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24 Settembre 2016 - 09:46
Seguiamo da mesi la crisi finanziaria del Gruppo Waste Italia, che controlla la società SMC, proprietaria delle quattro discariche di Regione Pozzo tra Pogliani e Montegiove. Due sono già chiuse e le altre due dovrebbero chiudere presto. Per legge la società deve realizzare la copertura, o “capping”, delle discariche quando cessano l’attività. E poi deve effettuare il “post chiusura” o post mortem: vale a dire controllare per almeno trent’anni che i rifiuti depositati non inquinino aria, acqua e suolo. E intervenire se necessario. Ci vogliono soldi. La società li ha e li avrà?
Cerchiamo di capire dalle esperienze di altri Comuni quali rischi corriamo. Dieci giorni fa, al convegno montanarese svoltosi nell’ambito del festival “Stay Green”, è intervenuto l’ingegner Fabio Tomei di Novara. Qualche giorno dopo il tecnico ha scritto ai giornali locali per porre la questione delle tre discariche del Novarese: Bicocca, Ghemme e Barengo.
In tutti e tre i casi le cose sono andate e vanno per le lunghe. La discarica della Bicocca non è più attiva e non riceve più rifiuti dal lontano 1996, e solo ora, dopo ben 20 anni, è stata tappata con il capping. D’ora in avanti dovrà essere monitorata per trent’anni, cioè fino al 2046: “Visto che non si tratta di bruscolini, ma di diversi milioni di euro, ci piacerebbe sapere quanto è costata la chiusura, quanto costerà il prossimo monitoraggio fino al 2046 e chi è tenuto a sopportare i relativi costi”. La discarica di Ghemme ha cessato l’attività nel 2008, ma le operazioni di chiusura sono ancora in corso e non si sa quando verranno portate a termine: “Chi sosterrà i costi e le relative fideiussioni per la chiusura e il monitoraggio di Ghemme?”. Infine la discarica di Barengo, che dovrebbe andare in pensione l’anno prossimo. Il locale “Comitato No Amianto”, considerate le lungaggini della Bicocca e di Ghemme, ha proposto di non attendere la fine del 2017 e di realizzare da subito il capping e la bonifica delle due vasche su tre già inattive. Il Comitato attende la risposta della Provincia di Novara.
Ma perché i tempi di chiusura delle discariche sono così lunghi e soprattutto perché sono così incerti? La risposta è che durante la vita e il post mortem di una discarica può accadere di tutto. Il gestore fallisce. Non fallisce ma non ha i soldi per realizzare la bonifica e la fideiussione non è stata depositata. La fideiussione è stata depositata, l’autorità pubblica vuole riscuoterla ma il depositante si oppone e la causa si trascina per anni. La società che ha costruito la discarica la vende e a sua volta l’acquirente la rivende: così la gestione cambia anche più volte e diventa difficile stabilire a chi tocca pagare i costi del post chiusura. Ecc. ecc.
In tutti i casi i tempi si allungano, le discariche restano abbandonate, le istituzioni non hanno le risorse per metterle in sicurezza. Torniamo a Chivasso. Due discariche dovrebbero chiudere a tempi brevi. Quando non si sa ancora. Se cessassero l’attività l’anno prossimo la fase di post chiusura finirebbe nel 2047. Solo allora i residenti potrebbero cominciare a sentirsi più o meno al sicuro. Scriviamo più o meno perché nel novembre scorso, nella conferenza dei servizi sul progetto Wastend, un tecnico della Città Metropolitana ha buttato lì un preoccupante “le discariche non muoiono mai”. Ebbene, ora Città Metropolitana e Comune stanno esaminando il nuovo progetto Wastend. Il progetto prevede la costruzione di una nuova discarica dalla durata di dieci anni. Più trenta di monitoraggio fanno quaranta. Se i lavori cominciassero l’anno prossimo si arriverebbe al 2057. SMC può garantire di avere i quattrini per occuparsi della futura discarica fino allora? Nel 2057 SMC esisterà ancora?
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