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20 Dicembre 2025 - 11:36
In foto Gabriel Piccagli
A Bellavista, dopo mesi di silenzi e attese, qualcosa finalmente si muove. Non una rivoluzione, non una svolta epocale, ma almeno due segnali concreti che rompono l’immobilismo: 6 mila euro in più al Comitato dei Volontari del Verde e l’avvio dei lavori per la sistemazione del marciapiede e del porticato del Centro Civico di piazza 1° Maggio. Piccoli passi, certo. Ma passi che arrivano dopo un lungo periodo in cui il quartiere ha avuto la netta sensazione di parlare nel vuoto. Come una particella di sodio nell'acqua Lete.
Perché il porticato di piazza 1° Maggio, diciamolo senza giri di parole, è da tempo un simbolo del degrado che avanza. Calcinacci che si staccano, infiltrazioni d’acqua che penetrano nei locali del Centro Civico, una struttura che mostra tutta la fragilità di manutenzioni rimandate e interventi mai completati. Una ferita aperta, proprio nel cuore di un quartiere che per storia e impianto urbanistico dovrebbe rappresentare un modello, non un problema.
E pensare che le premesse, nel 2023, erano state tutt’altre. L’Amministrazione comunale appena insediata aveva scelto Bellavista come uno dei primi luoghi simbolici da cui partire. Una Giunta al gran completo, evento tutt’altro che frequente: Gabriella Colosso, Patrizia Dal Santo, Massimo Fresc, Fabrizio Dulla, Francesco Comotto e, poco dopo, con qualche minuto di ritardo, anche il sindaco Matteo Chiantore. Un salone del Centro Civico pieno, cittadini pronti a raccontare problemi quotidiani e storici: marciapiedi che non esistono, lampioni LED che promettono luce ma lasciano ombre, erba alta, aree sfalci trasformate in discariche improvvisate, strade che si allagano al primo temporale.
Un elenco lungo, preciso, puntuale. E poi il verde. Una distesa enorme: 96 mila metri quadrati, con circa 750 alberi, affidati da anni all’associazione Bellavista Viva grazie al Patto di valorizzazione. Un patto che, nei fatti, ha garantito al Comune un risparmio notevole e al quartiere una cura costante, fatta non da ditte esterne ma da cittadini che mettono tempo, energie e – spesso – anche soldi propri.
Tra le voci più ascoltate in quell’incontro c’era quella di Gabriel Piccagli, presidente dell’associazione, che consegnò agli assessori un elenco dettagliato delle criticità e delle priorità. L’assessora Colosso prese appunti, promettendo attenzione e interventi “nei limiti del possibile”. Si parlò anche di un investimento importante, 170 mila euro per il Centro Civico: tinteggiature, nuovi termoconvettori, rifacimento della copertura del tetto. Il tempo passa, le strutture invecchiano e il porticato, due anni dopo, è rimasto lì, a sgretolarsi.
Nel frattempo, la situazione del Patto di valorizzazione del verde si è fatta sempre più delicata.
“Siamo una decina – spiegava Piccagli – e molti sono anziani. Per fare questo lavoro servirebbero almeno venti persone”.
Un dato che racconta bene la fatica di tenere in piedi un servizio enorme con forze sempre più ridotte.
Eppure il Comune, grazie a questo patto, gestisce quasi 100 mila metri quadrati di verde con un contributo annuo di 20 mila euro. I volontari avevano chiesto di più, 40 mila euro, per potersi appoggiare a una cooperativa e garantire continuità. Tutto rendicontato, tutto trasparente. Risposta: no, non si può fare, è incompatibile. Perché? “Vai a capire perché…”.

L'incontro del 2023
Lo scenario era chiaro e preoccupante: o un cambio di passo dell’Amministrazione, o la fine del Patto. Con un risultato paradossale: senza i volontari, il Comune si sarebbe trovato a spendere molto di più per ottenere molto meno. Un errore clamoroso, annunciato.
