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13 Luglio 2018 - 16:21
Continua il nostro appassionante viaggio alla scoperta dei tesori storico-artistici canavesani; questa settimana vi portiamo a Chiaverano, nella Chiesa di Santo Stefano di Sessano.
Celebre soprattutto per il suo splendido ciclo di affreschi, l’edificio risale all’XI secolo e si colloca tra i massimi esempi di architettura romanica in Canavese.
Il complesso, che consta della chiesa con l’annesso campanile, “è piuttosto grande, sebbene si tratti di un luogo di culto di campagna”, spiega Michelangelo De Fazio, presidente dell’Ecomuseo del Paesaggio Orizzonte Serra.
La navata, infatti, pur essendo unica, è lunga quasi dodici metri, analogamente, all’altezza della torre campanaria. Quest’ultima, continua De Fazio, “è collocata in facciata secondo lo schema francese del clocher-porche ed è suddivisa in quattro piani con la caratteristica decorazione ad archetti pensili, ossia piccoli archi ciechi che si succedono senza poggiare su colonne”.
“L’edificio”, aggiunge, “è tutto ciò che rimane dell’antico borgo di Sessano”, scomparso, probabilmente, a seguito del trasferimento dei cittadini nella nuova borgata di Chiaverano.
“È in quest’occasione che il complesso è stato quasi del tutto abbandonato”, continua. Al naturale deterioramento dovuto al trascorrere del tempo, fra l’altro, si è aggiunta la rimozione del tetto dall’edifico; infatti, “Tra il 1930 e il 1960”, racconta Michelangelo De Fazio,“la chiesa è stata scoperchiata, fatta eccezione per il presbiterio, ossia la zona riservata al clero, e per l’abside”.
E aggiunge:“A metà degli anni Ottanta il complesso è diventato proprietà del Comune di Chiaverano e, grazie alla Sovrintendenza Regionale, nel 2003 si sono ultimate le ristrutturazioni che hanno portato la chiesa allo stato in cui la possiamo vedere oggi“.
La fama dell’edificio, come già accennato, si deve al suo ciclo di affreschi, conservato limitatamente all’area presbiteriale e absidale. Databile tra il 1050 e il 1080, la parete dell’abside presenta tre registri sovrapposti: partendo dal basso, si incontra una zoccolatura con finte lastre marmoree, cui succede la sequenza dei dodici apostoli con l’aggiunta di altri due santi, uno dei quali Santo Stefano, titolare della chiesa. Infine, nella parte superiore, in corrispondenza del catino, si trova il Cristo in Maestà, nell’iconografia del Pantocratore, rappresentato come Giudice del creato seduto sull’arcobaleno apocalittico. Su quest’affresco ne era stato ridipinto un secondo in epoca successiva, poi strappato e attualmente conservato al Museo Garda di Ivrea.
Ai lati del Cristo oggi visibile nella chiesa, si dispongono i quattro simboli degli evangelisti: il toro di San Luca, il leone di San Marco, l’aquila di San Giovanni e l’angelo di San Matteo.
In aggiunta, sia la volta del presbiterio che le pareti laterali presentano ulteriori brani affrescati.
Michelangelo De Fazio chiarisce anche l’importanza geologica del sito: “La chiesa è costruita su un colle arrotondato dall’azione di un ghiacciaio” e aggiunge “le pietre locali che, insieme ai mattoni romani, costituiscono la struttura architettonica, giunsero dalla Valle d’Aosta probabilmente nel corso dell’ultima glaciazione, non meno, quindi, di 20 000 anni fa”.
Ulteriore elemento d’interesse segnalato da De Fazio è il giardino medievale, situato nei pressi della chiesa, curato dall’ Associazione Rosmarino.
La peculiarità di quest’area risiede nella coltivazione di alcune specie di piante utilizzate nel Medioevo a scopi curativi.
Questo prezioso scrigno d’arte romanica sarà fruibile al pubblico fino al 30 settembre, ogni domenica dalle ore 15.00 alle 18.00, grazie all’apertura da parte dell’Ecomuseo AMI.
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