Gli studi di “storia urbana” che si svolgono in Piemonte sono quasi inesistenti. I tecnici che in Italia si occupano di storia, a torto, privilegiano l’architettura e le grandi opere, trascurando le forme e lo sviluppo degli insediamenti minori. Un esempio lampante l’abbiamo a Monteu da Po. Infatti , mentre rimane completamente trascurato il castello medievale sul colle dominante il paese stesso, ormai solamente più ridotto alla località “Torre del Greppio”,Industria è diventata oggetto di una vera enciclopedia epica. Per uno storico non è forse più saggio e più utile fornire informazioni, ricostruire, la storia di ciò che meno si conosce di un inedito passato, anche se in epoche diverse, piuttosto che ripetere le stesse informazioni all’infinito? Non sarebbe più interessante, per esempio, esplorare il territorio compreso tra Casalborgone e Casale Monferrato unendo i segni urbani e i documenti materiali integrando allo stesso tempo la storiografia che si basa solamente sui documenti archivistici? Quando Berengario, Duca del Friuli, proclamato Re d’Italia Pavia, diede facoltà ai feudatari, intorno al 900, di munire i loro domini di rocche e di castelli per difendersi dagli attacchi dei popoli invasori, nel tempo, questa facoltà, entrò in conflitto con i Comuni italiani per contrapporsi allo straniero e soprattutto per la troppo rispettiva ambiziosa potenza feudale. La trascuratezza della loro storia e dei loro ruderi è davvero riprorevole. Per ciò che riguarda il Castello di Monteu da Po, questo non pare costruito prima del Mille, perché nel 996 l’Imperatore concesse la “Plebem Monticuli” ai Canonici di Vercelli. In questo periodo quindi il Castello non era ancora stato costruito, altrimenti il diploma avrebbe riportato la scritta “Castrum”. Esisteva invece sicuramente nel 1186, in quanto Federico Barbarossa, con il suo diploma del 5 marzo, diede a Ottobono, Conte Radicati, l’investitura di varie terre, villaggi e castelli, fra i quali vi era annoverato anche quello di Monteacuto (Monteu da Po). Se osserviamo la cima del colle più alto a sud-ovest, in località “Torre del Greppio”, a circa mezzo chilometro dal Borgo "La Villa", sorgono due ruderi di Torri Medioevali: i resti di un castello. Le torri sono poste sulla collina più alta che sovrasta il tratto della valle che comprende Lauriano Po e Monteu da Po sino a Brusasco e Cavagnolo. Ovviamente la collina domina anche il tratto del fiume Po che è compreso tra i suddetti territori. Inizialmente MonteAcuto (Monteu da Po) faceva parte del cosiddetto e alquanto complicato “Comitato di Monferrato”, che in seguito passò ai Signori di Brozolo. Nel 1293 un documento viene redatto “in castro Montis Acuti” e Il 16 aprile 1300 i Signori di Tonengo ne vendono la quarta parte a Giovanni Marchese di Monferrato’. Si citano “un palacium cum turri et cum edificiis” ed il “fossatum castri”. Il Marchese del Monferrato lo infeudò, a sua volta, il 17 maggio 1304, al Conte Antonio di Biandrate e nel 1306 la proprietà passò ai Paleologi che lo ridiedero ai Biandrate. Nel 1349 vantavano ancora diritti “in villa castris et villis campestris Montisacuti”. Da costoro passò il 21 febbraio 1376 a Emanuele Gambarana. L’8 marzo del 1402 venne acquistato da Giovanni Paleologo di Monferrato, mentre il 21 aprile 1419 passò a Pietro de Spagnolio. Il 6 dicembre 1422 passò a Delfino Derosso e il 18 gennaio 1464 ai signori Gaspare e Baldassarre Provana, che ne vendettero la metà. Il 20 maggio 1528, Oddone, Ottaviano, Antoniomaria, figli di Zaccaria Provana, Signore di Cavagnolo e Monteu da Po, domandarono e ottennero da Anna D’Alençon, madre, tutrice e reggente della persona e degli Stati di Bonifacio Marchese di Monferrato, l’investitura dei feudi ereditari di Cavagnolo e Monteu da Po, prestando giuramento di fedeltà. Il 21 agosto 1532, nel Castello di Casale, si dava quindi investitura dal Marchese del Monferrato, in favore di Ottaviano , per lui e per i fratelli del castello e del luogo di Cavagnolo e insieme delle loro porzioni di Monteu da Po e di Piazzo. Nel 1589, intorno al “castrum diruptum”, vi sono case, costruite “ad portam recepti castri Montisacuti”, in coerenza con la “via recepti” ed il “fossatum recepti”, ed esiste una “villa campestris Montisacuti”. Nei verbali di visita pastorale del 1751e nel catasto settecentesco sono attestate altresì, le rovine di una cappella dedicata a San Sebastiano, contenuta nel castello medesimo. Le demolizioni più recenti avvennero nell’Ottocento per opera del proprietario Cavalier Salvagno, finalizzate a recuperare i materiali. Sul catasto ottocentesco il complesso è racchiuso da un recinto ellittico, ma sul terreno non si riesce a scorgere alcun segno delle fortificazioni perimetrali. La torre più antica è costruita interamente in laterizi, con interposizione di conci di arenaria presso le fondazioni. Vi si accedeva per mezzo di una scala asportabile attraverso una porta ad arco posta a cinque metri di altezza, secondo un metodo già in uso nel XII secolo. Infatti sono visibili ancora oggi gli incastri di cinque mensole che sostenevano un balcone. All’interno della canna si percepisce una seconda apertura, o forse il vano di una latrina, e i resti di una volta a botte che sosteneva il piano della cella. La costruzione non era isolata, infatti sul lato di ponente, al piano terreno, è posto l’attacco di un muro che apparteneva ad un edificio addossato. I paramenti murari sono ben eseguiti con le tecniche in uso a partire dal Duecento. L’unica decorazione ancora visibile è costituita dalla ghiera dell’arco che ornava la porta di ingresso. L’altra torre è costruita alla distanza di undici metri dalla prima. La sua edificazione avvenne nel XV secolo, con tecniche analoghe, per quanto ci è dato di vedere, dal momento che edere e vegetazione infestante, ne impediscono l’esaminazione in modo esauriente. La sua pianta deriva da una figura geometrica ibrida in parte pentagonale. Lo spigolo del prisma che corrisponde all’angolo ottuso è rivolto verso sud, cioè in direzione della strada di accesso. Anche qui sono evidenti le tracce di un muro che si innestava esternamente verso sud, ed apparteneva ad una struttura di due piani. Dunque il “castrum” era formato, oltre che dalle due torri, da altri edifici di minore consistenza, oggi scomparsi per l’azione dei demolitori che non portarono a termine l’opera. Nella vicina Verrua Savoia, le fortificazioni dei secoli XVI-XVIII, hanno cancellato l’insediamento medievale di “Torre del Greppio”, che comprendeva il “castrum planum”, la pieve, le abitazioni, un ospedale e il cimitero. Uno scavo archeologico di modesto impegno, potrebbe rimettere in luce le fondazioni, la cui presenza si intuisce al di sotto del manto vegetale accumulatosi nei secoli, evidenziando le fasi di sviluppo del complesso fortificato, rivelando un altro parte di storia medievale che andrà irrimediabilmente perduta per sempre.
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