In Procura a Ivrea sfilano i primi dei 39 indagati sulle morti e sugli ammalati per amianto alla Olivetti. Tra gli altri Pierangelo Tarizzo, Filippo Demonte, ma anche Luigi Pescarmona, uno dei massimi dirigenti dell’epoca. I "non so", i “non ricordo”, com’era facile da prevedersi, si sprecano. Non ricordano loro e non ricorda nulla, o quasi, anche Carlo De Benedetti. Anche lui è indagato, a vario titolo, per omicidio e lesioni colpose, ma la scorsa settimana anzichè sedersi davanti ai pm Lorenzo Boscagli e Laura Longo, ha preferito rilasciare un’intervista con il sicuramente più accomodante Aldo Cazzullo del Corriere della Sera. Cosa gli ha detto? Semplicemente ha ribadito la sua estraneità ai morti e agli ammalati. Perchè "non tutti hanno idea di cosa significhi governare un gruppo di 70 mila dipendenti". E poi sapete che c'è? C'è che secondo quanto si dice nell’indagine (che evidentemente De Benedetti ha già letta e riletta) l’amianto era anche negli uffici dove ha lavorato lui per 18 anni. "Se lo avessi saputo, o ne avessi conosciuto la pericolosità ... - ha sottolineato De Benedetti a Cazzullo - non crede che l’avrei fatto togliere?". Insomma una specie di messaggio cifrato inviato via posta ai magistrati eporediesi. Fin qui la difesa specifica, ma c'era dell'altro su cui discutere e dibattere. Il crollo di un sogno che era l'azienda. L'abbandono di un progetto che oggi è anche mito... Il mito di Adriano, insomma. Anche su questo un processo ci starebbe bene e bene si farebbe a farlo. Peccato che anche su questo l'Ingenere non abbia nulla da recriminare o da rimproverarsi. Anzi si fa da solo dei bei complimenti raccontando come, grazie a lui, Olivetti creò valore con Omnitel poi venduta per 14.500 miliardi di lire a Mannesmann. Epperò...! Sia chiaro a tutti dunque che Carlo De Benedetti non ha mai sbagliato. Mai! Neanche quando si presentò da Antonio Di Pietro confidandogli che anche lui (porca la miseriaccia) qualche tangente l'aveva "sganciata". Perdindirindina si fece pure una giornata in gattabuia che De Benedetti racconta (buon per lui) come “una botta di culo e di insegnamento... “. No! Anche concentrandosi di errori non gliene viene in mente uno... Neanche quella volta con quel giovanotto che gli propose di investire in una piccola azienda americana. Era la Apple di Steve Jobs. "Sì! Ero a Cupertino. Erano le 7 di sera. Ero esausto per le riunioni e per il fuso. Mi accompagnarono in un garage dove c'erano due capelloni con i jeans stracciati che lavoravano a un mini-computer: erano Wozniak e Jobs. Steve mi propose di rilevare il 20% della sua società per 30 milioni di dollari. Me ne andai...". E sarà anche che De Benedetti vive sereno la sua vecchiaia, però oggi quella quota varrebbe 100 miliardi di euro e forse a Ivrea ci sarebbe oggi tutta un'altra storia da raccontare e tutta un'altra Italia in cui lavorare. Forse... Chissà!
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