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Vanchiglia blindata a Natale: la lettera dei commercianti tra sicurezza e incassi perduti

Torino, Vanchiglia tra sicurezza e Natale: i commercianti chiedono sussidi dopo lo sgombero di Askatasuna

Strade blindate a Vanchiglia

Strade blindate a Vanchiglia

Luci accese, vetrine curate, tavoli pronti ad accogliere clienti che però non arrivano. A pochi giorni dal Natale, Vanchiglia si ritrova sospesa in una sorta di limbo, stretta tra esigenze di ordine pubblico e una crisi economica improvvisa che colpisce uno dei periodi più delicati dell’anno per il commercio di prossimità. Dal 18 dicembre, infatti, corso Regina Margherita, nel tratto compreso tra il Rondò Rivella e via Vanchiglia, è chiuso al traffico, con rare eccezioni. Una decisione legata allo sgombero del centro sociale Askatasuna, che ha trasformato l’assetto del quartiere proprio mentre Torino entrava nella fase più intensa dello shopping natalizio.

La conseguenza è sotto gli occhi di chi vive e lavora nella zona. Le strade sono presidiate, i flussi di auto e di persone ridotti al minimo, la percezione di un quartiere difficile da raggiungere ha fatto il resto. I commercianti parlano apertamente di danni economici rilevanti, di prenotazioni cancellate, di locali semivuoti e di incassi mancati in giorni che, normalmente, rappresentano una boccata d’ossigeno dopo mesi complessi.

E pensare che, anche quest’anno, le Associazioni dei Commercianti di Vanchiglia avevano investito tempo e risorse per rendere il borgo più attrattivo. Con il contributo della Circoscrizione 7, erano state installate le luminarie natalizie in molte vie del quartiere, un segnale di vitalità e di accoglienza pensato proprio per accompagnare residenti e visitatori nel periodo delle feste. Un impegno che oggi rischia di essere vanificato da una viabilità stravolta, che scoraggia l’arrivo dei clienti e isola di fatto l’area.

A farsi portavoce della protesta istituzionale è il presidente della Circoscrizione 7, Luca Deri, che ha messo nero su bianco due richieste precise. Da un lato, l’appello a Regione Piemonte e Governo affinché vengano rimborsati i commercianti di Vanchiglia per i mancati incassi a partire dal 18 dicembre e fino alla fine dell’emergenza. Dall’altro, la sollecitazione alla Prefettura per una riapertura parziale di corso Regina Margherita, che permetta al quartiere di tornare a una viabilità almeno in parte normale. Una posizione che non mette in discussione le scelte di sicurezza, ma chiede di affrontarne le ricadute economiche.

Nel frattempo, la voce del disagio arriva anche dalle principali associazioni di categoria. I presidenti di Epat e Fiepet, Vincenzo Nasi e Fulvio Griffa, hanno inviato una lettera al prefetto Donato Cafagna, al presidente della Regione Alberto Cirio e al sindaco di Torino Stefano Lo Russo. Un appello che parte da una premessa chiara: nessuna contestazione sul piano della legalità, ma la necessità di guardare anche all’altra faccia dell’emergenza.

Nella lettera si legge che, pur prendendo atto della decisione di intervenire contro un centro sociale e ribadendo il dissenso verso qualsiasi manifestazione violenta, non si può ignorare l’impatto di una scelta di questa portata, che ha portato alla militarizzazione di un intero quartiere nel periodo natalizio, con effetti immediati e tangibili. Locali svuotati, disdette per timore, chiusure anticipate o forzate in giorni che, normalmente, sono vocati agli acquisti e ai consumi. Un colpo duro per settori già provati, come ricordano gli stessi firmatari, da una crisi che affonda le radici nel periodo del Covid e che non ha mai smesso di lasciare strascichi.

Il tono dell’appello è misurato ma fermo. «Quanto sopra senza in alcun modo volere assumere posizione nei confronti di eventi dettati da necessità sociali, di pubblica sicurezza o legalità, nei cui valori ci identifichiamo con le nostre imprese, come parte viva della società cittadina», scrivono i rappresentanti delle categorie. Ma subito dopo il punto centrale emerge con chiarezza: il rischio che il peso di decisioni complesse ricada interamente su chi fa impresa. «Il metro del nostro impegno – aggiungono – sono le critiche che riceviamo per non far abbastanza per la sopravvivenza delle nostre categorie».

Da qui la richiesta di sussidi concreti e di una valutazione attenta delle esigenze di ristoratori ed esercenti, con la consapevolezza che il danno non si esaurisce nei giorni immediati. Nella lettera si parla apertamente di un possibile logoramento, una erosione lenta ma costante che potrebbe produrre effetti negativi anche nei mesi a venire, se non affrontata con misure tempestive e mirate.

La vicenda di Vanchiglia riporta così al centro un nodo irrisolto per le città: come conciliare legalità, sicurezza e lavoro, soprattutto quando le emergenze esplodono nei momenti chiave dell’anno economico. Dicembre, per il commercio, non è un mese come gli altri. È il periodo in cui si recuperano margini, si coprono perdite, si prova a guardare con un minimo di fiducia all’anno successivo. Interrompere quel flusso, anche per ragioni legittime, senza strumenti di compensazione, rischia di lasciare cicatrici profonde.

L’appello lanciato alla Prefettura, al Governo e alla Regione non riguarda solo un quartiere. È il segnale di un equilibrio fragile, in cui la Torino che lavora chiede di essere considerata parte integrante della gestione delle emergenze. Non per opporsi alle scelte di sicurezza, ma per evitare che, ancora una volta, il conto venga presentato a chi tiene accese le luci delle città, anche quando le strade restano vuote.

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