Ed è in questo contesto che arriva la decisione di incrementare di 6 mila euro il contributo per il 2025. Non quanto richiesto, non quanto servirebbe davvero, ma abbastanza da riconoscere – nero su bianco – che il lavoro dei Volontari del Verde è prezioso, insostituibile e conveniente per le casse comunali. Un riconoscimento tardivo, ma necessario.
In parallelo, e non è un dettaglio secondario, l’Amministrazione ha deciso di intervenire finalmente anche sul fronte strutturale del Centro Civico. I lavori di sistemazione del marciapiede e del porticato di piazza 1° Maggio sono stati affidati direttamente alla ditta Guidetto Costruzioni Edili di Mercenasco.
L’intervento ha un costo complessivo di 7.478,60.
Non si tratta solo di una questione estetica. L’intervento prevede la riconfigurazione del marciapiede di accesso e il raddoppio delle caditoie esistenti, proprio per migliorare il deflusso dell’acqua piovana e ridurre il rischio che l’umidità continui a danneggiare la struttura. Un lavoro tecnico, mirato, che arriva dopo anni di sopralluoghi, segnalazioni e promesse, quando il porticato era ormai diventato il simbolo visibile di un degrado mai affrontato fino in fondo.
Non è la riqualificazione complessiva che il quartiere aspetta da tempo, né la risposta definitiva a tutte le criticità di Bellavista. Ma è, almeno, un intervento messo nero su bianco, con una ditta incaricata, un importo stanziato e un obiettivo preciso: fermare il deterioramento prima che diventi irreversibile.
Resta però una questione politica e amministrativa che non può essere archiviata con una delibera e un cantiere.
Perché si è dovuti arrivare a questo punto? Perché un quartiere deve aspettare anni, scrivere lettere, fare riunioni, vedere articoli pubblicati, prima di ottenere risposte minime?
Oggi Bellavista osserva. Guarda ai lavori, ai numeri, ai contributi. Con una speranza prudente e una diffidenza ormai strutturale. Perché qui, più che altrove, hanno imparato che le parole volano via in fretta. E che solo i fatti – se durano più di una stagione – possono davvero ricucire il rapporto tra un’Amministrazione e i suoi cittadini. Insomma: Bellavista aspetta ancora, ma almeno adesso non è più ferma al punto zero.

Storia di un quartiere
Il quartiere Bellavista è un esempio significativo dell’architettura e dell’urbanistica promosse dalla Società Olivetti nel secondo dopoguerra. La sua progettazione iniziò nel 1957, affidata all’architetto Luigi Piccinato, con la collaborazione di Vittoria Girardi. Il piano prevedeva l’insediamento di circa 4.000 abitanti su un’area di 320.000 metri quadrati, come già delineato nel piano regolatore del 1938.
La costruzione del quartiere avvenne in due fasi principali. Tra il 1960 e il 1961 furono realizzati circa 450 alloggi, di cui 301 destinati ai dipendenti Olivetti, principalmente finanziati attraverso i fondi del piano INA-Casa. Successivamente, tra il 1970 e il 1975, l’Olivetti costruì ulteriori 12 alloggi con finanziamenti propri e 54 alloggi tramite fondi Gescal. Altre abitazioni furono edificate da cooperative di dipendenti Olivetti in collaborazione con l’Istituto Autonomo Case Popolari.
Il design urbanistico del quartiere si ispira al modello anglosassone delle unità di quartiere. È caratterizzato da ampie aree verdi e una bassa densità edilizia, con una strada perimetrale da cui si diramano vie di accesso alle abitazioni e alle infrastrutture sociali, commerciali, sportive, religiose e scolastiche.
Nel corso degli anni, il quartiere Bellavista ha mantenuto la sua rilevanza storica e architettonica. Nel 2021, l’Associazione Archivio Storico Olivetti e Urban Lab hanno organizzato una mostra intitolata “Abitare a Bellavista”, che documenta attraverso fotografie, disegni d’archivio e interviste agli abitanti, la vita e l’evoluzione del quartiere.
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