La crisi della società è strettamente correlata a quella delle classi dirigenti. Anche a Chivasso affiorano elementi di forte preoccupazione, che riguardano una situazione socio-economica intollerabile, resa ancora più drammatica dall’incapacità della nostra classe politica di valorizzare i suoi asset (leggi Chind) e di fermare la de-infrastrutturazione in atto (perdita del Tribunale, della Camera di Commercio, della sede INPS, del reparto di emodinamica, ecc.). Oggi si avverte un territorio abbandonato, dove i grandi gruppi impongono le loro scelte (discarica rifiuti, centrale a olio di palma, ecc.), con la resa incondizionata da parte dei politici, che talvolta si sospetta giochino per la squadra avversaria. In questo quadro di livellamento e di progressiva omologazione della dimensione politica, si riducono significativamente l’autonomia e la capacità di perseguire obiettivi generali, non solo per i condizionamenti dei poteri economici e finanziari. La risposta logica dovrebbe essere quella di rafforzare il ruolo della politica, dando voce alla società civile. Si tratterebbe, in buona sostanza, di aprire le sedi dei partiti alla discussione dei problemi veri, senza quei filtri che fanno apparire la partecipazione come una messa in scena. E’ l’unica strada per permettere ai partiti di ridiventare promotori delle richieste sociali, con ritorni in termini di affidabilità e credibilità. Invece, l’impressione è che prevalga sempre più un modello partitico basato sul processo competitivo, e non più sull’effettiva diversità dell’offerta, riscontrabile soprattutto nelle formazioni radicali in cui è più agevole esprimersi con messaggi ideologici. Si tratta, in termini diversi, di coinvolgere i portatori di conoscenze poiché necessita sottrarre le molte risorse sprecate nei gangli della burocratica macchina pubblica, per destinarle ai veri bisogni della gente. Quali bisogni? Certamente iniziando da quelli primari. A Chivasso, ad esempio, la rete scolastica è carente, molte periferie non sono servite dalla fognatura, l’acquedotto cittadino è in parte ancora quello degli anni ’30, la viabilità è problematica e nulla pare muoversi per realizzare il progetto RFI che dovrebbe creare una specie di tangenziale a nord della città con collegamenti più articolati (per contro, si consideri l’annunciato fallimento del teleriscaldamento). Dal momento che questi progetti hanno impatti limitati sul bilancio comunale, ci si chiede da tempo perché non vanno avanti? Principalmente per l’incompetenza e/o l’incuria degli amministratori. In questo quadro, le forze politiche locali, anziché rinnovare la propria dirigenza con persone competenti e disponibili, oltre che con un immacolato profilo etico, sembrano orientate a sbarrare la strada a nuovi arrivi, forse per il timore che questi possano adombrare i “pezzi da 90” del territorio. Nelle recenti primarie del PD il risultato elettorale mostra un partito diviso fra schieramenti contrapposti. E’ la conferma che il partito principale della coalizione, il PD di Ciuffreda, è bloccato dall’immobilismo che non sa scegliere, che non ha una bussola quando la città aspetta cambiamenti. Ora sono le forze della coalizione di sinistra a denunciare pubblicamente le forti carenze di quest’Amministrazione comunale. Mistificare o mettere la testa sotto la sabbia serve forse a conservare la rendita di posizione dei “pezzi da 90”, ma così non fanno gli interessi della città. Si combattono piccole battaglie, a difesa delle posizioni, ma sui problemi generali l’immobilismo regna sovrano. Fino a quando durerà questo andazzo? Dobbiamo aspettare la caduta dei “pezzi da 90”?
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