionale su “Donne, imprenditoria e accesso al credito”. Un maggior reddito a disposizione e, di conseguenza, un futuro più sicuro sono le motivazioni che principalmente spingono una donna al lavoro. Il 31% delle interpellate è mosso da più cospicue entrate economiche, con un picco del 35% tra quante si situano nella fascia di età 35-54 anni e del 43% tra le residenti nelle regioni centrali del Belpaese. La sicurezza rispetto alle incertezze della vita stimola un altro 25% del panel con il tetto del 27% raggiunto sempre nella fascia 35-54 anni e del 36% al Sud. A distanza (tra i risultati ai quali, potendo scegliere, le donne ambiscono sul fronte lavorativo) si piazza una maggiore gratificazione professionale (13%). Per quanto riguarda l’accesso al credito, un problema ricorrente per le imprese italiane, le donne imprenditrici (o aspiranti tali) e in genere le donne denunciano di essere trattate peggio degli uomini anche a parità di condizioni. Dall’indagine questa asserzione è confermata, in un panel aperto anche agli uomini, dal 50% degli interpellati (43% degli uomini, 56% delle donne) con picchi del 58% nella fascia 18-34 anni e del 57% al Sud. Tra quanti sono convinti che questa difficoltà di genere nell’accesso al credito esista, la motivazione preferita dal 37% degli interpellati (33% uomini, 40% donne) consiste nel fatto che le donne potrebbero avere figli e quindi vedere alterati i propri equilibri professionali. A seguire in questa graduatoria è l’affermazione “le donne sono meno affidabili degli uomini”, fatta propria dal 27% del totale (31% uomini, 24% donne). Terza la motivazione “le donne mettono il lavoro al secondo posto rispetto alla famiglia”, scelta dal 19% degli interpellati (14% uomini, 23% donne). La presunta minore mentalità imprenditoriale posseduta dalle donne rispetto agli uomini è indicata solo dal 9% del panel (12% uomini, 7% donne). L’indagine dà per scontato che in Italia, alla morte di un titolare d’impresa familiare, capiti perlopiù che la gestione dell’azienda sia affidata ai figli maschi. E ne viene richiesto il motivo ai partecipanti. Il 39% ritiene che i figli maschi siano indirizzati fin da piccoli a prendere in mano il futuro dell’azienda (43% degli uomini e il 35% delle donne). Più distanziata una seconda motivazione, in base alla quale le donne sarebbero ritenute meno in grado di fare impresa: viene scelta dal 23% del totale (17% uomini, 29% donne). Su questo presupposto, però, è diffusa l’incertezza nella risposta, che coinvolge il 38% complessivo degli interpellati. Sul fronte dei rapporti fra i sessi sul lavoro sono interessanti due quesiti: potendo scegliere, si preferiscono uomini o donne per capi o per colleghi di lavoro? Su entrambe le domande è diffusa l’indifferenza che raggiunge il 76% per i capi e il 66% per colleghi. Tra i capi l’uomo è preferito dal 14% del totale (14% uomini, 13% donne), le donne dal 10% (9% uomini, 12% donne). Per quanto concerne i colleghi di lavoro, l’uomo è indicato dal 18% (14% uomini, 21% donne) e le donne dal 16% (17% uomini, 15% donne).
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