Chi è che ha causato l’uscita di strada della Fiat Stilo di Paul Murgo, cittadino rumeno di Vidracco, il 14 febbraio 2012 mentre percorreva la Provinciale 41 tra Baldissero ed Agliè, nel Comune di Bairo? Resta senza impuniti, alla fine del processo a Pier Giuseppe Grosjacques, 63 anni, di Montanaro, l’incidente che costò qualche lesione, i danni all’auto e un grosso spavento al rumeno che quella mattina di quattro anni fa è finito in un fosso dopo che una Volkswagen grigia gli ha tagliato la strada. La scorsa settimana il giudice Marianna Tiseo ha accolta la richiesta del pubblico ministero Roberta Bianco ed ha assolto Grosjacques, difeso dal decano del foro di Ivrea, l’avvocato Pio Coda, dall’accusa di lesioni ed omissione di soccorso. Il montanarese non ha commesso il fatto, ha sentenziato il giudice. “Sono venuto a conoscenza dell’incidente quando sono stato chiamato dai carabinieri di Montanaro, dove abito - ha detto in aula l’imputato, poco prima della sentenza -. Da lì ho avuto notizia di cosa era successo a Bairo. Mi sono allarmato subito, perché era una cosa in cui non c’entravo assolutamente nulla. Io a Bairo ci sono andato pochissime volte nella mia vita. So a malapena dove si trova... E quel giorno di San Valentino proprio non ci sono andato”. Come ha fatto Grosjacques a finire alla sbarra per quattro anni in una vicenda di cui s’è detto da subito estraneo? Semplice. “Per uno sfortunato equivoco”, sintetizza, nella sua arringa, l’avvocato Coda. Già, perché a Grosjacques è successo quello che ciascuno di noi si augura non debba capitargli mai. Una testimone, che il giorno dell’incidente s’è fiondata all’inseguimento della Volkswagen grigia che ha tagliato la strada alla Fiat Stilo di Murgo, s’è appuntata, pardon ha memorizzato nella sua testa, una targa che ha portato i carabinieri diritti diritti all’automobile di Grosjacques. Sfortuna, del montanarese, che la sua macchina, oltre che grigia, era pure una Volkswagen Golf: stesso colore, e forse anche modello, dell’autovettura della casa tedesca che avrebbe causato l’incidente a Bairo. Ci sono voluti un’indagine, un processo e le deposizioni di una lunga serie di testimoni della difesa per dimostrare che qualcosa non tornava. In aula sono sfilati, udienza dopo udienza, familiari, vicini di casa e semplici conoscenti di Grosjacques. “Quel giorno, mio marito, tra le 8 e le 9 stava portando la spazzatura fuori perché di lì a poco sarebbe passata l’azienda a raccogliere i sacchi dell’indifferenziato” ha riferito, interrogata in tribunale, la moglie dell’imputato, Luciana Carlino. Medesima versione confermata dalla figlia, Federica. “Mi ero alzata presto per studiare medicina veterinaria, dovevo dare un esame. Mio padre era a casa” ha sottolineato. E dal vicino di casa Giulio Bizzo. “Io e Pier Giuseppe siamo amici da trent’anni – ha sottolineato Bizzo, rispondendo alle domande del pm -. Ricordo chiaramente che l’ho salutato, mentre uscivo per recarmi ad un'importante visita alle Molinette di Torino. Ricordo quel giorno, perché è l’onomastico di mia figlia Valentina. Era una bella giornata, con un bel sole. Quando ho saputo che Pier Giuseppe era indagato per queste accuse, mi sono subito offerto di testimoniare”. Alla fine l’equivoco s’è risolto. Dimostrato che Grosjacques non poteva essere a Bairo quella mattina di San Valentino di quattro anni fa, come ha fatto a finire alla sbarra? Elementare, Watson: la targa dell’autovettura segnalata agli inquirenti era sbagliata. Dunque, a processo finito, resta un interrogativo: chi ha causato l’incidente di Paul Murgo?
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