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01 Ottobre 2016 - 14:41
Desidero proporvi una ricetta semplice, ma particolarmente gustosa e di sicuro successo. Si tratta del risotto al Montebore, piatto dal gusto delicato, ben definito, leggermente sapido, ma con una punta di piccante. Sono questi infatti, alcuni aspetti del formaggio Montebore, un presidio Slow Food della provincia di Alessandria.
La storia di questo eccezionale prodotto giunte sino a noi dopo tante traversie, ha origine sul monte Giarolo, attorno al quale si sviluppano le tre Valli dell’Appennino alessandrino, Grue, Curone e Borbera ad opera dei monaci dell’abazie benedettina di Santa Maria di Vendersi.
Il Montebore che è sopravissuto miracolosamente attraverso i secoli, viene ancora oggi prodotto con la stessa ricetta di 900 anni fa. Per produrlo si utilizza per il 75% latte di bovino e per il rimanente 30% latte ovino. Si può utilizzare sia fresco con miele e marmellate, che stagionato per condire paste ripiene, gnocchi e riso. Vediamo quindi la preparazione per questo raffinato risotto capace di farci riassaporare i gusti genuini del passato.
Ingredienti per 4 persone:
-360 g di riso Carnaroli
-1 cipolla bianca
-100 g burro
-150 ml di vino bianco Timorasso Doc
-50 g di grana grattugiato
-1 lt di brodo di carne
Preparazione: tritate la cipolla finemente e fatela imbiondire con 60 g di burro in una casseruola. Aggiungete il riso e fatelo tostare. Bagnate con il vino bianco e fatelo evaporare. Aggiungete poco a poco il brodo e a tre minuti dalla fine della cottura del riso, aggiungete il Montebore tagliato a dadini. Togliete quindi dal fuoco, aggiungete il grana e il restante burro. Mantecate e servite
Vino in abbinamento: certamente il Timorasso è l’ideale per questo piatto. Prende il nome dall’omonimo vitigno autoctono della provincia di Alessandria, coltivato in particolare in Val Curone e Val Borbera, un’area dove la vite trova un ideale habitat grazie al terreno, al luogo soleggiato e alla posizione al riparo dai venti. La sua produzione è abbastanza limitata, ma di alta qualità. Il vino infatti è di buona struttura e assai rinomati tra i buongustai. E’ un vitigno antichissimo, riaffermatosi solo negli ultimi anni grazie a un gruppo di agricoltori lungimiranti che hanno sostenuto con forza la riscoperta di questo vino e messo alla luce le sue caratteristiche enologiche, che consentono di esaltarne la notevole struttura e freschezza, qualità che preludono ad un interessante propensione all’invecchiamento e all’affinamento in botte.
LA VOCE DEL CANAVESE
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