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IVREA. Rileggendo Huxley

In vacanza mi è capitato di rileggere, dopo quasi quarant’anni dalla prima volta, il romanzo “Mondo Nuovo” dello scrittore Aldous Huxley, nato nel 1894 e morto nel 1963, lo stesso giorno dell’assassinio del presidente Kennedy.

Nel 1932, dopo una lunga serie di vicissitudini personali, legate ad una sostanziale cecità che era riuscito a curare efficacemente, Huxley raggiunge una vasta notorietà internazionale pubblicando il romanzo (Brave New World) ambientato in un immaginario Stato Totalitario del futuro, pianificato nel razionalismo esasperato, simboleggiato nel culto di Ford e dell’era Fordiana.

Una società utopistica dove i Cittadini non sono oppressi dalla guerra, né dalle malattie e possono accedere liberamente ad ogni piacere materiale. L’inghippo che rende possibile mantenere questo equilibrio sta nella condizione per cui gli abitanti vengono concepiti e prodotti industrialmente in provetta, sotto il costante controllo di ingegneri genetici. Durante l’infanzia vengono poi condizionati con la tecnologia e con le droghe e da adulti occupano ruoli sociali prestabiliti secondo il livello di nascita e identificati con le prime cinque lettere dell’alfabeto greco, in ordine decrescente di importanza.

La visione del futuro è ambientata in uno Stato Mondiale fondato sul motto “Comunità, Identità, Stabilità”, che lo scrittore dipinge a circa seicento anni dalla rivoluzione attuata dell’elite di Ford, nel sesto o settimo secolo d.F (dopo Ford).

A disposizione dei condizionati, incapaci di provare qualsiasi emozione, c’è comunque anche la droga perfetta, il “soma” che riequilibra eventuali sbalzi d’umore e la volontà di evasione persistente nella natura umana, senza neanche provocare un mal di capo.

Una bella fantasia per essere nel 1932! Ma Huxley non si accontenta di spaventarci con una evoluzione che ha necessitato di seicento anni di sviluppo e insediamento e che non ha ancora raggiunto la perfezione.

Nel 1946, lo scrittore coglie l’occasione per un primo “Ritorno” al “Mondo Nuovo”, ma occorre prendere in considerazione che, nei quindici anni intercorsi, a determinare il futuro della Società non è stata la scienza applicata, ma piuttosto il terrore dei totalitarismi dell’imprigionamento e della deportazione di massa. E’ nel 1958 che Huxley è molto meno ottimista che le sue profezie del 1931 necessitino di così tanto tempo per manifestarsi, non rilevando quello che ipotizzava come un felice intervallo tra il disordine e l’incubo dell’ordine eccessivo.

E’ sconcertante quanto egli afferma in tempi che a noi sembrano già lontanissimi, evidenziando come anche nei Paesi a tradizione di governo democratico, la libertà e persino il desiderio di essa, paiano già allora in declino.

Non riesco a cancellare dalla mente il tarlo della constatazione con cui lo scrittore da per scontata la perdita della libertà individuale nel resto del mondo e afferma che l’incubo della organizzazione totale, che egli stesso poneva a distanza di sei-settecento anni è sortita dal futuro e ora ci attende, lì all’angolo. Mi fermo qui, non vorrei angosciare il lettore con troppo funesti presagi. Prendiamo atto che forse, e dico forse, la biochimica applicata non permette ancora una standardizzazione genetica di uomini e donne spinta sino a privare l’individuo del suo fondamento biologico e a trasformarci conseguentemente in esseri decisamente disumani. Pare però, che pur senza Centri di Incubazione e Condizionamento, sia ormai in atto un crescente desiderio e rincorsa del benessere, del confort, abbigliamento, abitazioni, divertimenti, hobby, mezzi di trasporto e comunicazione (telefonini non parliamone), igiene perfetta, immunità dalle malattie, eterna giovinezza che i nostri governanti possono fornire grazie al progresso scientifico e tecnologico. Pur lasciando da parte argomenti rilevanti come quello ormai cronico dell’immigrazione, che sicuramente andrebbe affrontato con ben altri ragionamenti oltre al superficiale buonismo e sorvolando notizie recenti che ci vengono propinate che vogliono nello stesso momento un incremento degli occupati come dei disoccupati in ambito lavorativo, non può essere di conforto constatare come negli anni del governo Renzi, in Italia il numero dei poveri ha raggiunto l’inquietante cifra di 4,7 milioni. A completamento della presa per i fondelli del Cittadino occorre evidenziare che i “bonus” previsti sono stati finanziati dal Governo apportando tagli all’assistenza sanitaria e alle pensioni (escluse quelle di politici o dirigenti bancari). Secondo ricerche di Società specializzate nel risolvere problemi di indebitamento, risulta che il 2,1% degli italiani non ha alcuna intenzione di rinunciare alle vacanze e ricorre a prestiti per un posto al sole, fino a importi di 4 mila euro. Spesso queste richieste vanno a incidere su situazioni di indebitamento già esistenti che interessano persino i pensionati. Tutto ciò genera frustrazione che si ripercuote nella vita sociale del Paese, con incremento anche della violenza privata e pubblica, senza freni. La cronaca nera è quotidianamente satura di episodi che denunciano un costante decadimento dei costumi. Verrebbe da chiedersi perché non disponiamo di un governo capace di attenuare le tensioni e garantire un livello di ordine tale da consentire rapporti sociali improntati a maggior serenità e rispetto. Meglio non stare neppure a porsi il quesito. Non era passata che qualche ora dalle Elezioni Amministrative che hanno sancito come gli Italiani sono per una buona parte stufi di essere presi in giro da una classe politica inadeguata e dall’altra addirittura refrattari a qualsiasi forma di partecipazione pubblica, che il Governo ha iniziato la propria campagna elettorale  approvando, con un forzatissimo voto di  fiducia la vendita al Gruppo Intesa-San Paolo, per la contropartita di ben 1 euro, delle due banche venete, Popolare Vicenza e Veneto Banca, ormai ridotte alla canna del gas. L’impegno per lo Stato è stato di 17 miliardi, elargiti dall’ignaro contribuente. Può essere utile ricordare che nel frattempo il Governatore di Bankitalia, tale Visco, è pagato 500 mila euro all’anno, forniti dai soliti ignari contribuenti? Chissà cosa potrebbe scrivere oggi il buon Aldous Huxley, dopo soli 100 anni della sua “utopistica” era Ford. Sicuramente non gli mancherebbero gli elementi per ipotizzare una nuova “rivoluzione” capace di coinvolgere una società ormai delusa ed apatica.      

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