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09 Settembre 2014 - 18:13
Disoccupazione
"Se non serve a trovare lavoro, non studio": questo deve essere il pensiero costante, negli ultimi anni, di studenti e famiglie italiane. Con la sempre maggiore difficoltà incontrata nella ricerca di un lavoro - rileva l'Ocse nello studio "Uno sguardo sull'istruzione 2014", presentato oggi in Italia - la motivazione dei giovani italiani nei confronti dell'istruzione è diminuita. E' allarmante il fatto che in Italia nel 2012 quasi 1 giovane su 3 (31,5%) dai 20 ai 24 anni non lavorava e non era iscritto a nessun corso di studi (neet), con un aumento di ben 10 punti rispetto al 2008. In confronto, nel 2012 nei Paesi Bassi solo il 7% dei giovani 20-24enni non studiava e non lavorava e in Austria e Germania solo l'11%. Nello stesso anno, in Italia circa 1 su 7 (14%) tra i 17enni aveva già abbandonato la scuola (la media Ocse per il 2012 è del 10%). "Tutto lascia pensare che l'università e la scuola non siano viste dai ragazzi e dalle loro famiglie come un aiuto per migliorare la loro posizione sul mercato del lavoro ma come problema - ha spiegato oggi Francesco Avvisati, ricercatore Ocse autore della nota sull'Italia - il sistema di istruzione, in particolare la formazione professionale nelle scuole, nel post secondario e anche nelle università devono essere al centro di una strategia per creare e valorizzare le competenze di cui l'economia ha bisogno". Il rapporto Ocse tuttavia non riserva solo brutte sorprese: negli ultimi 15 anni il numero di diplomati e laureati, in Italia, è aumentato, specialmente tra le donne, anche se rimane inferiore alla maggior parte degli altri Paesi Ocse. E le donne italiane si distinguono in campi un tempo prettamente maschili, come l'ingegneria. La qualità dell'istruzione, inoltre, sta migliorando costantemente e questo anche se l'Italia, tra i 34 Paesi esaminati, è l'unico Paese ad aver ridotto, tra il 2000 e il 2011, la spesa pubblica in questo settore. Questa riduzione, spiega l'Ocse, è effetto della riduzione del numero dei docenti: l'Italia aveva in passato un numero di insegnanti tra i più alti a livello internazionale, in proporzione al numero degli studenti. Questo rapporto si è recentemente avvicinato al rapporto medio degli altri paesi Ocse. Oggi, infatti, il rapporto studenti-insegnante è di 12 studenti per 1 insegnante in Italia, rispetto alla media Ocse di 15 studenti nella scuola primaria e 13 in quella secondaria. L'aumento del rapporto studenti-insegnanti è stato reso possibile dalla riduzione delle ore di lezione degli studenti, che resta tuttavia superiore alla media Ocse. E' stato inoltre bloccato il tournover (e così il 62% degli insegnanti della scuola secondaria ha più di 50 anni) e la dimensione delle classi è aumentata anche si in misura limitata. "La qualità dell'istruzione - ha rilevato Avvisati - non dipende quindi dal numero degli insegnanti ma dalla loro preparazione". Al tempo stesso, infatti, l'Italia è uno tra i tre Pesi dell'Ocse, con Polonia e Portogallo, ad aver ridotto tra il 2003 e il 2012 la quota di quindicenni in grave difficoltà matematica, passata da 1 giovane su 3 ad uno su 4 ed anche le competenze degli studenti nella fascia alta delle competenze è aumentata. "I test Pisa e Invalsi, per fare due esempi - ha osservato il presidente dell'associazione TreLLLe, Attilio Oliva, che ha coordinato i lavori odierni - hanno fornito ai docenti degli indicatori utili che hanno contribuito al miglioramento della qualità dell'istruzione di base". Tuttavia, nonostante questi miglioramenti incoraggianti, il livello delle competenze e delle conoscenze degli italiani rimane inferiore alla media Ocse: i giovani laureati italiani (25-34 anni) per esempio, raggiungono appena il livello di competenze di lettura e matematica dei loro coetanei senza titolo di studio terziario in Finlandia, Giappone o nei Paesi Bassi. "Il rafforzamento dei percorsi di alternanza scuola-lavoro e l'arricchimento delle competenze dei nostri ragazzi sono la nostra priorità", è la risposta del ministro dell'Istruzione Stefania Giannini. Quanto agli insegnanti, "il nostro piano abolisce il precariato, immette nella scuola insegnanti che hanno in media 40 anni e apre le porte ai giovani neo abilitati con assunzioni per concorso. Questa è la nostra risposta", ha concluso il ministro.
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