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CHIVASSO. Con Wastend in arrivo altri rifiuti. Ma le bonifiche a che punto sono?

CHIVASSO. Con Wastend in arrivo altri rifiuti. Ma le bonifiche a che punto sono?

La discarica di Chivasso

Come sappiamo, il 15 luglio la società SMC, proprietaria delle discariche di Chivasso, ha depositato in Città Metropolitana la terza versione del progetto Wastend. C’è tempo fino al 13 settembre per presentare le “osservazioni” al progetto: tutti possono farlo, dal singolo cittadino al Comune di Chivasso.

Rispetto alle due precedenti (2014 e 2015), la terza versione propone una novità: oltre a costruire un impianto di ricupero di rifiuti e ampliare le discariche per circa 750.000 metri cubi di volumetria, SMC questa volta intende “bonificare” la discarica “Chivasso 1”, adottando la tecnica definita “landfill mining”. La società svuoterebbe temporaneamente questa discarica, che contiene 495.000 mc cubi di materiale (395.000 di rifiuti e 100.000 di terra, secondo i calcoli del proponente), depositerebbe provvisoriamente tale materiale di lato, ne estrarrebbe i rifiuti recuperabili, e il resto sarebbe ridepositato nella discarica stessa. Ma, prima di farlo, la società rifarebbe il fondo e le pareti con tecniche migliori in modo da renderli più impermeabili di quelli attuali. E’ questa la vera “bonifica”, la vera novità, il vero beneficio per l’ambiente contenuto nella terza versione di Wastend. Si potrebbe metterla nel modo seguente. SMC propone a Città Metropolitana e al Comune di Chivasso: voi ci lasciate ampliare per l’ennesima volte le discariche, e noi in cambio ne bonifichiamo una, quella che inquina di più.

La Chivasso 1 è stata infatti costruita prima che entrasse in vigore la normativa, in particolare il decreto legislativo 36/2003, che obbliga ad impiegare tecniche maggiormente protettive dell’ambiente. Nel caso specifico impone la realizzazione di un fondo vasca più spesso e più efficace nell’impedire che i contaminanti prodotti dalla discarica filtrino nel suolo e nelle acque sotterranee. Oggi il fondo vasca della Chivasso 1 è usurato. E’ usurato pure quello della “Chivasso 2”, anch’essa anteriore alla nuova normativa.

Tanto usurato che oltre quindici anni fa venne scoperto che le due discariche contaminavano le falde superficiali con manganese ammoniaca e nichel. Provincia e Comune chiesero alla società di provvedere. Dopo un lunghissimo procedimento nel 2013 la società ha cominciato le operazioni di MISP, la “messa in sicurezza permanente”. Le operazioni sono ancora in corso e finora non hanno conseguito i risultati attesi: l’inquinamento c’è ancora.

Ma che cos’è una MISP? Da quel che comprendiamo, potremmo dire che la MISP cura i sintomi e non la causa del male: si limita a aspirare percolato e acqua di falda e a migliorare la copertura delle discariche, ma non rifà il fondo vasca logorato. Sta qui la differenza con la “bonifica” mediante landfill mining oggi proposto da SMC, che invece sostituirebbe completamente il fondo usurato con uno nuovo, più efficace, più impermeabile, idoneo a garantire che per un certo numero di anni non filtrino più veleni nel sottosuolo e nelle falde.

Vengono spontanee a questo punto alcune domande.  Rivolte a SMC, all’amministrazione comunale da sempre favorevole a Wastend, e ai tecnici di Città Metropolitana che esaminano il progetto.

Prima domanda: finora ci hanno preso in giro? Se la bonifica / landfill mining è la vera soluzione dell’inquinamento, a che servono le attuali operazioni di “messa in sicurezza permanente”? Perché Provincia e Comune hanno consentito a SMC di usare la tachipirina se occorrevano gli antibiotici? Che la “vera” soluzione sia la bonifica lo riconosce la stessa SMC: “In funzione del problema riscontrato la società ha deciso di procedere con un’idea progettuale innovativa, che consentisse la risoluzione dell’inquinamento alla fonte, eliminandone la sorgente, attraverso l’unica modalità possibile, cioè con l’escavazione del rifiuto ivi contenuto e la successiva realizzazione di un nuovo bacino con caratteristiche idonee di garanzia a tutela delle matrici ambientali, da realizzare ai sensi del G.Lgs 36/2003 e smi”.

