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Altre proroghe per i ponti Preti, Castiglione, Villanova: dalle promesse del 2024 a fine 2025 è passato un anno e nulla è cambiato

L'annuncio del parlamentare della Lega Alessandro Giglio Vigna - "Il Ponte Preti si farà" - dovrebbe rassicurare ma è l'ennesimo proclama in attesa dell'apertura di un cantiere che non arriva...

Altre proroghe per i ponti Preti, Castiglione, Villanova: dal 2024 al 2025 è passato un anno e nulla è cambiato

Altre proroghe per i ponti Preti, Castiglione, Villanova: dal 2024 al 2025 è passato un anno e nulla è cambiato

Il Ponte Preti “si farà”. Ancora una volta. A dirlo, con tono perentorio, è Alessandro Giglio Vigna, parlamentare della Lega, che firma l’ennesimo comunicato stampa per rassicurare il Canavese su un’infrastruttura che da anni vive più di annunci che di cantieri. Cambiano le formule, si aggiornano le scadenze, ma la sostanza resta immobile: il ponte è sempre lì, stretto, congestionato, fragile, mentre la politica continua a promettere che tutto è sotto controllo.

Nel comunicato, Giglio Vigna parla di “importanti sviluppi” e assicura che “il Ponte Preti si farà”, inserendo la vicenda in un pacchetto più ampio che riguarda anche i ponti di Castiglione, Villafranca e Villanova. Il cuore dell’annuncio è la proroga: secondo il deputato, Matteo Salvini in persona e i tecnici del MIT stanno lavorando da settimane sulla “proroga Ponte Preti”, inserendola nel prossimo decreto Milleproroghe. Un passaggio che, nelle intenzioni, dovrebbe consentire alla Città Metropolitana di Torino di compiere finalmente “i passi successivi”.

Il lessico è quello ormai familiare: a breve, in arrivo, calendarizzata. Parole che il territorio conosce fin troppo bene. Perché anche un anno fa la musica era la stessa. Anche allora si parlava di proroghe decisive, di interventi imminenti, di ostacoli burocratici in via di superamento. Il risultato, dodici mesi dopo, è sotto gli occhi di chi ogni giorno attraversa quel viadotto: traffico a passo d’uomo, camion che faticano a incrociarsi, un’infrastruttura del 1920 che regge a fatica il peso del presente.

Traffico sul Ponte Preti

Il comunicato entra poi a gamba tesa nella polemica politica. Giglio Vigna respinge le critiche e invita “il PD a non prendere in giro i canavesani per fare facili attacchi strumentali”, rivendicando un dialogo costante con il Ministero e assicurando che le risposte arrivano “puntualmente” a chi le chiede. Il problema, però, non è chi interroga o chi scrive articoli scomodi. Il problema è che, a oggi, manca ancora l’atto che rende utilizzabili i fondi, quella graduatoria del MIT che continua a non materializzarsi e senza la quale ogni promessa resta sospesa.

Non è un dettaglio tecnico, è il nodo centrale della vicenda. Il nuovo Ponte Preti non è un’opera improvvisata: rientra nel piano regionale sui ponti avviato nel 2019, con 135 milioni complessivi, di cui oltre 66 destinati alla Città Metropolitana di Torino. Il progetto c’è, i costi sono stati aggiornati – da 19,5 a 25,5 milioni – e le carte, a livello locale, sono pronte. Quello che manca è il via libera finale dello Stato. E senza quello, la scadenza del 31 dicembre 2025 rischia di trasformarsi in un muro.

Nel tentativo di giustificare i ritardi, il deputato parla del “classico iter di via libera fra i vari ministeri di Roma”, sottolineando che “stiamo parlando di cifre importanti” e che è giusto prendersi il tempo necessario. È una spiegazione che suona sempre più debole. Perché se dopo anni di annunci, proroghe e solleciti siamo ancora fermi al “tempo che serve”, allora il problema non è la fretta di chi chiede risposte, ma l’incapacità del sistema di darle.

Il finale del comunicato allarga il discorso all’autonomia differenziata, indicata come strumento per accorciare i tempi e dare risposte più rapide ai territori. Una visione politica legittima, ma che oggi suona come una fuga in avanti. Il Canavese non chiede riforme costituzionali per attraversare un ponte in sicurezza: chiede un atto amministrativo, adesso.

Questa nuova uscita non chiude la vicenda del Ponte Preti, semmai la fotografa per quello che è diventata: una storia ciclica, fatta di rassicurazioni periodiche e di una realtà che non cambia. Ogni comunicato promette la svolta, ogni proroga annunciata sembra quella buona. Poi passa il tempo, e il ponte resta fermo, come il traffico che ogni tanto si blocca quando due camion si trovano faccia a faccia.

Il problema non è credere o non credere alle parole. Il problema è che le parole, da sole, non reggono un ponte. E finché tra Roma e il territorio continuerà a esserci questo scarto tra annunci e atti concreti, il Ponte Preti resterà il simbolo di una promessa che si rinnova, nell'attesa infinita di diventare qualcosa di più.

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