La prossima volta che salirò alla casalpina di Pialpetta sarò un ospite. Prima ero un animatore, più indietro nel tempo un animato. Domenica pomeriggio, con gli amici di sempre, si è chiuso un cammino lungo 9 anni. Quando gli ultimi ragazzi se ne sono andati ci siamo seduti sul pietrone davanti alla camerata, vicino al falò. Il fuoco acceso la sera prima era ormai spento. Per noi della classe '95 non si accenderà più. Per tanti altri le fiamme divamperanno ancora. Ma non per noi. Noi che in quella casa ne abbiamo fatte di cotte e di crude, e possiamo dire di averla vissuta appieno. Finita la sigaretta ci siamo alzati e siamo andati verso una finestra. Sull'inferriata di quella finestra, la sera del falò, avevamo chiuso un grosso lucchetto insieme ai nostri ragazzi. La chiave l'avevamo buttata nel fiume. Ci siamo detti: “Per sempre!”. Dirigendoci alle macchine abbiamo parlato poco. Quando hai vissuto un'esperienza sempre fianco a fianco, non c'è più bisogno di dirsi molto. Poi siamo partiti. Ci siamo girati l'ultima volta per guardare la casalpina. Quella che è stata casa nostra, prima ancora dei nostri animatori. Adesso continuerà ad essere la casa dei nostri ragazzi, fino a quando anche loro non chiuderanno questo percorso. Poi sarà la casa dei loro ragazzi. E così via, ciclicamente. È questo il bello. Durante il traggito per Leini, in silenzio, è scesa qualche lacrima. Ognuno ha pensato ai fatti suoi. Ma sono sicuro che tutti abbiamo pensato alle stesse cose. A tutti i campi estivi e invernali di Pialpetta, ai musical, alle corride. Ai sabato di gruppo, alle colazioni della domenica mattina, dopo la Messa. Momenti che non torneranno più. In questi nove anni tante cose sono cambiate. Siamo cambiati noi. Avevamo 12 anni, eravamo poco più che bambini. Adesso ci sentiamo uomini. E forse, nonostante i soli 21 anni, lo siamo davvero. Siamo stati animati. Lo stretto legame con i nostri animatori, i tanti giochi in cui tutti riuscivamo a brillare per le nostre diverse qualità, le attività in cui tiravamo fuori qualcosa di personale, le notti passate sui letti in camerata a conoscerci sempre un po' di più, le lunghe camminate delle gite, i giochi di camerata, gli scherzi. I pianti e gli abbracci dei falò, le dediche. Le canzoni e le poesie scritte. Tutte le cazzate che abbiamo combinato (sorrido a ricordare una delle prime sigarette fumate di nascosto alle 5 di mattina, chiusi stretti stretti in un bagno, con il terrore che gli animatori ci beccassero). I tormentoni che durante ogni campo ripetevamo ossessivamente. La seconda mano di bianco al garage (c'è venuta proprio male). Le partitelle a calcio con gli animatori. E tanto altro. Tutto questo, ma da un'altra prospettiva, è ritornato quando siamo diventati animatori. Prima eravamo noi i protagonisti, poi lo sono diventati i ragazzi che 4 anni fa abbiamo conosciuto per la prima volta. A noi “vecchi” la responsabilità di farli crescere. Gli animati hanno vissuto quello che abbiamo vissuto noi. Ma con sfumature diverse, dettate dalle diversità dei gruppi e da quelle dei singoli. Da animatore ho conosciuto animati stupendi, pronti alle sfide della vita, che a poco a poco hanno dimostrato di che pasta sono fatti. Come i “colleghi”, mi sono affezionato a loro. In alcuni, per certi aspetti, mi sono anche rivisto. Il mio obiettivo da animatore era di arrivare alla fine del percorso con la consapevolezza di aver lasciato qualcosa ai ragazzi, come gli animatori avevano lasciato qualcosa a me. Beh, credo alla fine di avercela fatta. Un grosso lucchetto appeso ad un'inferriata lo dimostra. I (doverosi) ringraziamenti Se dico che è (anche) grazie a Pialpe se sono quel che sono, è perché grazie a Pialpetta e al mondo dell'oratorio ho conosciuto quei grandi amici che col tempo sono diventati i miei compagni di vita, mi sono innamorato, ho cominciato a coltivare la mia passione per il giornalismo. Il primo ringraziamento va ai “soliti”. A quelli che hanno vissuto con me il percorso da animati e poi quello da animatori. Un amico dice che “solo ciò che è finito regala infinite emozioni”. Forse ha ragione, ma è anche vero che noi vivremo ancora insieme un altro percorso. Quello della vita. Il secondo grazie va ai 2000. Non lo sanno, ma ognuno di loro mi ha lasciato qualcosa. Chi tanto, chi meno. Tutti insieme, invece, mi hanno dimostrato ancora una volta che la Grande Bellezza esiste davvero. Ed è a portata di mano. A loro, che adesso sono amici, auguro di provare le emozioni che hanno fatto provare a me. Il terzo ringraziamento va ai miei animatori. Alcuni di loro mi hanno conosciuto prima che mi conoscessi io, e mi hanno dato una mano a capire che nella vita bisogna mettermi in gioco. Adesso ci vediamo di rado, ma ci vogliamo bene come sempre. Ah, mi hanno insegnato che a volte, nella vita, bisogna domandarsi: “Come stai?”. Il quarto ringraziamento va a don Diego, che mi ha tanto sostenuto quando a 16 anni ho capito di voler fare il giornalista. Un altro grazie va a don Pier, che si impegna per far sì che questo oratorio continui a fare grandi cose. Grazie anche alle animatrici che ci hanno dato una grande mano nell'ultima parte di questo percorso. L'ultimo ringraziamento va ai seminaristi, ai capi campo del passato come Diego e Marco, a don Luciano che ci ha dato una mano in un momento di transizione, alla cuoche (in particolar modo a Caterina), ai "giovanotti" Paolo e Renzo, agli animatori degli altri gruppi e ai loro animati. Questa esperienza è stata quel ch'è stata grazie a tutti loro.
Manuel Giacometto
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