“Arditi divenne ricco e molto ammirato ovunque, ma si era stabilito definitivamente in Inghilterra. Sposò l'americana Virginia Warwick e dettò i suoi ricordi e i suoi aneddoti alla baronessa Von Zedlitz. Fu proprio in territorio inglese, a Hove, nei pressi della città di Brighton, che lo colse la morte, il 10 maggio 1903 a ottantuno anni e mai fece ritorno a Crescentino” Recentemente, a seguito di una ristrutturazione di un palazzo in Piazza Aminto Carretto, scrostando la parete del muro esterno, dalla parte opposta dell’attuale bar “Il Portico” di Crescentino, piccolo paese del vercellese, ma ricco di storia e curiosità, ne è venuta alla luce una scolorata dicitura recante alcuni resti di una scrittura d’altri tempi. Fortunatamente si è pensato di andare più a fondo, anche se inizialmente si pensava ad una delle solite propagande del Ventennio, che si trovano sui muri di molti paesi di campagna. Invece ci siamo ritrovati di fronte all’insegna che era stata l’entrata nel 1822 del locale dei genitori di Luigi Arditi, provenienti da Fontanetto Po e che avevano rilevato due anni prima: “Il Caffè di Città”. Questo pezzo inconfutabile di storia non solo prova che i ricordi talvolta non sono invenzioni fantasiose o ricordi confusi, ma realtà ricostruttive di grandi personaggi come lo è stato questo giovane, che divenne famoso in tutto il mondo come violinista, compositore e direttore d’orchestra. Ne è un chiaro esempio il valzer “Il bacio”. I versi del testo sono di Gottardo Aldighieri e la scrittura della musica riale al 1860, note pensate appositamente per la cantante Marietta Piccolomini, tra le più popolari dell'epoca, e ancora oggi, non sono pochi i soprani che ne hanno fatto un cavallo di battaglia, grazie alla sua eleganza e magnificenza. Tra l'altro, proprio con questo valzer, l'autore riuscì a guadagnare la bellezza di 1.300 lire, con gli editori che furono in grado di incamerare profitti altrettanto cospicui. Il nome di Luigi Arditi forse non dirà molto, ma questo compositore piemontese ha una storia e una biografia che vanno approfondite. Non si diventa amici personali di Gioachino Rossini, di GiuseppeVerdi e Richard Wagner per caso. “Chi era dunque Luigi Arditi?” Grazie ad un libro di memorie intitolato "My Reminescences", dato alle stampe nel 1896 e ricco di aneddoti e racconti relativi ai suoi cinquanta anni di carriera artistica, da lui stesso definita "avventurosa e fortunata". Dopo i primi rudimenti musicali nel suo paese, riuscì a diventare il direttore di una piccola orchestra di dilettanti già a dodici anni. Poi gli studi furono completati al Conservatorio di Milano ed è proprio a questo punto che si colloca la prima rappresentazione operistica. Dopo aver messo in atto, in seguito al Diploma, la sua opera “I Briganti”, presso il Piccolo Teatro del Conservatorio, la strada che seguì in seguito fu quella che allora veniva definita del “Nuovo Mondo”. Nel 1846 infatti decide di partire per L'Avana, a Cuba, insieme all'amico Giovanni Bottesini, anch'egli direttore d'orchestra, grande contrabbassista e futuro direttore della prima assoluta dell'Aida di Giuseppe Verdi, al Cairo, nel 1871. I ricordi del libro citato in precedenza cominciano da qui. Le intenzioni iniziali di Arditi erano quelle di muoversi verso l'Inghilterra, ma il destino volle diversamente. Bottesini e Arditi curano l'allestimento della prima opera in programma, “Ernani” di Giuseppe Verdi, e il successo viene definito considerevole. Una seconda opera intitolata “Il Corsaro” chiude la sua esperienza cubana. Nel 1852 sposta la residenza a New York, crede di scrivere un’importante opera intitolata “La Spia”, ma gli americani la definiscono un fiasco. Le buone premesse però c'erano davvero tutte: il libretto era stato tratto dall'omonimo romanzo dello scrittore americano James Fenimore Cooper e il cast comprendeva un soprano affermato come Anne-Caroline deLagrange. Dirige a Filadelfia, Boston e in altre città, accompagnando tutti i divi del canto lirico che si presentavano oltreoceano: da Marietta Alboni a Henriette Sontag. Infatti proprio a lui si devono la diffusione dell'opera italiana all'estero, con una predilezione piuttosto netta per le composizioni di Rossini. Dopo le avventure americane, legando il suo nome strettamente ad un rango di estremo pregio, fu il momento del ritorno in Europa, con le direzioni d'orchestra a Costantinopoli e in Russia, ma anche Dublino, in Germania e soprattutto Londra, che divenne la sua fissa dimora. A lui si deve la prima rappresentazione completa di un'opera di Wagner in terra inglese: “L'Olandese Volante”, andata in scena in una versione in italiano al Drury Lane nel luglio del 1870 e Il suo “InnoTurco”, per il sultano Abdul Mejid I, composto su un testo in ottomano nel 1856, fu eseguito successivamente al Crystal Palace di Londra, durante la visita ufficiale del sultano Abdul Aziz nel luglio 1867, da un coro inglese di 1600 elementi.
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