Nel Pd sono proprio tutti contenti del fatto che Aldo Corgiat si candidi al Parlamento. A parole. Ma nei fatti la notizia può scatenare, e un po' sta già scatenando, una reazione a catena che rischia di cambiare per sempre la faccia del Pd settimese. Fino a ieri, tutto l'equilibrio si reggeva sull'asse Corgiat-Benedetto e ogni decisione passava necessariamente da un accordo fra loro, a partire dal governo della città. All'origine di tutto un famoso – e sempre smentito – patto a tre (il terzo era Giovanni Ossola) che prevedeva dieci anni di guida socialista (Ossola, appunto), dieci di regno comunista (Corgiat) e altri dieci di leadership democristiana (Puppo). Adesso, con l'elezione di Puppo, ogni credito è azzerato. Ciò significa che se Corgiat strappasse ai democristiani il sostegno per la corsa al Parlamento, questi ultimi necessariamente passerebbero alla cassa convinti di poter riscuotere un credito enorme. Un credito che, in teoria, potrebbe non annullarsi con la semplice candidatura di Antonello Ghisaura alle prossime regionali, candidatura che peraltro qualcuno dava per scontata già prima che si sapesse che Corgiat puntasse alla Camera. Qualcuno mormora che un “caminetto” fra Corgiat e Benedetto ci sarebbe già stato e l'accordo, almeno di massima, sarebbe stato abbozzato: Roma a Corgiat, tutto il resto alla Margherita. Se questo fosse il quadro, chi avrebbe tutto da perdere, in termini di poltrone, sarebbero proprio i “nuovi big” dell'ala sinistra, quella di Corgiat. E cioè Elena Piastra, Daniele Volpatto e Chiara Gaiola, che rischiano di restare estromessi per lustri dagli incarichi che contano. Ovviamente sulla sponda Ds nessuno si sogna di opporsi alla candidatura di Corgiat, banalmente perchè tutti sanno che alzare un sopracciglio significherebbe venire spazzati via in quattro e quattr'otto. Quindi tutti giurano di essere pronti a sostenerlo e in realtà non c'è motivo di dubitarne. Ma finisce qui. Eletto Corgiat (o forse no, conta poco), nessuna concessione sarà fatta ai democristiani, per lo meno nessuna concessione a cui i “nuovi big Ds” non avranno dato il loro avallo. Stanno cambiando molte cose a Settimo: il drastico, recente, sbandierato rinnovamento della politica non è soltanto un comodo spot elettorale del Pd. È davvero nata una nuova classe dirigente. È vero, nel partito c'è tutta una pletora di ragazzotti che va in consiglio comunale con lo stesso spirito con cui andrebbe a lezione di pilates. Ma c’è anche qualche politico vero, che adesso comincia a rivendicare i suo ruolo. I vecchi big, soprattutto Corgiat, non possono più permettersi di ignorarli ancora, anche perché hanno bisogno di tutto il sostegno possibile, a maggior ragione in vista delle politiche. Il punto è che l'asse Corgiat-Benedetto non può durare in eterno: l'era dei “caminetti” volge al termine e, come confida in camera caritatis un notabile settimese, “quanto può durare una leadership retta da due che neppure governano?”.
lorenzobernardi@giornalelavoce.it
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