Cerca

Attualità

Gtt costretta a lasciare l’extraurbano: una scelta imposta che preoccupa anche Ivrea

Non è una decisione dell’azienda, ma l’effetto di leggi nazionali ed europee e di un documento dell’Agenzia per la Mobilità Piemontese. Otto milioni di chilometri in meno, 20 milioni di ricavi tagliati e centinaia di lavoratori a rischio. E nel Canavese cresce l’incertezza sul futuro dei collegamenti

Gtt costretta a lasciare l’extraurbano: una scelta imposta che preoccupa anche Ivrea

L'assessore regionale ai trasporti Marco Gabusi e il sindaco di Torino Stefano Lo Russo

Perde tratte, chilometri, ricavi, lavoratori. Perde soprattutto una parte fondamentale della sua funzione pubblica: collegare le città ai territori che stanno intorno, quelli che non finiscono sotto la Mole ma iniziano appena oltre il cartello “Torino”.

A certificare questo smontaggio progressivo non è un comunicato sindacale né una polemica politica, ma un documento ufficiale dell’Agenzia per la Mobilità Piemontese, redatto su richiesta della giunta regionale. Un testo tecnico, apparentemente freddo, che però ridisegna in modo radicale la mappa del trasporto pubblico locale. E dentro quella mappa Gtt viene tagliata fuori dalle linee extraurbane, cioè da tutte le corse che collegano Torino ai comuni della cintura e, più in generale, al resto del territorio.

In altre parole: tutto ciò che va oltre i confini comunali.

I numeri ufficiali contenuti negli atti dell’Agenzia spiegano bene la portata del ridimensionamento. Nel 2024, su circa 20 milioni di chilometri annui previsti nell’area metropolitana, Gtt ne percorreva 8,5 milioni. Dal 2027 quella quota scenderà a soli 952 mila chilometri. In una prima versione dei lotti di gara ne erano previsti 2,3 milioni, poi ulteriormente ridotti.

Alla società controllata dal Comune di Torino resteranno soltanto tre linee extraurbane – la Alpignano–Volvera, la Torino–Orbassano e la Brusasco–Settimo–Torino – “assorbite per coerenza gestionale nel servizio suburbano della cintura”. Tutto il resto andrà a gara.

Non è una decisione presa da Gtt. Non è una fuga. Non è una rinuncia volontaria. È l’effetto diretto di un sistema di regole che negli anni è diventato sempre più rigido, e che oggi presenta il conto.

I numeri, messi in fila dalla Cgil, sono impressionanti. Gtt passerà da circa 10 milioni di chilometri percorsi ogni anno a poco più di 2 milioni. Otto milioni di chilometri in meno. Tradotto in termini economici, significa 20 milioni di euro di ricavi tagliati. Tradotto in termini occupazionali, significa circa 600 lavoratori a rischio, in gran parte quelli che non guidano gli autobus ma tengono in piedi l’azienda: personale amministrativo, manutentori, addetti alle officine, figure tecniche e di supporto.

Un colpo durissimo, che non riguarda solo chi lavora in Gtt, ma chi ogni giorno sale su quei mezzi per andare a scuola, al lavoro, in ospedale. Pendolari, studenti, anziani. Interi territori.

Il segretario torinese della Cgil, Igor Piotto, non ha usato giri di parole.

“L’obiettivo implicito è soffocare Gtt, toglierle fiato, ridurla all’osso e poi spingerla verso la privatizzazione. È un’operazione che serve a far entrare i privati nel mercato, togliendo alla società pubblica le linee extraurbane e lasciandole solo ciò che è dentro la città. Così però si compromette tutto il lavoro fatto per risanare l’azienda, anche grazie ai sacrifici dei lavoratori”.

Dietro questa vicenda, che può sembrare solo tecnica, c’è in realtà una legge che sta producendo un vero pasticcio. È il decreto legislativo 50 del 2017, che recepisce la normativa europea 1370/2007. La regola, in teoria, è semplice: i servizi di trasporto pubblico locale devono essere messi a gara, oppure affidati direttamente “in house”, ma solo a società controllate dall’ente che affida il servizio.

Ed è qui che tutto si incastra male.

Gtt è controllata dal Comune di Torino, non dalla Regione Piemonte. Questo significa che il Comune può affidarle direttamente il servizio urbano — autobus, tram e metropolitana dentro Torino — ma appena un autobus supera i confini comunali, la competenza diventa regionale. E la Regione non può affidare direttamente a Gtt quei servizi, perché formalmente non la controlla.

Per anni si è andati avanti con proroghe, deroghe, soluzioni tampone. Un equilibrio precario, ma funzionale. Oggi però quel sistema non regge più. La legge impone di mettere i servizi a gara. E se la Regione non lo fa, scatta una sanzione automatica: il taglio del 15% dei fondi nazionali per il trasporto pubblico locale.

