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IVREA. Se la politica scompare

IVREA. Se la politica scompare

Parlamento

Stiamo attraversando un periodo storico, ormai da parecchio tempo, nel quale la confusione regna sovrana e non si intravedono vie d’uscita a portata di mano. Spingendosi un po’ sotto la superficie non si fatica a notare l’assenza di valori, di appigli morali ai quali aggrapparsi. L’impressione è che un lungo ciclo socio-politico basato su una visione dicotomica della lotta politica, est vs ovest, capitalismo vs comunismo, nord vs sud, liberalismo vs socialismo, stia giungendo al termine e non si vedono però all’orizzonte vie alternative a questo consumato cliché. Senza volersi spingere in complesse analisi geo-storico-politiche ci basta osservare con attenzione quanto accade intorno a noi per capire quanto il mondo sia cambiato e che urge affrontare i problemi attuali con un linguaggio e con modalità radicalmente differenti da quelle che abbiamo conosciuto finora. Il rischio che corriamo è quello della sottovalutazione del problema agevolato dall’idea che tanto qualcuno ci penserà, ma non è così e ce lo stanno dicendo, ormai sempre più chiaramente, alcuni protagonisti della scena politica internazionale come, la settimana scorsa, il primo ministro francese Valls quando ha detto, senza mezzi termini, che  il terrorismo internazionale tornerà a colpire nelle nostre città. Qualche lettore si potrebbe chiedere perché un amministratore pubblico di una piccola città come Ivrea si preoccupi di questi fenomeni globali e allora proviamo a dare una spiegazione. La nostra convinzione è che sia ormai necessaria una repentina rinascita della Politica: quella delle origini, quella nata per organizzare e rendere equa e giusta la società, quella della verità e dell’onestà, quella della trasparenza e della legalità. Quella nata per scrivere insieme delle regole di convivenza condivise e capaci di andare oltre le ideologie, le religioni, i partiti politici: in due parole una Politica dell’Uomo. E dove, meglio che nei paesi e nelle città, questa versione più umanistica della politica potrebbe prendere corpo? Purtroppo le grandi istituzioni internazionali ci stanno portando inevitabilmente in tutt’altra direzione, soverchiando e svuotando secoli di cultura popolare e pensiero politico di base maturati nel tempo negli Stati o in singole aree geografiche del mondo, a favore di una sorta di nuovo Leviatano: un potere superiore in grado di dettare le regole del gioco a livello globale in barba ai sacrifici e al sangue versato per dotare i popoli di quel sistema di convivenza civile chiamato democrazia. Questo oggi offrono le organizzazioni internazionali che decidono le nostre sorti a partire da quell’Unione Europea che in nome di un salvifico pragmatismo, che poggia su una rigida e cieca austerità economica, detta leggi e regole inique che ci stanno facendo tornare indietro di secoli in tema di diritti umani e civili, valori condivisi, pace tra i popoli, accoglienza del diverso, valorizzazione delle diversità, salvaguardia dell’ambiente e delle tradizioni e via discorrendo. Per noi comuni cittadini pensare di poter fare qualcosa a quei livelli è ovviamente impensabile ed ecco che si spiega l’idea di attivarsi partendo dalla nostra piccola realtà mirando a costituire un micro-cosmo nel quale impiantare il germe di una società nuova imperniata su una politica nuova: chiara, onesta, comprensibile, sobria, a misura d’uomo e non basata sui soli numeri. Se ci guardiamo intorno però non possiamo, anche in questo caso, non riscontrare come l’attuale classe politica, a partire dalla nostra Amministrazione, si muova in maniera diametralmente opposta. Opacità dell’azione amministrativa, gestione del potere autoritaria, indifferenza verso le istanze dei cittadini, negazione del dialogo, arroccamento intorno al partito unico di maggioranza che è poi quello che, in sfregio alla nostra Carta Costituzione, prende in tutta autonomia le decisioni comprese quelle che spetterebbero al confronto assembleare; si tratti di Consiglio Comunale, nel caso degli enti locali, che di Parlamento, nel caso dello Stato. Le recenti pseudo-riforme costituzionali, sulle quali avremo occasione di tornare, stanno lì a dimostrare un disegno finalizzato ad allontanare i cittadini dalla gestione della cosa pubblica, del bene comune. Il messaggio che arriva forte, anche nel parlamentino eporediese, da parte dell’organo di governo è: non agitatevi troppo, tanto ci pensiamo noi. E quando si tenta, invano, di chiedere conto, di esercitare quel diritto e dovere di controllo sull’attività dell’esecutivo si trovano solo porte chiuse, reticenza, bugie, cavilli procedurali e altre forme di svilimento del dibattito democratico. Negli ultimi anni a combattere queste devianze sono subentrate forme di anti-politica in qualche modo rese legittime dal contesto attuale anche se il nostro pensiero più che all’anti-politica è rivolto verso un ritorno alla Politica, quella vera e che parte dal cuore di chi crede ancora, con una buona dose di sana utopia, in un mondo diverso e possibile.
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