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CHIVASSO. Condominiopoli, avvocatopoli, pirlopoli. Ma niente galera per i giornalisti

CHIVASSO. Condominiopoli, avvocatopoli, pirlopoli. Ma niente galera per i giornalisti

Giustizia

Avremmo anche potuto beneficiare appieno dei tempi, sempre molto lunghi, della giustizia italiana. La doppia querela dell’ex assessore chivassese Domenico Lo Conte e del suo avvocato Simona Di Dia era in realtà gia prescritta, essendo i fatti contestati risalenti ai primi due anni del governo Bruno Matola (2006-2011). Avremmo potuto farlo e non lo abbiamo fatto rinunciando alla prescrizione e chiedendo ai giudici romani di esprimersi ancora una volta sulla libertà di informazione e sul diritto di critica riconosciuto in tutta Europa e mal digerito in Italia. Abbiamo in sostanza rischiato stavolta davvero di finire in galera, magari ai lavori socialmente utili, più realisticamente ai domiciliari come capitò al direttore de Il Giornale Alessandro Sallusti nel 2011, poi graziato dall’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Non abbiamo dormito più e più notti. Ne abbiamo discusso con il nostro avvocato Patrizia Bugnano. Ci siamo letti decine e decine di sentenze sull’argomento e alla fine abbiamo preso la decisione di andare fino in fondo, perchè ci sono dei momenti in cui chi sa di aver ragione, deve effettivamente capire se ce l’ha. Perchè non siamo capaci a fare un giornale diverso da quello che facciamo. Perchè amiamo il nostro lavoro e non ne vorremo fare un altro.

I fatti...

I fatti contestati facevano riferimento ad un periodo d’oro dell’edilizia nel chivassese. I condomini stavano crescendo a vista d’occhio e con loro gli incarichi di “amministratore di condominio”  di un paio di amministratori comunali. Ci concentrammo in particolre sull’allora consigliere comunale Domenico Ciconte (non ci ha mai querelato) e sull’assessore Domenico Lo Conte che  la prese male. Male davvero. Non ci contattò. Non ci spiegò e, senza perdere tempo, fece partire una querela per diffamazione.

In tribunale

Il tribunale di Biella e, a ruota, la Corte d’Appello di Torino non hanno dubbi. Leggono gli articoli e scrivono... “Da tutto quanto precede chiunque comprende che il Lo Conte al pari del Ciconte erano direttamente coinvolti in speculazioni edilizie e che si piazzavano ad amministrare i condomini costruiti in fretta per appropriarsi di somme di denaro. E' evidente il contenuto diffamatorio di tutto ciò. E nemmeno risulta un cenno di veridicità dei fatti così addebitati al Lo Conte. Si tratta in sostanza di affermazioni gravi e gratuite, prive di qualsiasi riscontro in fatti concreti.” Nel suo iter argomentativo il Tribunale evidenzia  inoltre che il titolo dell'articolo “Condominiopoli” lascia intendere nel lettore qualcosa di simile a tangentopoli “ovvero ad attività di corruttela” e riporta un passo dell'articolo in cui si fa esplicito riferimento alla spartizione delle amministrazioni condominiali assegnate sostanzialmente a pochi amministratori che si possono contare sulle dita di una mano... A nulla servirà la dichiarazione di Emiliano Rozzino rilasciata al giudice di primo grado: “Riscriverei tutto. Nel caso del Lo Conte era una critica politica riferita ad un certo atteggiamento politico dell'allora amministrazione comunale”. Di tutt’altro avviso, nella difesa, l’avvocato Patrizia Bugnano: “Che nell'articolo si sia ipotizzata una assegnazione dell'amministrazione dei condomini ai soliti  amministratori è un dato di fatto mai smentito ma comunque neutro rispetto ad una ipotetica valenza diffamatoria dell'articolo...”. Non foss’altro che Domenico Lo Conte si sentì diffamato e ha chiesto un risarcimento civile, non nella sua vesta di amministratore di condominio, bensì in quella di politico tanto da dichiarare: “Sono stato dipinto come un politico corrotto”. E se è vero che sono tre i presupposti per un legittimo esercizio del diritto di cronaca: correttezza dell'esposizione dei fatti, veridicità della notizia e  interesse pubblico nella richiesta di rettifica formalizzata dal Lo Conte a mezzo dell' avvoccato Simona Di Dia non si evince alcuna censura specifica al contenuto dell'articolo ed alla sua veridicità, meglio l'unica censura che viene evidenziata è quella relativa ai titoli (“avvocatopoli”, “pirlopoli” e “condominiopoli”) e sottotitoli dell'articolo. “Il termine “pirlopoli” - ha sostenuto l’avvocato Patrizia Bugnano in Cassazione - può considerarsi un’espressione volgare ma non certo diffamante. L’utilizzo di un linguaggio più disinvolto, più aggressivo, meno corretto di quello in uso in precedenza caratterizza oggigiorno anche il settore dei rapporti tra i cittadini, derivandone un mutamento della sensibilità e della coscienza sociale: siffatto modo di esprimersi e di rapportarsi all’altro, infatti, se è certamente censurabile sul piano del costume, è ormai accettato (se non sopportato) dalla maggioranza dei cittadini...”. “In ogni caso - aggiunge Bugnano - esclusa la valenza diffamatoria del titolo ex se, è nel contesto dell'articolo che essa va valutata, là dove il giornalista, nel fare una disamina delle parole che finiscono in “opoli”  fa riferimento ad uno spettacolo cabarettistico patrocinato proprio dal Comune di Chivasso dal titolo “Pirlopoli” e  ad altra inchiesta giornalistica dal titolo “Avvocatopoli” legate a parcelle gonfiate da parte di avvocati che inguaiavano i cittadini chiedendo ai loro clienti parcelle gonfiate per cause irrisorie...”.

