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IVREA. Fusioni tra Comuni: ma oltre al fumo ci sarà l’arrosto? (1^ puntata)

Per fortuna che c’è ancora qualcuno che pensa a sopperire al vuoto pneumatico della politica  locale di questi tempi amari! A tenere accesa ancora una fiammella di speranza di vedere rifiorire il nostro Territorio ci pensa, già da qualche anno, il Comitato AMIunaCittà con la proposta di fusione tra i Comuni della Zona Omogenea Eporediese, sorta subito dopo l’istituzione della Città Metropolitana di Torino che ha occupato lo spazio dell’omonima Provincia.

E’ un tema che condivido pienamente e che ho sostenuto in tutte le occasioni che mi sono presentate. Già nel programma elettorale della LISTA DEI CITTADINI del 2008 e ancor più in quello del 2013, si evidenziava un capitolo specifico che inneggiava ad una NUOVA DIMENSIONE DELLA CITTA’, l’invito alla costruzione di una sorta di Città Metropolitana, in scala ridotta, in grado di razionalizzare e ottimizzare le risorse di territori che ormai sono un tutt’uno con il centro più rappresentativo che ne deve necessariamente fungere da equilibrato capofila.

Si può disquisire sul numero dei Comuni “fondibili” che potrebbe variare da un minimo dei 13 Comuni, contigui già ora con Ivrea, sino al massimo dei 58 Comuni che sorgono all’interno dell’Area Omogenea n.9, una delle 11 identificate, denominata “Eporediese”. Ma credo che tutto sta nel riuscire a dare il via al processo e poi, come un  gigantesco “domino”, una ciliegia tirerà l’altra e potremmo ritrovarci con una “Città Diffusa” di una potenzialità dirompente (80/90 mila abitanti) per affrontare il rischio sempre più tangibile, di trasformarci in una landa desolata e abbandonata a sé stessa.

Negli anni del secondo mandato del Sindaco Della Pepa, non ho mai smesso di pungolare l’Esecutivo con Mozioni ed Emendamenti al Bilancio con l’evidente obiettivo di “istituzionalizzare” la proposta di fusione, di farla uscire prepotentemente alla luce in controtendenza con il profilo “ostile” sempre tenuto dall’Amministrazione di Ivrea. Ho registrato un insperato successo nel D.U.P (Documento Unico di Programmazione) 2015, quando l’Amministrazione Comunale “si impegnava a promuovere direttamente iniziative volte a studiare e diffondere la più ampia documentazione e tutti i criteri più idonei a far convergere il numero maggiore di Comuni verso un nuovo modello di Città Diffusa, individuando nei Comuni dell’Anfiteatro Morenico di Ivrea, il bacino più idoneo per cominciare a costruire questa nuova realtà, che rispettando le individuali caratteristiche di ogni Comune, consentisse di costituire una forza determinante non solo per la sopravvivenza, ma anche per il rilancio del territorio e riconoscendo che la nostra area, molto distante e diversa, sia morfologicamente che produttivamente, dal bacino metropolitano torinese, necessita non più solo di razionalizzazioni dei servizi ma di un corposo piano di nuovi investimenti oramai non più sostenibili dai singoli Comuni per la mancanza di risorse e per gli stringenti vincoli del patto di Stabilità, problematiche superabili solo con un nuovo assetto istituzionale territoriale.”                

Ma l’infatuazione durò poco. Me ne resi conto quando nel dicembre 2014, dopo una gestione improduttiva già di tre anni, mi ritrovai tra i punti all’O.del G. del Consiglio Comunale l’Atto di Indirizzo per una fantasmagorica “Unione dell’Eporediese” tra i Comuni di Ivrea, Montalto, Banchette, Cascinette d’Ivrea e Fiorano, costituita da una struttura elefantiaca con un’Assemblea permanente per l’Unione dell’Eporediese, composta di ben 6 Sindaci e n.23 Consiglieri Comunali, da una Giunta dell’Unione e da un Presidente, oltre alle strutture Comunali  di ogni singolo Comune già esistenti.

Faticai le classiche sette camice per fare “intrufolare” nello Statuto dell’Unione poche parole per ricordare che era legittimo anche ipotizzare la “fusione”, magari in uno sprazzo di lungimiranza dei nostri amministratori locali e quale naturale sviluppo del più limitante concetto di Unione. Ma l’argomento sembrava  dovere rimanere tabù!

I Sindaci da un lato lamentavano la decadenza economica dei loro Comuni ma dall’altro sembravano nell’impossibilità di staccare dal loro corpo la Fascia Tricolore, giustificandosi con la necessità di conservare l’indipendenza del loro “campanile” e del loro “orticello di guerra”. Come non riconoscere poi che le Unioni non determinano quei maggiori trasferimenti da Stato e Regioni che non possiamo più permetterci di buttare al vento. Ma il problema si è dissolto in un amen (si fa per dire) tant’è che da quel lontano 2014 sino alla recente fine del mandato Della Pepa, se si esclude la “passerella” del Consiglio dell’istituzione della “Unione della Mutua”, nessun atto, peraltro destinato alla limitata organizzazione di pianificazione di protezione civile e di coordinamento dei primi soccorsi, della polizia municipale e polizia amministrativa locale, del catasto è stato ufficializzato (strano che qualche giornale locale non ne abbia dato il necessario risalto) buttando così alle ortiche ben sette anni di gestazione “sterile”.

Ho sempre creduto che maggiori risultati in questi anni si sarebbero potuti ritrovare coinvolgendo la Popolazione dei nostri Comuni, direttamente toccata dalla grave crisi economica della nostra area ed ansiosa di vedere qualche segno di evoluzione e di rivitalizzazione.

Con le Elezioni Amministrative del 10 Giugno di Ivrea si  apre un nuovo seducente capitolo, per rimettere in gioco la prospettiva della Fusione, della Città Diffusa e della Città Grande. Il prossimo sabato, 12 Maggio, il Comitato AMIunaCittà presenta un incontro-dibattito in Santa Marta sul tema “Facciamo la Città Grande”.

L’obiettivo sarà anche quello di far esprimere ai Candidati Sindaco il loro punto di vista per la trasformazione del nostro territorio in un modello unico in Italia. Una stimolante occasione per vedere chi, tra i candidati, dimostrerà di possedere quella “intraprendenza” che è clamorosamente mancata negli ultimi dieci anni e che risulterà indispensabile per agire con efficacia e tempestività da “precursori” nella realizzazione di un evento di ampiezza storica.

Non paiono buoni segnali quelli deducibili dall’articolo de La Stampa del 26 Aprile, dal quale pare che criteri attendistici, esigenze di gradualità e timori di caduta dall’alto possano fare ancora una volta prevalere quel consolidato atteggiamento “bogianen” che ci ha caratterizzato sinora. Il rischio concreto sulla proposta è che dopo il  consueto “fumo” elettorale non faccia seguito l’auspicabile “arrosto”.

Ci sarà modo di ritornare sul tema.       

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