Roppolo si adagia in un'area in cui la Serra d'Ivrea si armonizza alle ondulazioni collinari che sfumano gradatamente nella pianura. Sorto nella luce crepuscolare del medioevo su precedenti agglomerati celtici e romani, come ampliamento di nuclei antichissimi che individuiamo nei Vittimuli, cercatori di oro nelle aurofondine della Bessa, deve probabilmente, vista l'etimologia, il suo nome a un antico possessore di origine germanica. Il castello si trova in una posizione elevata, che domina il Lago di Viverone, e in passato costituì un ottimo punto di osservazione e di controllo della zona circostante, in particolare per prevenire pericolose insorgenze dal canavese. Appare quindi verosimile che un luogo del genere ospitasse già in epoca antica delle fortificazioni, forse all'inizio torri di segnalazione, poi ampliatesi. Probabilmente la prima struttura innalzata era una torre, sulla quale in seguito fu posta quella attuale; intorno alla torre fu poi costruito un complesso costituito da un recinto, in origine formato probabilmente da pietre a secco messe secondo un metodo relazionato al modello delle "Chiuse" di tradizione longobarda. Dopo i primi diplomi del X secolo, dal 1000 al 1200 gli accenni alle vicende del castello e del paese risultano rari e sporadici, durante quel periodo il feudo e il castello sono detenuti nelle mani dei potenti conti di Cavaglià. Roppolo infatti, faceva parte, con Salomone e Pavarano, del contado cavagliese. La tradizione incomincia a farsi storia quando un documento del 13 agosto 1226 dichiara che il conte Lumello di Cavaglià vende a Manfredo Bichieri il feudo e il castello di Roppolo con tutte le sue pertinenze. Si vuole che i Bichieri derivassero da un capostipite di nome Guala Beccaria, detto Bicchiero, giureconsulto, ambasciatore in più luoghi e coppiere dell'imperatore Lotario II. Avrebbe costui trattenuto il suo signore dal bere in una coppa nella quale era stato mescolato al vino un potentissimo veleno. Grato dell'avvenimento, l'imperatore volle donare al fedele servo il titolo e un castello che, per la memoria, decretò fosse denominato "Bichiero". Ancora oggi sulla parete principale dell'ala duecentesca del maniero domina lo stemma dei Bichieri: tre bicchieri riempiti a metà di vino rosso sotto il cappello del cardinale Guala Bichieri. I Bichieri esercitarono il potere per più di due secoli e del castello ampliarono il lato ovest con due ariose, ampie e belle arcate del portico, a tutto sesto, sullo sfondo del cortile. Dopo il cardinale Guala entra in scena il più guerriero dei suoi nipoti: Pietro, l'amico e confidente dell'imperatore Federico II, il capo dei ghibellini vercellesi, il quale fortificò il maniero. Bandito dalla sua terra natia, vi si rinchiuse per farne scudo e centro di potere contro ogni minaccia. Negli ampi travagli e sconvolgimenti politici che coinvolsero in quei secoli l'Europa e il Piemonte, il feudo di Roppolo, come altri nel canavese, fu oggetto di contese, di lotte quasi continue e sottoposto a vari signori: dai Savoia ai Marchesi del Monferrato, dai Visconti ai Conti di Valperga. Nel corso di tutti questi anni, dal quattrocento alla Rivoluzione Francese, anche la struttura fortificata del castello di Roppolo fu sottoposta ad alterne vicende, ma si mantenne fortunatamente indenne da distruzioni o sostanziali mutamenti. Intorno alla metà del XIX secolo fu scoperto in una nicchia del castello uno scheletro ancora chiuso nella sua armatura di ferro. Scrissero in proposito: "Nella terza stanza della torre, aprendosi nel 1800 un muro parietale, venne alla luce una profonda intercapedine nella quale si rinvenne una completa armatura con entro i resti umani di un guerriero. Erano quelli di Bernardo di Mazzé". La storia di questo delitto narra che agli ordini di Ludovico di Savoia, sotto il comando di Guglielmo di Monferrato, si trovavano due nobili canavesani: il conte Bernardo Valperga di Mazzé e Ludovico Valperga, signore di Roppolo. Tra questi due valorosi capitani regnava, per ignota ragione, un segreto rancore che doveva avere, in seguito, il suo tragico epilogo. Ambedue i cavalieri militavano nella guerra intentata dai pretendenti al ducato di Milano, dopo la morte di Filippo Visconti. Per la decadenza politica che si trovava allora il Ducato di Savoia e per la lontananza e le poche forze del duca d'Orleans, figlio di Valentina Visconti, il duca Ludovico di Savoia poco contava nelle operazioni belliche e ai suoi ordini si trovavano i due Valperga. Caduto il Mazzé, in una sortita, nelle mani degli sforzeschi, Ludovico Valperga, sotto l'apparenza di un atto umano e cavalleresco, si recò al campo nemico e, patteggiando, ottenne il riscatto del commilitone. Il Mazzé, scortato fino al Ticino dai milanesi, venne consegnato ad Antonio Valperga, il quale lo accompagnò nel castello di suo fratello Ludovico, signore di Roppolo. Da quel momento nessuno ebbe più sue notizie. Il 13 febbraio 1459 il duca Ludovico di Savoia fece confiscare i beni di Ludovico di Valperga per "L'omicidio commesso nella persona di Bernardo Mazzé". Da allora a Roppolo e dintorni si favoleggia intorno al tragico fatto del "murato vivo". Molti affermano che in alcune notti si senta ancora il fantasma del Mazzé che geme di dolore: la sua voce esce dal castello e si diffonde nel paese. Nel 1915 fu anche tentata una spiegazione razionale: con il vento, si formava talvolta una particolare corrente d'aria, come un mulinello, che entrando in una stanza all'ultimo piano, provocava uno strano verso, come un ululato che si ripercuoteva in una sala dando la sensazione che qualcuno si stesse lamentando. Nonostante i resti umani del conte Bernardo di Mazzé furono poi seppelliti in terra consacrata, il tormento del suo fantasma a volte ritorna a gemere e urlare nell'ultima stanza del castello di Roppolo. anche quando non c'é il vento.
Commentiscrivi/Scopri i commenti
Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce
Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter
...
Dentro la notiziaLa newsletter del giornale La Voce
LA VOCE DEL CANAVESE Reg. Tribunale di Torino n. 57 del 22/05/2007. Direttore responsabile: Liborio La Mattina. Proprietà LA VOCE SOCIETA’ COOPERATIVA. P.IVA 09594480015. Redazione: via Torino, 47 – 10034 – Chivasso (To). Tel. 0115367550 Cell. 3474431187
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70 e della Legge Regione Piemonte n. 18 del 25/06/2008. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo
Testi e foto qui pubblicati sono proprietà de LA VOCE DEL CANAVESE tutti i diritti sono riservati. L’utilizzo dei testi e delle foto on line è, senza autorizzazione scritta, vietato (legge 633/1941).
LA VOCE DEL CANAVESE ha aderito tramite la File (Federazione Italiana Liberi Editori) allo IAP – Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.