“Non abbiamo nessuna intenzione di svenderci semplicemente per avere una palestra in più...”. E’ con questo spirito che giovedì sera, al “Ludwig Stube” di San Sebastiano, sulla strada provinciale 590, una quindicina di castagnetesi, amministratori di oggi e di ieri, si sono ritrovati per discutere del progetto di fusione per incorporazione tra Chivasso e Castagneto Po. Nella birreria del consigliere comunale Federico Villa, che ha già pubblicamente espresso le sue ragioni del “no” al referendum che si terrà nel prossimo giugno, s’è organizzato un comitato spontaneo di cittadini per dire “no” alla fusione. Un gruppo prima di tutto “apartitico”, la cui unica ragion d’essere è quella di opporsi all’idea venuta all’amministrazione di Giorgio Bertotto, targata Pd esattamente come quella chivassese di Libero Ciuffreda (toh!, il caso...) “Siamo contrari alla fusione - spiegano gli esponenti del comitato - semplicemente perché non abbiamo nulla a che spartire con Chivasso: siamo gente che ha uno spirito e un animo collinare. Per noi sarebbe più logico unirci con Comuni simili al nostro, come San Raffaele, Casalborgone, Rivalba o Sciolze... Hanno un territorio come il nostro, vivono le nostre stesse situazioni e hanno problematiche analoghe alle nostre”. Come dire: che c’azzecchiamo noi con Chivasso? La fregola per la fusione dei due Comuni nasce, come spesso succede in questi casi, da una motivazione molto terra terra. I soldi. I tanti soldi - venti milioni di euro, come ha annunciato Ciuffreda in Consiglio comunale - che nei prossimi anni arriveranno nelle casse di Chivasso che, eventualmente, deciderà se e come spenderli anche per Castagneto. L’ipotesi della fusione è una conseguenza del fatto che esiste una legge che prevede una serie di incentivi per i Comuni che si fondono o si accorpano a realtà più grandi. In Piemonte c’è anche una legge regionale che prevede contributi. Mentre alla Camera giace un disegno di legge, a firma di Emanuele Lodolini del Pd, che prevede la soppressione degli enti sotto i 5000 abitanti e contro cui si sta mobilitando quella mezza Italia che vive nei 5.575 Comuni sotto la soglia minima di “sopravvivenza”. Morale della favola: prima di alzare le barricate contro il governo Pd, proviamo a vedere cosa riusciamo a portare a casa, devono aver pensato Ciuffreda e Bertotto. Per valutare le ipotesi di fusione le amministrazioni di Chivasso e Castagneto hanno affidato una consulenza remunerata, non si sa ancora quanto, alla società di Luca Beccaria, consigliere comunale di Camagna, un’altra piccola realtà del Piemonte chiamata ad esprimersi sulla fusione con Casale Monferrato. “La nostra non è una battaglia politica - spiega Stefano Maule, consigliere comunale del Movimento 5 Stelle a Castagneto. L’altra sera, a San Sebastiano, c’era anche lui -. Pensiamo solo che questa fusione, in questo momento storico, sia un azzardo: ogni volta che ho cercato di analizzare razionalmente i vantaggi che potrebbe portare una possibile unione, ho solo trovato contro. Castagneto non ha nulla a che spartire con Chivasso, a cominciare dalla morfologia dei due territori...”. Sulla fusione si esprimeranno i cittadini con il referendum, che però è solo consultivo. Nel frattempo, giusto per farsi un’idea, sarebbe interessante sapere, in caso di esito negativo, quali sono le intenzioni di Ciuffreda e Bertotto: andranno avanti comunque oppure accantoneranno il progetto?
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