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SETTIMO. Via Macchiavelli, storia di una strada medioevale

SETTIMO. Via Macchiavelli, storia di una strada medioevale

«Piorass», in piemontese, significa piagnone, come spiega assai bene Vittorio Righini di Sant’Albino (1787-1865), autore di un noto dizionario edito centosessant’anni or sono. «Viëtta dij piorass» ossia vicolo o viuzza dei piagnoni si definiva, a Settimo Torinese, l’attuale via Niccolò Machiavelli. Un tempo, infatti, la «viëtta» era percorsa dai cortei funebri che si recavano dalla chiesa parrocchiale di San Pietro in Vincoli al cimitero di San Pietro («San Pé»), in una parte dell’area ora occupata dai giardini pubblici di piazza degli Alpini. Coloro che abitavano o avevano bottega negli immobili prospicienti la strada erano avvezzi a vedere frotte di persone piangenti.

La via Niccolò Machiavelli costituisce, oggi, un esempio significativo delle trasformazioni edilizie che hanno caratterizzato il centro storico cittadino a partire dal secondo dopoguerra. Strada medioevale nell’impianto ma non nelle emergenze, la via si caratterizza per le vecchie case ristrutturate, un immobile commerciale e un condominio risalenti agli anni Sessanta del secolo scorso e un edificio ricostruito che incarna il moderno gusto per l’antico.

È curioso apprendere che la strada ha più volte destato l’interesse di storici e urbanisti. Della via Machiavelli si occupò, fra gli altri, l’architetto Giampiero Vigliano in un lungo articolo pubblicato dal mensile «Portavoce Settimese». Era il luglio 1958. Nato trentasei anni prima, consigliere comunale dal 1946 al 1951, laureatosi a pieni voti in Architettura, Vigliano aveva svolto il praticantato a Milano, presso lo studio di Giovanni Muzio, accademico di chiara fama, uno fra i principali rappresentanti di quel movimento che propugnò, alla fine della Grande Guerra, un ritorno all’ordine artistico in nome della tradizione classica e rinascimentale, dopo gli scompigli delle avanguardie europee. Allievo di Alessandro Molli Boffa, nel 1949 incaricato di redigere il piano regolatore di Settimo, egli cominciava allora ad abbinare l’esercizio della professione alla docenza universitaria. Questa lo porterà a ricoprire, negli anni Ottanta del Novecento, il ruolo di direttore del dipartimento Territorio presso la facoltà di Architettura del Politecnico di Torino, quindi quello di preside della stessa facoltà.

In Giampiero Vigliano, architetto e urbanista, era grande l’interesse per l’analisi evolutiva dei luoghi e per le testimonianze materiali del Medioevo settimese. La via Machiavelli non poteva sfuggire alla sua attenzione. Per farsi meglio comprendere dai lettori, egli non disdegnò di ricorrere alla forza delle suggestioni romantiche di stampo Ottocentesco. «Chiunque – suggerì – cammini per il vicolo Machiavelli non potrà fare a meno di constatare, ancora oggi, quale atmosfera strana vi sia». Tanto la «ristretta sezione» della strada quanto le «pareti alte delle vecchie case [e] il filo di cielo che s’intravvede a stento tra i tetti» evocavano epoche lontane: «pare quasi di vivere per brevi istanti una vita diversa, più raccolta, meno agitata, persino piacevole».

Ma il progresso, in pieno boom economico, incalzava. «Un bel giorno – preconizzò Vigliano – scomparirà anche via Machiavelli e s’aprirà magari […] una strada ampia», con «case nuove» e «bei negozi luminosi e modernissimi». «Quel giorno – aggiunse – sarà forse scomparso l’ultimo “ambiente” di Settimo che pallidamente ricorda […] la vita del borgo medioevale: un piccolo gruppo di case e di uomini attorno al quale prese corpo – molto ma molto più tardi – il grosso paese industriale che tutti conosciamo».

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