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22 Marzo 2018 - 16:41
Opinione personale per opinione personale -ognuno tanto ormai dà la propria-, oggi presento la mia.
Osservando i vari tentativi di approccio tra i partiti a seguito dell’esito elettorale più offuscato della storia italiana, mi pare che la questione stavolta abbia dell’unico.
Se fino alla legislatura scorsa, infatti, la gara al soglio di premier era senza eccezione di colpi, con esponenti eletti che provavano a contattare ogni nome della rubrica politica e non, alla ricerca strenua di numeri per formare un governo, oggi lo spettacolo si svolge al contrario. I nostri due vincenti dalle urne, più che impegnati a trovare accordi per il bene del Belpaese, mi sembrano presi dallo schivare un ruolo che certo è di gran prestigio, ma che se non sorretto da forti numeri a garanzia di stabilità, risulta essere -sbaglierò magari- solo ed esclusivamente un’enorme patata bollente. E qui volevo arrivare. Non è la prima volta che mi esprimo in merito alla questione delle difficoltà governative attive, non è la prima volta che sostengo che essere membri di opposizione è un conto, amministrare tutt’altro.
Lo è nel locale, figuriamoci nel nazionale. Ricordo bene personalmente che al termine dello scrutinio elettorale amministrativo per l’elezione di Sindaco nel nostro Comune, le sensazioni furono contrastanti. Al certo dolore ed alla delusione dovuta ad una palese sconfitta, faceva posto una sensazione di sollievo decretata dalla presa di coscienza, in quei mesi di campagna soprattutto, di quanto non fosse così all’acqua di rose agire, al contrario di quanto invece lo era stato sollevare a parole i problemi. Adesso, io non so se Di Maio e Salvini, all’ora del loro risultato vincente, abbiano proceduto con considerazioni simili alle mie, se siano state queste a rallentare le loro mosse e le loro strategie al fine di prepararsi a ricoprire il ruolo di premier, se abbiano valutato quanto l’ingovernabilità di questo paese meriti forse una riflessione in più, una maggioranza più stabile, degli alleati non presi a caso a tentoni nel buio, ma teste che condividano il progetto e siano pronte a sostenerlo. Non so se oggi si siano resi conto, più che in anni di politica passiva, come un’epifania joyciana, di cosa determini quella sedia, in periodi bui come non ne ricordavamo, molto non so, ma quest’assenza di fermento mi convince che tra le tante ragioni trovi posto anche la riflessione cauta sulle sorti in cui versa l’Italia. Un dato è certo. Vorrei essere stata, ed essere tante cose, nella vita, ma di certo oggi non un reverendo signore di nome Sergio che abita nei pressi di Roma centro.
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