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SETTIMO. Chi c'era una volta, e chi c'è ora, nella politica settimese

SETTIMO. Chi c'era una volta, e chi c'è ora, nella politica settimese

Aldo Corgiat e Silverio Benedetto, già colonne del Pd Settimese

C'è stato un tempo, neanche troppo lontano, in cui Settimo rappresentava una delle piazze principali della politica piemontese. All'ombra della Torre era tutto un crocevia di idee, nei partiti c'erano più correnti che al Colosseo e il Palazzo era una fucina di talenti. Personaggi di spessore, gente capace di sbertucciare i big torinesi e dettare una linea ben oltre i confini della Città della Penna. Gente come Giovanni Ossola e Aldo Corgiat, sindaci antipatici come la psoriasi ma con due palle così. Ora non c'è più nessuno. Ovunque, nel Palazzo e nei partiti (a Settimo ce n'è uno solo, il Pd) pare la fuga dei cervelli.   Del resto quando hai un sindaco, Fabrizio Puppo, il cui pregio maggiore – parole sue – è la semplicità due domande sei autorizzato a portele. È vero che la semplicità è una grande dote, specie se sei un frate francescano. Ma non esageriamo. Il nuovo sindaco distribuisce pacche sulle spalle a destra e manca e spara battute a raffica che neanche Martufello. Prima sbandiera ai quattro venti che non vuole ricandidarsi, poi dice che scherzava e finisce così, a tarallucci e vino e volemose bene. Che tanto Puppo è simpatico e ha pure vita facile, perchè non c'è nessuno che lo delegittimi, tolto se stesso.   Non che intorno a lui le cose vadano meglio. In giunta tira aria di dimissioni, Rosina Mondello vuole gettare la spugna. Tre anni fa per quella poltrona si sarebbero presi a cazzotti, letteralmente. E ora? Nada de nada. Tutto tace, soltanto Caterina Greco annusa l’aria. Lei qualche cazzotto lo tirerebbe pure, se soltanto ci fosse qualcuno disposto a farselo dare. Niente. Se uno si chiede “chi potrebbero fare assessore?” quasi quasi gli vien voglia di proporsi.   E nel partito? Peggio che andar di notte. Il Pd settimese, quel Pd figlio del Pds erede a sua volta del glorioso Pci, il partito che ha gioiosamente governato dal dopoguerra ad oggi, malgrado il record elettorale, fa harakiri. Prima rottama inopinatamente Dino Sportiello e Silverio Benedetto e poi si ritrova Stefania Rotundo segretaria. Una che in due mesi di mandato alzi la mano chi ha capito cosa ha fatto (tanto che ora pure i Ds più inveterati stanno cominciando a sacramentare). E intanto i vecchi si guardano nelle palle degli occhi e si chiedono: “Dove abbiamo sbagliato?”.   C'è che, in questo Pd, fra il blocco dei sessantennni rottamati e quello dei trentenni rottamatori c'è il vuoto pneumatico. Forse si salva il delfino Antonello Ghisaura, che però a 43 anni suonati dà sempre la sensazione di quello che aspetta il tram ma il tram non arriva mai. La filiera democristiana si perpetua con il giovanissimo Luca Rivoira, relegato per ora al ruolo del “delfino del delfino”. Che comunque è sempre meglio del tonno.   Invece il futuro dell'ala sinistra è nelle giovani mani di due creature complementari. Da un lato Daniele Volpatto, il polemista che non ha mai amministrato neanche il condominio, ma che sui social verga papiri - qualcuno pure condivisibile - su tutto lo scibile umano, dal Jobs Act alla guerra in Siria al quattro-quattro-due col terzino fluidificante. Dall'altro Elena Piastra, che è la più ambiziosa di tutti e il piglio giusto per far strada in politica ce l'avrebbe pure, se soltanto badasse meno alla sostanza e più alla forma. Se lo capisse, in un questo mondo renziano sarebbe già sottosegretaria. E non è necessariamente un pregio. Infine c'è Alessandro Svaluto Ferro. Lui sì un perfetto prodotto del renzismo. C'è da sperare che diventi parlamentare europeo soltanto per gustarsi l'imitazione che di lui farebbe Maurizio Crozza...

lorenzobernardi@giornalelavoce.it

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