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CHIVASSO. Un mondo parallelo al nostro

CHIVASSO. Un mondo parallelo al nostro

Nel mondo di internet, degli smartphone iper intelligenti, dei computer capaci di governare il mondo, suona strano sentir parlare di pastori. Meno male che si parli ancora di pastori, dirà qualcuno: perlomeno i bambini non penseranno che i formaggi crescano sui banchi del supermercato. Vero, per carità, ma suona strano lo stesso. Quando poi leggi di pastori capaci di uccidere a bastonate, allora capisci che esiste un mondo parallelo al nostro, fermo ai tempi di re Romolo. Un mondo nel quale la vita umana non conta nulla, un mondo con regole sue, secondo le quali la violenza è l’unico legittimo strumento per dirimere le questioni. Un mondo drasticamente diviso in amici da difendere e nemici da cui difendersi. Un mondo terribilmente povero dove non ci si uccide nemmeno per il potere o per il denaro, ma per l’onore e per il diritto al pascolo. Un mondo qui vicino a noi, a Castelrosso. E adesso, mentre continuiamo a chiederci che diavolo ci facessero dei greggi su un terreno privato, il nostro mondo è chiamato a giudicare i tre presunti barbari assassini di due giovani romeni secondo le sacrosante regole del diritto, fondamento della nostra civiltà. Ma il nostro mondo fonda altresì su facebook, uno strumento più o meno equivalente ai Rostri della Roma repubblicana, le tribune pubbliche da cui i magistrati ed i rappresentanti del popolo tenevano le loro orazioni. Ma mentre dai Rostri peroravano le proprie ragioni Cicerone o Catilina, su facebook qualsiasi imbecille può improvvisarsi filosofo e, magari, ottenere un buon consenso che anche noi, come gli antichi Romani prima, e Fonzie dopo, esprimiamo col pollice rivolto verso l’alto. Così, scorrendo i social,  notavo come per qualcuno la tragedia di Castelrosso abbia assunto i toni di scontro tra comunità. Da un lato i Rumeni, oggetto di derisioni e violenze, dall’altro gli Italiani, approfittatori, violenti, genericamente definiti  “eredi di Mussolini”. Ecco il nostro mondo. Il mondo della violenza subdola, del pregiudizio che genera rancore, della vendetta mediatica. Un mondo che anche noi dividiamo tra amici e nemici, i primi rigorosamente custoditi nella rubrica di facebook, i secondi da colpire duro, non più con un bastone, ma con parole taglienti. Un mondo che parla di integrazione, ma che coltiva l’elitarismo. Zingari contro eredi di Mussolini. Che tristezza. Una preghiera per le vittime. Un atto di fiducia nella giustizia. Un invito a sentirsi innanzitutto Uomini che hanno smesso di chiedersi per chi suona la campana di una vittima, perché già conoscono la risposta.

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