È anche per questo che l’Autorità di regolazione dei Trasporti è intervenuta con una nota inviata a inizio mese agli enti competenti, in cui – pur senza bocciare l’affidamento in house – chiede conto in modo puntuale delle porzioni di rete extraurbana non messe a gara e invita a valutare modalità alternative. Alla luce di questa nota e dei tavoli tecnici in corso tra Gtt e Agenzia della Mobilità, la scelta è stata quella di togliere a Gtt anche quel residuo di extraurbano.

Un taglio che, nel complesso, supera persino il limite teorico previsto per l’in house. La normativa consente di conservare il 90% della rete, cioè una riduzione massima del 10%. Qui invece il taglio complessivo arriva al 15% del servizio totale, considerando urbano ed extraurbano insieme: da 48,7 a 41,2 milioni di chilometri annui.

Un taglio che la Regione non può permettersi di evitare. E così la scelta diventa obbligata: bandire le gare, affidare le linee extraurbane ai privati e lasciare Gtt concentrata quasi esclusivamente sull’urbano.

È un paradosso tutto italiano. Nessuna norma vieta a Gtt di fare corse fuori Torino. Ma un groviglio di decreti, regolamenti e competenze rende di fatto quasi impossibile continuare come prima. Il risultato è che la Regione si tutela, Gtt arretra, e il servizio pubblico perde pezzi.

In questo scenario entrano in gioco anche la politica e i rapporti istituzionali. L’assessore regionale ai Trasporti Marco Gabusi e il sindaco di Torino Stefano Lo Russo si muovono su un terreno complicato. Sullo sfondo resta anche il confronto, piuttosto teso, sulle risorse: ballano 12 milioni di euro tra la richiesta dell’amministrazione torinese e l’offerta della giunta regionale, che si è detta disponibile al massimo a coprire circa 6 milioni. L’alternativa è l’aumento dei biglietti, non a caso evocato dallo stesso sindaco nei giorni scorsi.

Piotto lo dice chiaramente: “Il Comune di Torino deve smettere di guardare la Regione da lontano e iniziare a difendere davvero Gtt. Serve un salto di qualità nei rapporti istituzionali, altrimenti non si salva niente”.

Ma il problema non è solo normativo. Anche i conti non tornano. I fondi statali per il trasporto pubblico sono fermi ai livelli del 2023, mentre i costi sono esplosi: carburante, manutenzione, gomme, stipendi. Torino riceve 44 milioni di euro, ma ne servirebbero almeno 72. All’appello mancano 28 milioni. Anche senza tagli di linee, la situazione sarebbe comunque critica.

gtt

E Ivrea?

Qui la questione non è affatto astratta. Ivrea vive dentro una conurbazione, un sistema di collegamenti extraurbani essenziali. Autobus che collegano la città ai comuni del Canavese, alle stazioni, agli ospedali, alle scuole. Linee che oggi rischiano di diventare oggetto di gara, con tutto ciò che ne consegue.

Il consigliere comunale Massimiliano De Stefano ce lo aveva detto qualche tempo fa senza giri di parole. Parole che però sono rimaste inascoltate.

“Ci avevano promesso 20 autobus elettrici per un trasporto pubblico urbano e suburbano a zero emissioni, ma nessuno li ha ancora visti. Le novità che arrivano dall’Agenzia della Mobilità, con Gtt costretta ad abbandonare la parte extraurbana, stanno creando dubbi e incertezze tra lavoratori, cittadini e pendolari”.

Nel territorio eporediese, tra autisti e personale di struttura, sono coinvolte oltre 110 persone, più di 600 in tutta la provincia di Torino.

Non solo. Dopo 35 anni di esperienza, ha lasciato anche un dirigente storico di Gtt. Un segnale che qualcosa si sta muovendo, e non in meglio. “Chiedo chiarezza e trasparenza a Regione e Gtt – aveva concluso De Stefano – e invito i consiglieri regionali che hanno a cuore il nostro territorio a sollecitare risposte concrete. Ivrea merita un trasporto pubblico moderno, pulito e sostenibile, non l’ennesima occasione sprecata”.

E mentre le leggi si rincorrono, i bandi si preparano e le gare prendono forma nei corridoi della Regione – con un cronoprogramma che prevede l’avvio delle gare già nei prossimi mesi e un Piemonte che, salvo poche eccezioni come Novara, Biella, Vercelli e il Verbano-Cusio-Ossola, andrà quasi interamente a bando – i cittadini aspettano l’autobus. Magari elettrico. Magari puntuale. Magari senza scoprire, un giorno, che quel collegamento “non conviene più”.

Perché alla fine il punto è uno solo: non è Gtt che se ne va.
È un sistema che cambia.
E i territori, Ivrea compresa, devono decidere se subirlo in silenzio o provare a governarlo. Prima che resti solo una fermata vuota.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori