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31 Luglio 2014 - 18:37
Raddoppia in 3 anni l'utilizzo dei farmaci oppioidi per la terapia del dolore, aumentano, pur se concentrati al Nord, gli hospice ma, nonostante ciò ancora quasi la metà delle regioni italiane non è pienamente adempiente nel garantire quantità e qualità delle cure palliative. E' quanto emerge dal rapporto trasmesso dal Ministero della Salute al Parlamento sullo stato di attuazione della Legge 38/2010, che regola l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore.
Il triennio 2011-2013, riporta il monitoraggio, ha visto una crescita del 48% dell'utilizzo di analgesici derivati dall'oppio. I valori più elevati di utilizzo si registrano nelle regioni Toscana, Piemonte, Lombardia e Veneto. L'incremento della spesa è però più sensibile nelle regioni che partivano da un basso livello iniziale: +73% in Campania, +69% in Puglia, +68% nel Lazio. Sono 221, per 2.307 posti complessivi, gli hospice, ovvero le strutture che si occupano di pazienti colpiti da una malattia che non risponde più a trattamenti e la cui diretta evoluzione è la morte. Tuttavia, ben 60 si trovano in Lombardia, che da sola vanta un terzo del numero totale di posti, ovvero 738. Seguono Emilia Romagna e Toscana (22), Veneto (21). Continua a diminuisce il numero di decessi di pazienti con una diagnosi di tumore avvenuti in un reparto ospedaliero per acuti, dal 2007 al 2012 è sceso del 14%(da 55.354 a 47.537).
Aumenta, di contro, l'assistenza palliativa a casa del malato: nel 2013 ne hanno beneficiato 40.000 persone, dei quali quasi 10.000 in Piemonte.
Le Cure palliative pediatriche e la gestione domiciliare dei bambini oncologici terminali sono in via di espansione, come dimostra il calo del 19% dal 2006 al 2011 del numero di minori deceduti per tumore in ambito ospedaliero.
Nonostante i miglioramenti in merito all'accesso alla terapia del dolore, il nostro Paese resta indietro nel capitolo dell'utilizzo a scopo palliativo, così come per altri fini terapeutici, della Cannabis. Consentito dalla legge italiana sin dal 2007, è accessibile in realtà solo da parte da meno di un centinaio di pazienti. "L'Italia è indietro per via del complicato iter burocratico, dei tempi lunghi e della disinformazione degli operatori sanitari", spiega Antonella Soldo, responsabile del settore per l'Associazione Luca Coscioni. La possibilità di accesso, inoltre, è differenziata da regione a regione. Attualmente 11 sono quelle che hanno introdotto dei provvedimenti ad hoc: Puglia, Toscana, Veneto, Liguria, Marche, Friuli Venezia Giulia, Abruzzo, Sicilia, Umbria e ultime aggiunte, Emilia Romagna e Basilicata. "Le normative regionali convergono nel disciplinare l'erogazione dei medicinali a base di cannabis a carico dei Servizi sanitari regionali, ma presentano notevole disomogeneità. In alcuni casi - spiega Soldo - si limitano a recepire quanto già stabilito dalla normativa nazionale, in altri prevedono la formazione del personale medico, in altri casi ancora impegnano ad avviare progetti pilota per la coltivazione a scopi terapeutici attraverso convenzioni con enti autorizzati". Ultima ad aver scelto questa ipotesi è la Puglia.
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