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CATELLAMONTE. In Alto Canavese si celebra la “Giornata del Rifugiato”

CATELLAMONTE. In Alto Canavese si celebra la “Giornata del Rifugiato”

Esiste da tempo ma solo da dieci o quindici anni è diventata una ricorrenza importante e conosciuta anche in Italia: si tratta della “Giornata del Rifugiato”. Il Centro S.P.R.A.R di Chiesanuova lo celebrava di solito nel proprio “Centro d’Incontro fra le Culture” con dibattiti o incontri ma ora che i centri S.P.R.A.R. della Valle sacra sono tre lo organizzano insieme. Quest’anno si è trattato di uno spettacolo teatrale preceduto da un concerto ed il luogo scelto è stato il Teatro Martinetti di Castellamonte, che venerdì 22 giugno si è riempito rapidamente.

Si è trattato in realtà di due spettacoli in uno: quello musicale del gruppo “Portaverta” di Ivrea e quello teatrale del senegalese Mohamed Ba. Ad aprire la serata, a nome anche sei suoi colleghi, è stato il sindaco di Colleretto Castelnuovo Aldo Querio Gianetto; a chiuderla un rinfresco, abbondante ma economico, gestito come sempre direttamente dagli operatori dei centri, che hanno pure provveduto  a ripulire il teatro al termine della serata. 

Lo spettacolo teatrale “Invisibili” è un monologo del senegalese Mohamed Ba, che lo ha fatto precedere da un filmato finora inedito nel quale prende in esame il fenomeno dell’emigrazione, sia  politica  che economica, sfatando alcuni luoghi comuni. Come quello che ad emigrare sono i più poveri: “I più poveri non  riescono nemmeno  a trovare i soldi per partire. Ad andarsene – com’è sempre avvenuto, anche per voi europei ed italiani, sono coloro che cercano di migliorare le proprie condizioni di vita e rappresentano una risorsa per le società delle quali entrano a far parte”.

Nel monologo Mohamed mette a confronto la cultura africana e quella europea, sottolineando alcune  differenze fondamentali nel modo di porsi di fronte all’esistenza ed alle persone: differenze che non depongono in nostro favore. “L’Africa che conoscete voi è figlia della colonizzazione. Prima dell’arrivo dei bianchi, noi avevamo sposato la Natura e ci radunavamo sotto un baobab ad ascoltare le storie degli anziani. Per noi gli anziani sono una ricchezza: quando ne muore uno è una biblioteca che muore”.  Ed  anche: “Per noi la ricchezza non è possedere delle cose ma avere consapevolezza di far parte di un gruppo di uomini sul quale poter contare”.

L’africano è consapevole che esistono altre culture, diverse dalla propria, e l’incontro fra civiltà viene visto come un arricchimento, così come l’ospitalità è un valore primario: “In Senegal non esiste la parola <straniero>,  solo quella che indica l’Ospite. Per questo, quando arrivarono i colonizzatori, vennero accolti come ospiti. Per  la visione che abbiamo noi la gente non  si preoccupò per l’arrivo di navi sconosciute: per coloro che sbarcavano di cantò, si ballò, si spalancarono le finestre. Non siamo abituati  a danzare da soli: si danza con l’Altro”. Le conseguenze purtroppo le conosciamo: vennero fatti schiavi e venduti sui mercati, per trecento anni.

La Memoria è fondamentale per gli africani e sulla base di questo Mohamed ci ha invitati a ricordare come cominciano le persecuzioni: “Si inizia con un censimento e poi si va avanti”. Non è mancato un beffardo ritratto del persecutore per eccellenza, forse il più spietato di tutta la Storia: “Per i nazisti l’uomo ideale era alto e biondo? Hitler avrebbe dovuto eliminare innanzitutto sé stesso!”.

Non è mancata una presa in giro di sé stesso, nei primi impatti con l’Europa: “Parigi era gelida” e “I tempi africani sono elastici, quelli europei no”. Divertenti le frecciate al senso di superiorità di quanti bollano le culture africane come inferiori: “Volevo imparare a parlare bene la vostra lingua ma quando ho cominciato ad esibire con orgoglio un italiano forbito mi sono accorto che la maggior parte di voi non mi capiva!”.

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