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CHIVASSO. Profitto o pubblica utilità?

Il decreto Enti Territoriali è una minuscola pezza sullo squarcio che lo stesso Governo nazionale ha creato nei bilanci di Comuni, Città Metropolitane e Regioni. Passeranno alla storia come quelli che in patria si vantavano di aver sconfitto l'austerità mentre a Bruxelles calavano i pantaloni, sottoscrivendo ogni virgola dei folli vincoli di bilancio europei. Da una parte il Governo nazionale applica i trattati europei strozzando gli enti locali, dall'altra approva in fretta e furia un decreto per distribuire in lungo e in largo qualche deroga o beneficio temporaneo rispetto ai vincoli di bilancio appena recepiti. Vediamo i numeri. Tra 2008 e 2015 gli enti locali hanno contribuito al risanamento del bilancio pubblico con 40 miliardi di euro di minori spese o maggiori entrate: 21 miliardi le regioni e 19 miliardi tra Comuni, Province e Città Metropolitane. Sempre negli ultimi 8 anni i trasferimenti statali sono stati tagliati di 39,5 miliardi di euro: 27,5 a danno delle regioni (17,5 miliardi alla sanità e 10 miliardi alla gestione extrasanitaria) e 12 agli altri enti. Gli investimenti locali sono crollati all'incirca dello stesso importo (80 miliardi complessivi), dato che la spesa corrente è rimasta, in termini reali, pressoché invariata. Meno investimenti significa meno occupazione, meno profitti per le imprese e meno gettito per le stesse casse comunali, oltre al deperimento di servizi pubblici primari come la Sanità, il Trasporto Pubblico Locale, l'Istruzione, la raccolta e gestione dei Rifiuti e la gestione dell'Acqua. Il risultato è la privatizzazione di questi servizi dove il profitto sostituisce inesorabilmente la logica della pubblica utilità che dovrebbe ispirare i servizi fondamentali per i cittadini. In questo quadro recessivo il Governo è intervenuto con un decreto (con l’ennesimo voto di fiducia) che distribuisce le briciole per tenere a bada gli amministratori locali, anche del Pd, che altrimenti potrebbero svegliarsi dal torpore. Viene ridotto il taglio ai Comuni che nel 2015 non hanno rispettato il Patto di Stabilità interno oppure sono consentite nuove assunzione solo nei Comuni tra i 1.000 e 10.000 abitanti e così via… piccoli rimedi davanti al buco nero dell'austerità che ci sta impoverendo tutti. Se vogliamo dare un futuro alla nostra città non basta aspettare e sperare, occorre reagire e partecipare! Che ognuno si impegni in prima persona se vuole che le cose cambino, perché solo insieme possiamo farcela!

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