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CHIVASSO. Falde inquinate all’ex Lancia

Sappiamo da anni che le acque sotterranee nei pressi delle discariche di Chivasso sono inquinate. Quindici anni fa vi furono trovate quantità di ammoniaca, manganese e nichel oltre la norma.  E’ in corso una bonifica che non ha ancora conseguito i risultati prefissati. 

Ora scopriamo che anche nelle falde acquifere presso il PiChi, l’ex Lancia di via Caluso, c’è del nichel in misura superiore ai “valori di concentrazione soglia di contaminazione”. Ma nel sito del Comune, nella sezione ambiente, non c’è nulla. 

La scoperta è stata fatta dal Comitato Vivi Chivasso che fa capo a Ugo Franchi e a Orazio Toscano. In  seguito ad un normale accesso agli atti presentato in Comune, il comitato si trova fra le mani un documento dell’ARPA del 2013. Oltre alla presenza di nichel al disopra della soglia di contaminazione, i dirigenti dell’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente rilevano quantità nella norma di piombo e cromo. 

Nella riunione della consulta ambientale del mese scorso i rappresentanti di Vivi Chivasso chiedono al vicesindaco Massimo Corcione se la contaminazione va imputata alle “vasche melme” della Lancia. L’ingegner Lisa risponde all’incirca in questo modo: “Come potete leggere nel documento, ARPA ha riscontrato la medesima quantità di nichel sia a valle sia a monte delle vasche melme: quindi le vasche non c’entrano”. Replica di Vivi Chivasso: “Ammesso e non concesso che le vasche melme non ‘perdano’, resta il fatto che il nichel c’è: da dove arriva? Il Comune non dovrebbe cercare di scoprirlo?”.

Il comitato è ancora in attesa che l’amministrazione risponda. 

Ma cosa sono le “vasche melme”? Coloro che hanno lavorato alla Lancia lo sanno bene. Le vasche erano “a valle” dell’impianto di verniciatura. Eseguita la quale i locali venivano lavati con abbondanti getti d’acqua che poi veniva convogliata nelle due vasche situate nella parte Nord dello stabilimento. Non lontano dalle frazioni Borghetto e Betlemme. Le vasche misurano circa 70 metri per 20. Ripercorriamone un po’ di storia. La Lancia ha chiuso tra gli anni Ottanta e Novanta. Nel 2003 ha chiuso anche la Maggiora, che era subentrata. Si pone allora il problema di che fare delle vasche, che contengono rifiuti tossico-nocivi. La Fiat interpella un professore dell’Università di Torino. Il docente/professionista prospetta due soluzioni. La prima consiste nel rimuovere tutta la melma, chiamata anche “morchia”, e nel trasportarla in impianti specializzati per farla trattare e rendere innocua. Una soluzione allora molto costosa. Ma ne esiste un’altra meno onerosa: sistemare le vasche in modo tale da assicurarsi che non lascino filtrare nulla nel terreno. Si sceglie la seconda. Alla fine dell’intervento le vasche si presentano in questo modo: il fondo e le pareti di cemento e altri materiali impermeabilizzanti. Una copertura di argilla e teli, sopra la quale viene portata della terra dove ora è cresciuta la vegetazione. Canali che raccolgono l’acqua piovana e la versano in vasche adiacenti. Un intervento efficace, ci dicono. A condizione che negli anni successivi tutto questo sistema di messa in sicurezza venga continuamente monitorato e mantenuto in perfette condizioni. Bisogna evitare che la proprietà trascuri questi suoi obblighi. Comune, ASL e ARPA devono controllare che ciò non avvenga. Lo stanno facendo, si chiede il Comitati Vivi Chivasso?

Oltretutto, il comitato ritiene l’intervento insufficiente. Per i rappresentanti del comitato la legge - per la precisione l’art. 192 del DLgs 152/2006 – impone la rimozione delle vasche e del suo contenuto. La rimozione di tutto quanto. Questa sarebbe la soluzione definitiva: eliminerebbe il rischio che prima o poi qualche veleno trovi la strada per penetrare nel terreno e raggiunga la falda. 

Inoltre, resta il fatto che il nichel nelle falde c’è. Se non proviene dalle vasche arriva da qualche altra parte. Qual è la fonte di questo inquinamento? Il Comune non ha ancora risposto e sembra non avere fretta. 

Infine un paio di curiosità. Nel 2007 una società presenta in Provincia un progetto di centrale a biomasse da realizzare nell’area PiChi. Si tratta dell’attuale Biogen. La Provincia autorizza. In quella circostanza il sindaco Bruno Matola manda alla Provincia una lettera nella quale esprime la contrarietà del Comune. Ma secondo l’opposizione la lettera è un po’ fiacca. In Consiglio sedeva in quel tempo un combattivo consigliere di minoranza, un certo Claudio Castello dell’Italia dei Valori. Piantò un bel casino, almeno a giudicare da quanto riferì nel suo blog il Centro Otelli, allora combattivo e ardentemente ambientalista. Castello accusava il sindaco di non avere sottoposto alla Provincia l’elenco dei pesanti carichi ambientali presenti dentro e presso il PiChi: “La discarica dei Pogliani, secondo sito del Piemonte, lo stabilimento Knauf che  produce polistirolo e polistirene nel polo Chind, il deposito ex Agip ancora da bonificare”. E guarda caso: “le melme derivanti dai trattamenti delle vernici a solvente dell'impianto di verniciatura ex Lancia, sono stoccate in vasche interrate in modo latente”. 

Il “come eravamo” non finisce qui. Chi ha buona memoria ci ricorda che delle vasche melme si erano occuparono i Verdi ancora prima di Castello. I Verdi, la cui culla fu il Centro Otelli. Degli uni e dell’altro faceva parte un certo Libero Ciuffreda. 

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