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CHIVASSO. 'ndrangheta: il nulla di Ciuffreda. Prima pagina

CHIVASSO. 'ndrangheta: il nulla di Ciuffreda. Prima pagina

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Rimbombano ancora nel cervello le parole di Paola Trovati, giudice di primo grado nel processo Minotauro. Qualcuno se le ricorda? “Oddio signor Scinica (Giovanni ndr), è veramente interessante quello che dice, non per il processo ma per lo sconforto che crea. Prego, vada avanti…”. La domanda a questo punto è:  perchè Chivasso e non Ivrea o Settimo Torinese? Capire perchè la ‘ndrangheta avesse scelto la città dei facia ‘d tola e non invece le rosse torri non è poi così difficile. Basta dare uno sguardo alla classe politica che tutt’ora siede in Consiglio. Salvo rare eccezioni, non ce n’è uno, non uno che parli e in pochi sarebbero davvero in grado di reggere un discorso anche solo di un paio di minuti. Incapaci, inutili, inesistenti. Non è così a Ivrea e neppure a Settimo Torinese. Ad ogni seduta tutti prendono la parola. Tutti hanno delle cose da dire. Tutti, ma proprio tutti, preparano interrogazioni, interpellanze e mozioni, che poi significa che si sono fatti eleggere per fare politica. Sta tutta qui la differenza? Evidentemente sì. Mettetevi (si fa per dire) nei panni di un affiliato alla ‘ndrangheta, in quale città vi candidereste? Non c’è dubbio a Chivasso perchè era ed è alla loro portata anche partendo dal presupposto che a uno della ‘ndrangheta non gliene importa un fico secco di fare politica e vuole solo attaccarsi una stella di cartone al petto, cioè “infiltrarsi”, creare una bella immagine di sè per poi fare affari fuori e dentro l’amministrazione della cosa pubblica. L’equazione è chiara come il sole: “quello che fa Scinica sono in grado di farlo anche io”. E infatti uno come Scinica a Ivrea o a Settimo Torinese non avrebbe grossi spazi, al massimo gli farebbero organizzare i banchetti o il girarrosto della festa dell’Unità. Non per denigrare (non lo vogliamo fare), ma se sono chiari i limiti delle persone è altrettanto chiaro che in politica ci deve essere chi ascolta e ci deve essere chi parla. La parola, la discussione e il dibattito non come fatto secondario, ma imprescindibile di chi deve avere per forza delle cose da dire ed è capace a dirle. Insomma se non esistono quelli che parlano e quelli che ascoltano, s’è rotto un meccanismo. Di chi la colpa? Evidentemente di chi prepara le liste elettorali, dei segretari cittadini che vanno solo ed esclusivamente a cercare i fuoriclasse del voto, quelli con l’albero genealogico più lungo, i Michele e i Giovanni Scinica, per l’appunto. Ci sono loro e vincono loro, portando un mucchio di preferenze. A bocca asciutta gli altri, quelli su cui invece bisognerebbe puntare. E sono quelli che, o si candidano e restano a casa o non si candidano proprio, che intanto chi glielo fa fare di perdere del tempo se poi vanno su gli Scinica...? E poichè questo era ed è  il problema, la domanda rimane. Cosa ha fatto o sta facendo il sindaco Libero Ciuffreda per risolverlo? Gli è importato qualcosa o non gliene è importato nulla del giudizio espresso dal giudice Paola Trovati? Per il momento è il vuoto cosmico!  Un’emerita cippa, con l’aggravante che il Ministero degli interni aveva evitato di commissariare la precedente amministrazione di centrosinistra guidata da Gianni De Mori, risultata vincitrice alle elezioni del 2011 con i voti della ‘ndrangheta, proprio e solo perchè s’era dimesso De Mori. Cosa ce ne facciamo delle Università della legalità se il problema è stato e continua ad essere quella classe politica che dialogava teneramente e amabilmente con i capi della locale di ‘ndrangheta o, peggio che s’era organizzata con delle liste a prescindere dai programmi e dalle proprie capacità...? Cosa ce ne facciamo dei murales delle legalità se poi il problema non è di forma ma di sostanza? Eppure un modo c’era per dare uno scossone e rendere questa città più simile alle altre delle stesse dimensioni. Mandare a casa tutti gli incapaci... e siamo certi che qualcosa di meglio c’era e ancora c’è nelle liste che portarono Ciuffreda a vincere le elezioni del 2012.
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