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Noi, noi NO

Noi, noi NO. Noi siamo contrari a questa riforma della Costituzione. Tralasciamo per un attimo le questioni locali, anche se nella riforma vi è un riverbero, e non di poco conto, che riguarda gli Enti Locali. A sostegno del NO basterebbero le motivazioni di premessa. Infatti non è necessario scomodare Calamandrei per comprendere che le modifiche costituzionali non possono essere scritte e proposte da un governo che per sua natura rappresenta una parte “…Nella preparazione della Costituzione il Governo non ha alcuna ingerenza. Nel campo del potere costituente non può avere alcuna iniziativa neanche preparatoria. Quando l'assemblea discuterà pubblicamente la nuova Costituzione i banchi del Governo dovranno essere vuoti …”. Questo dovrebbe essere l’ABC per una Repubblica, invece, abbiamo Premier e Ministro delle Riforme, quasi come venditori di pentole, che si sperticano per la causa in ogni diretta TV possibile. Oltretutto, questo governo non è nato nelle urne. Alla vigilia delle elezioni, non vi era nessun potenziale primo ministro cui eventualmente il Presidente delle Repubblica avrebbe potuto affidare l’incarico di formare il governo, come fu per Prodi e per Berlusconi. Il Governo Renzi è frutto di una furbizia (l’ormai celeberrimo Enrico, stai sereno) più che di una legittimazione popolare. Per non parlare del fatto che questa riforma è stata adottata da un Parlamento eletto, o meglio nominato, sulla base di una legge elettorale dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale. Soltanto questi tre elementi sarebbero sufficienti a far capire che una riforma costituzionale avrebbe bisogno di altri presupposti. Ad ogni modo, volendo entrare nel merito, come è stato ampiamente dimostrato da autorevoli voci, questa riforma non soddisfa nessuno degli obiettivi che si prefiggeva di raggiungere. Anzi, per fare un esempio, basta leggersi l’art. 70 per comprendere il livello di confusione cui si tende. Va da sé che se si volevano davvero ridurre i costi della politica bastava dimezzare il numero dei parlamentari e portarli dai circa 1000 a 500 ed eventualmente dimezzarne anche l'indennità. Ma questo ormai lo hanno capito anche i sostenitori del SI, infatti hanno smesso di difendere la riforma nel merito. Il bluff che dovevano adeguare la Costituzione ai tempi moderni perché quella che abbiamo farebbe acqua da tutte le parti è stato oramai smascherato. Hanno capito di aver combinato un pasticcio colossale ma devono mantenere la posizione per opportunità politica. La strategia è stata quella di spostare il dibattito su falsi argomenti che, parlando “alla pancia” della gente comune, mistificano la realtà. In caso di vittoria del NO, il paese sprofonderebbe in un abisso mai visto prima, al contrario basterebbe un SI per intravedere un futuro radioso (l’aggettivo che ho scelto non è casuale…). Insomma, nel paese dove tutto è immutabile, chi cambia qualcosa è già degno di merito. Il messaggi finale è quindi “cambiamo per cambiare, sarà sempre meglio che star fermi”. Purtroppo come spesso accade, le ragioni fallaci fanno presa, e tutte qui sono le chance dei sostenitori del SI. Meno gente si informa, più si distoglie il dibattito dal merito, più aumentano le probabilità di un voto improntato all'appartenenza politica, quasi emotivo. Ma la Costituzione è cosa troppo importante per buttarla nell'arena della politica, arena che fu anche dei padri costituenti ma certamente con altro spirito. Tant'è che ci hanno lasciato un testo ancora attuale che non ha smesso di essere valido, non scritto solo per normare il presente ma anche e soprattutto per anticipare il futuro. Forse, come ha detto in suo recente discorso il pm antimafia di Palermo, Nino Di Matteo, la vera riforma sarebbe quella di attuare quei principi costituzionali che abbiamo ricevuto in eredità e vigilare che siano sempre rispettati, per comprendere se nelle politiche e nelle riforme pubbliche (quelle sì che le può e deve fare un governo) i diritti che abbiamo sono davvero esigibili.
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