Seconda domanda. Se soltanto il landfill mining consente “la risoluzione dell’inquinamento alla fonte”, perché applicarlo solo alla “Chivasso 1” escludendo la “Chivasso 2”? Anche questa seconda discarica inquina. Anche la “Chivasso 2” è oggetto della “messa in sicurezza permanente” ancora in corso senza i risultati desiderati. Anche la “Chivasso 2” è stata costruita prima dell’entrata in vigore del G.Lgs 36/2003, che impone l’adozione di tecniche “con caratteristiche idonee di garanzia a tutela delle matrici ambientali”. Forse SMC non vuole spendere troppi soldi. Ma dall’amministrazione di Chivasso ci aspettiamo una presa di posizione: “ Cari dirigenti di SMC, fateci la cortesia di bonificare pure la Chivasso 2”. Il sindaco Libero Ciuffreda e l’assessore all’ambiente Massimo Corcione lo faranno? Rivolgiamo la domanda anche agli altri assessori e ai consiglieri di maggioranza. Anche per loro è venuto il momento di assumersi le proprie responsabilità di fronte al più grande carico ambientale di Chivasso.

Terza domanda. La bonifica/landfill mining sarà veramente efficace e risolutiva? Una domanda che rinvia ad altre: SMC l’ha già applicata in altre discariche? Possiede l’esperienza e il know how per fare un buon lavoro? Sono interrogativi che qualunque privato si pone prima di firmare il contratto con l’impresa edile che gli ristrutturerà la casa. Inoltre: questa tecnica è già stata “testata” altrove? Ci sono esperienze di successo?

Al riguardo SMC sembra piuttosto giocare la carta della “novità”:  il landfill mining è “un’idea progettuale innovativa”. La società afferma che la letteratura sull’argomento è poca o poco utile: “... data la scarsa esperienza esistente in letteratura in materia... “. E poi: “i dati di letteratura non sono stati giudicati significativi dal team, soprattutto per il fatto che le precedenti esperienze non perseguivano lo scopo del recupero di materia”. Però l’azienda ammette che il landfill mining senza recupero di materia, vale a dire “solo” il rifacimento del fondo, non è una novità: è stato addirittura applicato pochi anni fa nella “Chivasso 0”. Oltre che, per restare in Italia, a Modena e a Villadose in provincia di Rovigo. E ai chivassesi interessa proprio e soprattutto la sistemazione del fondo a protezione del sottosuolo e delle falde acquifere.

E’ poi vero che la letteratura sull’argomento è scarsa o poco utile? Il progetto non menziona neppure la ricerca sul landfill mining datata 2010 e condotta dall’Università di Padova per incarico della Regione Lombardia. Titolo: “Sviluppo di un progetto di landfill mining”. Deve essere sfuggita al geologo Giuseppe Biolatti, uno dei progettisti di Wastend TRE e specificamente della bonifica della “Chivasso 1”. Eppure è uno studio noto anche ai non specialisti: tanto che viene citato nell’ordine del giorno “pro Wastend” approvato a maggioranza dal consiglio comunale del 22 dicembre 2014. Il riferimento a questo studio fu inserito nell’ordine del giorno su proposta di Gianni Pipino, capogruppo del Partito Democratico. Più o meno contemporaneamente lo studio viene citato dalla Lega Nord nelle osservazioni al primo progetto Wastend. La Lega proponeva infatti già allora il landfill mining. Ma a Stefano Rodondi in Consiglio comunale la maggioranza spiegò che per Chivasso non era adatta.

Oltretutto, lo studio reca una cospicua bibliografia sul landfill mining. Anche questa sconosciuta a Biolatti e SMC? In ben dodici titoli compare l’espressione “landfill mining” o solo il termine “landfill”. I titoli più vecchi sono datati 1995: dove sta la novità?

Si dirà: a noi chivassesi poco importa che la tecnica del landfill mining sia vecchia o nuova. Importa che funzioni e risolva la questione dell’inquinamento. D’accordo, però non raccontiamoci delle balle.

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