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30 Ottobre 2017 - 09:11
Uscì nel 1809 con un titolo grecizzante. Stampato dalla tipografia torinese di Domenico Pane, «Pedanteofilo» non reca il nome dell’autore nel frontespizio, ma è ormai acclarato che si deve alla penna del marchese Ottavio Falletti di Barolo, conte di Settimo Torinese. Pedanteofilo significa amante delle pedanterie.
I Falletti erano una ricchissima famiglia aristocratica che avevano accumulato, nei secoli, ingenti fortune grazie a un’accorta politica di alleanze matrimoniali e di vincoli giuridici sui beni (primogeniture, fidecommessi, ecc.). In Settimo subentrarono ai precedenti signori, i marchesi Wicardel de Fleury de Beaufort, grazie alle nozze di Maria Giuseppina Wicardel con Carlo Gerolamo Falletti (12 agosto 1752). Il 2 giugno 1770 Ottavio, il giovane figlio della coppia, fu formalmente investito del feudo di Settimo, con titolo comitale, dal re Carlo Emanuele III di Savoia.
Nato nel 1753, sposato con Paolina d’Oncieu, gentiluomo illuminato e coltissimo («pieno di lettere ed amantissimo de’ letterati», sarà definito), Ottavio Falletti coltivava interessi nei più diversi campi della cultura, con specifico riguardo per gli studi letterari, filosofici e scientifici. D’idee politiche innovatrici e progressiste, dopo l’occupazione napoleonica del Piemonte divenne senatore dell’Impero francese (1806) e ufficiale della Legione d’onore (1807).
In Settimo le proprietà dei marchesi di Barolo erano assai estese. L’elenco comprende alcune belle cascine, fra cui la Banchera, il Cascinotto, il Castelverde, la Fiorita, la Mocchiola (venduta nel 1830 al conte Isidoro Claretti Ponzone di Gassino), la Tinivella e l’Ulino. I Falletti possedevano altresì l’area del distrutto castello signorile con la torre superstite, l’edificio detto «Il Palazzo», una casa d’ordinaria abitazione lungo la via ora dedicata a Giuseppe Mazzini, il Mulino Vecchio e il Mulino della Chiesa (demolito nel 1920), un forno da pane e altro ancora.
Però i rapporti fra Ottavio Falletti e la comunità locale erano tutt’altro che idilliaci. Assistito dal padre, Carlo Gerolamo, il conte di Settimo promosse o proseguì svariate controversie giudiziarie col Comune, il parroco di San Pietro in Vincoli e alcuni proprietari e fittavoli del territorio, rivendicando antichi diritti signorili. Ai settimesi alcune vertenze sembrarono particolarmente odiose, tant’è che essi, prescindendo dalle formali attestazioni di fedeltà, non si dimostrarono mai entusiasti dei propri signori.
Al dibattito culturale del tempo, Ottavio Falletti contribuì, fra l’altro, con numerosi scritti. Erano gli anni in cui vivissima risultava la disputa fra classicisti e romantici. I primi ricorrevano alla mitologia per descrivere fatti e personaggi della contemporaneità, gli altri reclamavano libertà espressiva per l’immaginazione e il sentimento. Ottavio Falletti cercò di proporre una sorta di «terza via». In tale contesto si colloca «Pedanteofilo», una gradevole satira sugli aspetti più negativi dell’erudizione letteraria di stampo classicista, ma anche del pedantismo romantico, decisamente incline al gusto sepolcrale dei poeti inglesi e alle esasperazioni dei tedeschi.
Il marchese Ottavio Falletti di Barolo morirà nel 1828. A due secoli di distanza, il suo libro è una rarità per bibliofili: a Torino se ne conservano pochissime copie (presso l’Accademia delle Scienze, la Biblioteca storica della Provincia, l’Università, ecc).
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