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13 Marzo 2015 - 18:30
Fallimento
La storia dei "perdenti" è strana, va a zig-zag. Esempio Segway,(da noi chiamata Biga) un monopattino elettrico che "avrebbe dovuto rivoluzionare il mondo dei trasporti". Una vera innovazione, almeno secondo i progettisti. È il maggio del 2001, quando l'inventore, Dean Kamer, lancia il prodotto. "Sarà per le macchine ciò che le automobili sono state per i cavalli", è la premessa. Si vocifera che siano novanta i milioni di dollari spesi. Ma il progetto non decolla: il prodotto costa troppo, cinquemila dollari, ed è poco affidabile. Nel 2003 l'autogol decisivo: l'ex presidente degli Usa, George W. Bush, prova un Segway e cade. Gli scatti, pubblicati sul web, fanno il giro del mondo. Un disastro d'immagine. Un'inversione di marcia salva invece Airbnb, sito nato nel 2008 a San Francisco per affittare stanze o case ai viaggiatori, a rischio chiusura nel 2009. L'idea è buona, ma ha poco successo, gli utenti sono stranamente diffidenti, fino a che gli ideatori non scoprono il motivo: le foto caricate sul portale. Sono scattate dagli stessi proprietari, spesso con i telefonini e, quindi, di bassa qualità. È bastato mandare nei posti un fotografo professionista, cambiare le immagini, perché l'azienda funzionasse. Tutta una questione di look. Certo, l'apparenza conta, ma conta anche come si usa. Nel 1998 Pets.com, società creata con l'obiettivo di vendere online prodotti per animali domestici, investe 25 milioni di dollari in pubblicità. Tra cui un famoso spot tv andato in onda durante il seguitissimo Super Bowl, la finale di football più attesa dagli statunitensi. Ma dietro il clamore mediatico c'è poca roba: a mancare è un reale piano d'impresa, una strategia, e dopo 268 giorni Pets.com chiude.
Il fallimento spesso dimostra come le cause dei fiaschi siano ben diverse ed a volte prevedibili. Vi è mancanza di passione e dedizione. Spesso a chi mi chiede consulenza, finanziamenti od aiuti domando: sei disposto a lavorare per tre anni sette giorni su sette senza ferie? Su dieci, solo cinque, rispondono sì. Non è sempre facile come si possa pensare. Personalmente ho azionato varie micro imprese, ho occupato ruoli di Temporary Manager in aziende rilevanti e troppo spesso ho rilevato il mal comune : presunzione di saccenza, diffidenza, poca voglia di lavorare e credere in noi stessi. Sono andato a lavorare in Svizzera dove non vi sono complicazioni - Com'è lavorare in Italia ? Sicuramente più difficile. Motivi ? Burocrazia, costi per le procedure d'avvio, tasse sugli utili e costo del lavoro. Cos'hà di ulteriore fatto insensato l'Italia in caso di insuccesso. L'imprenditore deve ancora pagare il notaio per chiudere le proprie attività. Ha senso ? - No. Ma poi cosa farebbe Equitalia ? Mica vorrete togliergli il lavoro ? Però se foste bravi, anche l'Italia potrà regalare emozioni ... Ma nel tempo la vs impresa durerà, o l'agenzia delle entrate, la burocrazia, le leggi complicate, la lentezza del recupero del credito e tanto altro vi porteranno via ogni buon presupposto ?
"Siate come una gomma per cancellare: riconoscete i vostri errori, fatene tesoro e poi cancellateli dalla memoria”
Il fallimento, credo ormai sia chiaro, è solo una tappa (non sempre obbligata) per arrivare al successo. Riconoscere i nostri errori, allora, è importante, perché mostra la nostra integrità e correttezza, la capacità di rielaborare l’accaduto e il desiderio di migliorare e di ripartire. Negare l’evidenza, scaricare la colpa su qualcun altro o fare la vittima “inconsolabile” non sono modalità funzionali per gestire gli insuccessi.
In conclusione quale potrebbe essere un buon metodo ? “Fallimenti intelligenti" - Avvengono in modo veloce ed a basso costo, portano spesso a nuove intuizioni riguardo i vostri prodotti o i vostri clienti. Dovrebbero essere non solo tollerati ma anche incoraggiati” Capire come gestire questo processo (di fallimento ed apprendimento fast e low cost) che porta al successo è, probabilmente, una delle cose più importanti che le aziende dovrebbero imparare.”
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