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11 Settembre 2017 - 09:59
Simone Jacob ha percorso il Secolo Breve fino a vederlo tramontare. La sua parabola umana, iniziata nel 1927 e conclusasi il 30 giugno scorso, si è intrecciata con gli eventi più drammatici e i momenti decisivi per la storia francese ed europea.
Cresciuta a Nizza in una famiglia ebrea di classe media, ha vissuto l’umiliazione della rafle (rastrellamento) finendo con la sua famiglia nel campo di transito di Dracy, ha visto sparire nel gorgo suo padre e suo fratello (di cui ignorerà a lungo il tragico destino), ha patito la deportazione e visto morire di tifo la madre, a diciassette anni ha conosciuto l’orrore di Auschwitz e il ritorno alla vita.
Nel 1946 Simone si sposa prendendo il cognome Veil, intraprende gli studi e, a 29 anni, la carriera di magistrato occupandosi, in modo intransigente, della condizione dei detenuti nelle carceri francesi. Il resto è noto: una donna (un’eterna ribelle dirà Jean d’Ormesson, accogliendola all’Accademie de France) che ha conosciuto il fondo ed è arrivata in cima.
Prima donna in Francia ad assumere la carica di ministro durante la presidenza Giscard d’Estaing, nel 1975 intraprende, accanto al movimento femminista, la battaglia che porterà all’approvazione – da parte dell’Assemblea Nazionale composta al 98 per cento di uomini – della legge sull’interruzione volontaria della gravidanza.
«Vorrei anzitutto condividere con voi una convinzione di donna. Mi scuso di farlo davanti a questa Assemblea quasi esclusivamente composta di uomini: nessuna donna ricorre a cuor leggero all’aborto». Con queste parole, quarantatré anni fa, Simone Veil «entra nella storia», commenterà l’inserto femminile di «Le Figaro» il giugno scorso.
«Il 26 novembre ’74, la ministra della Sanità, la centrista Simone Veil, ha difeso in una seduta-maratona la legge che porta il suo nome, di fronte a un’assemblea dove le donne parlamentari erano solo 9 contro 469 uomini», così scriverà il quotidiano comunista il Manifesto, quarant’anni dopo.
Arrivata alla presidenza del Parlamento europeo nel 1979, vi rimarrà fino al 1982. Poi deputata europea fino al 1989, di seguito componente del Consiglio Costituzionale del suo Paese fino al 2007.
Nel 2008, all’età di 79 anni, viene eletta all’Accademie de France, accolta da Jean d’Ormesson, che siede anch’egli tra gli Immortali di Francia dal 1973. «C’est une joie, Madame, et un honneur de vous accueillir dans cette vieille maison où vous allez occuper le treizième fauteuil qui fut celui de Racine», dirà Jean d’Ormesson. «Di tutte le figure della nostra epoca, voi siete una delle preferite dai francesi» aggiungerà. «Sembra, signora, che siate un carattere difficile. Lo credo. Non si esce dalla Shoah con il sorriso sulle labbra».
Delle tante interviste, colpisce quella del 1986, quando le viene chiesto di sciogliere «son chignon», il modo di raccogliere i capelli che è stata la cifra della sua sobria eleganza. Conquista la naturalezza del gesto (nella conversazione piana) di una donna consapevole di sé.
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