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19 Agosto 2014 - 16:42
Elisabetta Coccia
"L'ordinanza di Bologna ci rafforza.
Noi siamo pronti a partire, a maggior ragione ora. Se, da parte del Ministero della Salute continua la volontà di riportare in Parlamento la questione, il che significa allungare i tempi ben oltre settembre, il rischio è che molte coppie continueranno ad andare all'estero ma chiederanno rimborso in Italia attraverso quanto previsto dalla direttiva sulle Cure Transfrontaliere, già recepita nel nostro Paese. Ci sono già pazienti che minacciano questo". Così il Presidente Cecos Italia Elisabetta Coccia, associazione di centri privati di fecondazione assistita, commenta l'ordinanza del tribunale di Bologna che, accogliendo i ricorsi di due coppie, ha riconosciuto il diritto ad accedere all'eterologa. La decisione dei giudici conferma, dopo la delibera della Regione Toscana e la testimonianza del presidente della Corte costituzionale Giuseppe Tesauro, che non si può parlare di vuoto normativo e che in Italia è possibile partire sin da ora con l'eterologa, richiesta, secondo le stime da circa 9000 coppie. A questa, però, sottolinea Coccia, potrebbero seguire altre ordinanze, "e, così come con la diagnosi preimpianto, si rischia di consegnare la questione ai giudici e portare avanti a colpi di sentenza il riconoscimento di un diritto già confermato dalla Corte Costituzionale". L'ordinanza di Bologna, prosegue, "ci rafforza nell'andare avanti nella direzione che ci si aspettava dopo sentenza Consulta. Non può più esistere discriminazione tra coppie cui basta una fecondazione omologa e coppie che necessitano una eterologa".
Non serve una legge, ribadiscono i giudici bolognesi, ma basta un decreto ministeriale di aggiornamento delle linee guida. In proposito conclude: "Siamo ben pronti a sederci al tavolo ministeriale per rivalutare insieme a loro le nostre linee guida, che pure sono state già approvate da tutte le società scientifiche e già recepiscono gli aspetti richiesti dalla Consulta".
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