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CHIVASSO. Ciuffreda su Chind: "Abbiamo ereditato un badò"

CHIVASSO. Ciuffreda su Chind: "Abbiamo ereditato un badò"

Ciuffreda in Consiglio comunale

Come si salva una società che ha un’esposizione con le banche di circa 5 milioni di euro, che non paga l’Imu dal 2012 (che fa più o meno 70 mila euro l’anno), che deve restituire alla Regione Piemonte un contributo di 150 mila euro ricevuto anni fa per la progettazione di un albergo che non s’è mai fatto e che in cassa ha circa 300 mila euro? Delle due, l’una: o si portano i libri contabili in tribunale, oppure fischiettando “era meglio morire da piccoli, con i peli del cùlo a batuffoli”, si spera nella provvidenza. L’amministrazione chivassese, e con lei i soci dell’azienda, hanno scelto la seconda via. Parliamo di Chind e per provvidenza, con la “p” minuscola, ci riferiamo a quello spauracchio di Wastend che gli ambientalisti non vorrebbero mai veder realizzato. La scorsa settimana, in Consiglio comunale, s’è discusso del perché l’unanimità dell'assemblea dei soci di Chind, con il sindaco Libero Ciuffreda e il vice sindaco della Città Metropolitana Marco Marocco in testa, lo scorso gennaio abbia deciso di bocciare la proposta dell’allora liquidatore Chiara Casalino di avviare l’iter per il concordato preventivo. Ma facciamo un passo indietro... La premessa Chind appartiene per il 55 per cento al Comune di Chivasso. Il resto è diviso tra il 19 per cento del privato Zoppoli & Pulcher, il 15 per cento della Città Metropolitana, il 6 per cento di SECAP e poi varie partecipazioni minori di Unione Industriale, API e CNA. La cronaca recente è fatta di incontri e tensioni tra i soci. A novembre s’era riunita l’assemblea e il liquidatore Chiara Casalino aveva rappresentato la difficile situazione. Chind aveva infatti stipulato un accordo con le banche creditrici: il pagamento del debito, a tappe, con una determinata scadenza. La tempistica regge se Chind vende ad SMC un terreno di circa 70 mila metri quadrati dove dovrebbe sorgere l’impianto di riciclo rifiuti compreso nel progetto Wastend. Così incasserebbe i 3 milioni pattuiti e si allungherebbe la vita con una bella boccata d’ossigeno. Ma, si sa, il progetto Wastend è ancora all’esame dei tecnici di Città Metropolitana e i tempi dell’approvazione si stanno allungando. Inoltre SMC, in difficoltà economiche - ai primi di aprile ha depositato in tribunale a Milano la richiesta di concordato preventivo -, ha proposto di pagare a rate la cifra e non più in un colpo solo.  Infine, c’è un’altra tegola sulle già esigue casse della società: la vasca di laminazione che Chind deve costruire per consentire la realizzazione di Wastend doveva costare 150 mila euro e adesso pare che costerà molto di più. In buona sostanza, non ci sono più soldi. Con queste premesse, il rischio, che Casalino aveva fatto presente all’assemblea, è che l’accordo con le banche potesse saltare e che le medesime non volessero accettare di firmarne un altro che dia respiro a Chind. Di fronte a tali difficoltà Casalino e lo studio legale consulente avevano proposto di adire al concordato preventivo, cioè di portare i libri in tribunale, avvertendo che più si lascia passare il tempo, più la società rischia. Sono passati quasi quattro mesi, è cambiato il liquidatore - da Casalino a Beppe Coppa - ma non è cambiato nulla, a sentire le parole di Ciuffreda & co. in Consiglio l’altra sera. Il “badò”La proposta di Casalino è stata bocciata all’unanimità per due motivazioni - ha spiegato Ciuffreda, in apertura di ‘pippozzo’ -: il non completamento dell’iter avviato da SMC per Wastend e la possibilità di percorrere altre soluzioni che si sono ritenute non compromesse”. E, quindi, sotto con il monologo:  “Noi non ci fidiamo ciecamente di Smc, tant’è che in questi anni abbiamo agito nell’interesse della città di Chivasso in tutte le sedi. Questa situazione è una realtà pesante debitoria che la precedente amministrazione ha messo come una croce sulla nostra Chivasso, dalla quale gli amministratori pro tempore cercheranno di venirne fuori ma è, e sarà, molto difficile. Soprattutto perché ci troviamo di fronte a scelte quanto mai incomprensibili che hanno fatto i precedenti amministratori di Chind, soprattutto accendendo mutui  e fidi. Quando vengono attivati, è come se si accendesse  il tassametro di un taxi: chi ha preso quel taxi, non ha compreso che non era in grado di pagare la corsa”. “E’ stato nominato un nuovo liquidatore accettato all’unanimità - ha aggiunto Ciuffreda -. Sta lavorando per cercare di capire come venirne fuori. Non è affatto detto che l’unica soluzione possa essere il concordato preventivo. E’’ in corso un’azione di promozione di Chind nella speranza che vi possano essere acquirenti. Purtroppo abbiamo ereditato un ‘badò’ (in piemontese, carico morale, ndr) pesante, insieme a 27 mila cittadini, grazie all’incapacità di chi ci ha preceduti”. Dunque, come si salva Chind?
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