Dentro la notizia

  Ha vinto la libertà di stampa. Ha vinto, per il momento, La Voce. La scorsa settimana la Corte di Cassazione ha annullato e rinviato ad un’altra sezione della Corte di Appello di Torino una sentenza di condanna a un anno e 6 mesi di Liborio La Mattina, direttore de La Voce e di 6 mesi per il capo redattore Emiliano Rozzino. In primo grado, a Biella, poi confermate in secondo grado a Torino, il giudice aveva stabilito pene da far accapponare la pelle, comunque, da indurre un giornalista a farsi due ragionamenti sul senso della professione. E quali erano i fatti contestati e risalenti al tempo in cui ad amministrare Chivasso era il centrodestra guidato dal sindaco Bruno Matola? Un sano e verace racconto politico su “condominiopoli”, “avvocatopoli” e “pirlopoli”, utilizzati in chiave neanche poi troppo ironica per raccontare il boom edilizio e il business delle “amministrazioni condominiali” in una città che stava crescendo a vista d’occhio con le nuove urbanizzazioni. La querela porta la firma dell’assessore Domenico Lo Conte nel suo duplice ruolo, per l’appunto di assessore e di amministratore di condomini. Segue a ruota quella dell’avvocato Simona  Di Dia, entrambi difesi dall’avvocato Rosa Maria Catroppa. Le motivazioni della Quinta sezione della Corte di Cassazione non ci sono ancora, ma già sappiamo che nel 2014 (sentenza 12203), sempre a proposito di diffamazione a mezzo stampa, così si erano espressi i giudici, esortando i tribunali di primo e secondo grado a non infliggere il carcere ma solo multe. “I giornalisti – avevano detto i giudici  – in quanto categoria sono attualmente oggetto di gravi ed ingiustificati attacchi da parte anche di movimenti politici proprio al fine di limitare la loro insostituibile funzione informativa”. Inutile aggiungere che siamo oltremodo soddisfatti. I complimenti vanno, evidentemente, al nostro avvocato difensore Patrizia Bugnano. Qui parlano di noi quelli di OSSIGENO TUTTA LA DOCUMENTAZIONE IN ALLEGATO
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