Il salmerino dichiarato patrimonio del territorio dal nostro sindaco? Quindi da promuovere in tutte le occasioni? Quindi da cucinare, mangiare, decantare? Prima di qualche settimana fa quasi non lo conoscevamo, ma il fatto che su internet la sua esistenza, fosse data per “incerta”, diciamo “a un passo dall’estinzione”, nelle acque del lago Maggiore e in Lombardia, non ci ha fatto dormire una notte. Abbiamo approfondito l’argomento con i massimi responsabili del Parco del Gran Paradiso e - apriti cielo - quando abbiamo detto “salmerino” per poco non è venuto giù il diluvio... “Salmerino?”. “Guai a voi!”, si sono messi a urlare. Sentite qua. Esistono due specie di salmerino, che in realtà si assomigliano parecchio in tutto e per tutto. Una si chiama “salmerino alpino” ed è autoctona del Brenta, l’altra chiamata “americana” o “di fonte” arriva addirittura dal Canada. Quest’ultima era stata introdotta nei laghi alpini negli anni ‘60, per favorire la pesca e anche un po’ perchè le carni sono molto saporite. Nel 2012 ci si è resi conto però che si stava mangiando tutti gli altri pesci provocando l’estinzione, per esempio, della trota marmorata e della rana temporaria. Da qui, nel 2013, la decisione di annientarlo, con il progetto Bioacquae, promosso dal Parco nell’ambito del programma Life+. E quindi? E quindi tombola! Riuscire nell’ardua impresa di promuovere l’unico animale il cui nome non si sarebbe dovuto neanche pronunciare poteva riuscire solo a Chivasso, tempio dell’imbecillità. E l’altro? Il salmerino alpino? Lo abbiamo già detto: praticamente non c’è. Trovarlo per i pescatori è quasi una mission impossible, figuriamoci per i ristoratori... E vorremmo proprio vederla la faccia del nostro sindaco girare tra i pochi ristoranti dei dintorni con in mano il timbrino “patrimonio del territorio” sulla ricetta (Salmerino alpino in carpione leggero alle mele, rafano, rape rosse) di Andrea Lifieri del ristorante “Il Chiostro di Andrea” di Milano vincitore del primo premio allo Chef contest “I Carpionati del mondo”. Chissà dove glielo infilano! Insomma... Avremmo anche potuto fermarci lì. Ad una critica al “salmerino” patrimonio del territorio, cucinato con tutti i dovuti accorgimenti nell’ambito delle iniziative organizzate dall’Amministrazione Comunale per Expo. Potevamo anche fermarci qui non fosse stato per il costo di 72 mila euro tanto per cominciare e - in verità - non si sa ancora quanti esattamente saranno quando si tireranno giù i conti alla fine. Soldi nostri, soldi dei cittadini. Soldi per quattro bancarelle posizionate sotto i portici e una specie di “master chef” tenutosi a porte chiuse presso la Tenuta del Cerello. E’ sicuro che il sindaco Libero Ciuffreda non lo ha ancora digerito. E infatti di questo argomento, da quando abbiamo cominciato il tam-tam mediatico, non ha ancora “banfato” una volta, lasciando tutta la difesa all’assessore al Commercio Claudia Buo. E’ sicuro che non lo ha digerito, ma non ha ancora ammesso d’aver preso una di quelle cantonate “mondiali” come solo poteva esserlo una roba costruita per impressionare cinesi, francesi, tedeschi, giapponesi, russi e americani. Dovrà prima o poi dire qualcosa, se non a noi, quanto meno ai cittadini, piegati in due dalla crisi, dalla noia e dalle tasse che sono, nel loro complesso e in termini generali, ai livelli più alti della storia di questa città. Lo dovrà fare anche in considerazione dei presupposti fondanti di Expo, per certi versi simili a quelli di Slow Food, per esempio sulla difesa delle biodiversità, dei prodotti tipici locali, coltivati o allevati sul posto. Insomma, niente di nuovo sotto i cieli, in questi giorni, di fine estate, la solita aria fritta di un’amministrazione comunale che s’è pure inventata il pesce che c’è ma non c’è...
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