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CIRIÈ. Niente 25 Aprile per i comunisti. È polemica

CIRIÈ. Niente 25 Aprile per i comunisti. È polemica

PCI Ciriè

Strappato il simbolo del PCI dall’omaggio floreale alla lapide per i lavoratori caduti in ogni tempo per la Libertà. È successo nei giorni scorsi a Ciriè, all’ingresso del cimitero, proprio lì dov’è posizionata la targa depositata dalla Camera del Lavoro nel lontano 1946. Il mazzo di fiori, con intorno un fascio tricolore corredato dal simbolo di partito, era stato lasciato da un gruppo di esponenti del PCI provinciale e locale a lato dei festeggiamenti del 25 aprile, in occasione del corteo per la Festa della Liberazione. Il giorno dopo il simbolo era già sparito nel nulla. “Si tratta di un atto vandalico - stigmatizza subito il segretario provinciale Giustino Scotto d’Aniello, 63 anni -. Il problema non è l’ostilità alla nostra formazione partitica, ma il significato ancora più profondo di voler cancellare il ruolo dei comunisti nella Resistenza partigiana. Non capisco quale grande fastidio possa dare un simbolo, a Torino portiamo costantemente i fiori su tutte le lapidi posizionate nel centro storico da anni e non è mai accaduto nulla del genere”. I “compagni” non hanno idea di chi possa essere il colpevole. “Non vorrei - ironizza - che fosse stato qualche fanatico religioso convinto che non si possano mettere simboli politici al cimitero, un posto che per sua natura ospita persone dalle diverse idee”. Scotto d’Aniello ci tiene a sottolineare la bontà del gesto del suo partito. “Vorrei solo far capire che siamo legittimati a fare quello che abbiamo fatto - prosegue -. Abbiamo semplicemente omaggiato i lavoratori nel giorno del 25 Aprile, il nostro partito è storicamente nato proprio da loro, in più i comunisti sono stati partecipi e protagonisti della Resistenza. Certo, non vogliamo l’esclusiva, ma neanche la cancellazione della memoria. Siamo legittimati a mettere tutti i fiori che riteniamo opportuno mettere”.

A Ciriè i comunisti non sono i benvenuti?

Non c’è solo la questione del simbolo scomparso nel nulla, qualcos’altro ha stizzito gli esponenti del PCI. Pare che durante le celebrazioni ufficiali per il 25 Aprile uno dei bersaglieri in divisa si sia lamentato con i “compagni” per la presenza delle bandiere rosse di partito al corteo. “Una dinamica già vista - punta il dito Scotto d’Aniello -. Non si legittimano le bandiere di partito credendo che debbano prendere parte alla giornata solo quelle del Comune, dei bersaglieri, degli alpini e delle associazioni. Eppure vorrei ricordare che al centro del sistema democratico parlamentare italiano ci sono i partiti, mica le forze armate. È un abuso contro di noi, mi dovrebbero spiegare perché al 25 aprile possono sfilare le bandiere di alcuni corpi dell’arma che non hanno neanche partecipato alla Resistenza mentre noi, che siamo stati protagonisti dobbiamo nasconderle. Mi pare che i partiti non siano ancora fuori legge, almeno per ora, spero che non si ripetano più gesti come questo, offensivi non solo per noi ma soprattutto per la democrazia stessa”. Al di là della querelle sulle bandiere al corteo, la critica dei “compagni” riguarda la manifestazione a 360 gradi, che a parer loro ha perso un po’ la connotazione che aveva un tempo, ovviamente non solo nella città dei D’Oria ma più in generale. “Il 25 Aprile dovrebbe essere un’occasione per ricordare le persone che hanno combattuto per la libertà in Italia, in particolar modo i partigiani - conclude -. Ormai la tendenza è semplicemente di ricordare i morti, così la manifestazione si sovrappone al 4 Novembre e ha tutt’altra valenza. Dovrebbe tornare ad essere anche un po’ un momento di carattere pedagogico per i giovani, che alle manifestazioni ufficiali non partecipano mai ma che si vedono in massa ad esempio per occasioni come la Fiaccolata a Ciriè del 21 aprile”.

manuel.giacometto@gmail.com

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