Restano sotto sequestro agli Spedali Civili di Brescia, per venti giorni a partire da oggi, le cellule e le apparecchiature che servono per le cure con il metodo Stamina. Lo ha stabilito il tribunale del riesame di Torino respingendo le richieste presentate da una dozzina di famiglie. I giudici, di fatto, hanno seguito la strada segnalata dallo stesso pubblico ministero Raffaele Guariniello: c'è una "incompatibilità funzionale" del gip che alla fine di agosto aveva messo i sigilli a Stamina, è vero, ma non per questo il provvedimento deve decadere. La palla, anzi, adesso passa al gup Potito Giorgio, lo stesso che a novembre celebrerà l'udienza preliminare contro Davide Vannoni per associazione a delinquere, e che entro venti giorni (a norma di codice) dovrà prendere una nuova decisione. Gli avvocati promettono battaglia. "Farò ricorso in Cassazione contro questa scelta del riesame - dice Gianluca Ottaviano, legale di una famiglia di Bisceglie - e annuncio fin da ora che osteggerò l'eventuale rinnovo del sequestro da parte del gup. Non posso nascondere che mi sento amareggiato e deluso: il provvedimento doveva essere revocato senza ulteriori passaggi. Ma una cosa è certa: noi non smetteremo mai di lottare". Vannoni, oggi, è stato al centro di un'altra partita giudiziaria, anche questa giocata nel tribunale di Torino. Il padre del metodo Stamina è imputato di tentata truffa alla Regione Piemonte per il finanziamento che chiese all'ente pubblico nel 2007. La ripresa del processo (dove l'accusa è sostenuta dal pm Giancarlo Avenati Bassi) ha mostrato un Vannoni lanciatissimo nella propaganda di quel procedimento che aveva tanto bisogno di soldi per poter essere sviluppato completamente: bussò, per esempio, alla porta di Mario Pippione, docente universitario e dermatologo illustre, spiegandogli che con Stamina era guarito dalla psoriasi. "Vidi un filmato - ha raccontato l'allora assessore al bilancio, Paolo Peveraro - che mostrava malati che miglioravano e, avendo perso da poco mio padre per il morbo di Parkinson, ne rimasi impressionato: mi sembrava un miracolo. In Regione, ad un certo momento, eravamo tutti affascinati". Ce l'aveva quasi fatta, Davide Vannoni: lo stanziamento di 500 mila euro, acconto di una somma ben più sostanziosa, era pronto. Poi, dopo i controlli, non se ne fece più niente. "La documentazione clinica allegata al progetto di Vannoni era indecente", ha detto l'allora direttore alla sanità, Vittorio Demicheli. Scatenando le ire della difesa.
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