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24 Ottobre 2017 - 18:06
alcuni dei volontari del borgo posta che si sono occupati del locale nel corso degli anni
Certo, Chivasso non è Siena, dove nascere in una contrada piuttosto che in un’altra ti condiziona la vita. Pochi Chivassesi sarebbero in grado di elencare i nomi di tutti i borghi della città, tranne la sera della fiera di fine Agosto quando, improvvisamente, ci ricordiamo di loro per gustare le prelibatezze che hanno preparato. Così la notizia che lo storico circolo del borgo Posta ha chiuso i battenti è passata tra l’indifferenza generale, accompagnata al massimo da qualche rutinario quanto inopportuno “mi piace” dei social. Invece, per la Città, per noi tutti insomma, è una perdita importante. No, non è solo il lamento di un uomo di mezza età che vede sparire un pezzo dei suoi ricordi di bambino, quando al Borgo Posta si andava con mamma e papà a mangiare polenta e salsiccia e poi si correva a vedere i bocciatori capaci di affascinanti colpi per me irripetibili. La mia è la preoccupazione di un chivassese che vede la propria città impoverirsi di un altro importante punto di aggregazione sociale. In una Chivasso che tende ad invecchiare e che offre ai suoi anziani un unico centro di incontro, in una Chivasso asfissiata dalla mancanza di strutture aggregative, la perdita del circolo del Borgo Posta è drammatica. E non solo per gli anziani. Colpe? Responsabilità? E chi lo sa. Certo è che chi amministra la città deve cominciare a fare una riflessione sulla valenza sociale dei borghi. I loro consigli direttivi mettono insieme cittadini animata dalla disinteressata volontà di faticare per creare momenti di festa e di aggregazione per i loro concittadini. Una virtù impagabile. Una risorsa eccezionale per Chivasso. Vanno aiutati, se non con ulteriori contributi diretti, almeno agevolandone gli sforzi organizzativi al momento della preparazione delle loro feste. Vanno quindi assistiti nell’espletamento delle pratiche burocratiche sempre più restrittive, evitando di farli sentire soli ed abbandonati di fronte a responsabilità schiaccianti; vanno supportati anche fisicamente ad allestire i padiglioni, perché la manodopera scarseggia; vanno aiutati a divulgare la propria esistenza tra i cittadini per creare quel senso di appartenenza che poi fa sì che i giovani si avvicinino e raccolgano il testimone dagli anziani (e se andate ad una qualsiasi delle feste in frazione, vi renderete conto che tutto ciò può davvero accadere). Glielo dobbiamo. L’aggregazione, l’inclusione, la comunicazione tra generazioni diverse, la lotta alla solitudine, non sono solo concetti astratti su cui impiantare pedanti dibattiti populisti. Sono obiettivi amministrativi, da raggiungere attraverso piccoli fatti concreti. Salvare i borghi Chivassesi è senz’altro uno di questi.
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