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Pedonalizzazione di via Po: Lo Russo fa dietro front e spegne le polemiche

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Pedonalizzazione di via Po: Lo Russo fa dietro front e spegne le polemiche

Pedonalizzazione di via Po: Lo Russo fa dietro front e spegne le polemiche

È dai microfoni di Radio Zip, Toradio e Radio Gtt, che Stefano Lo Russo ha scelto oggi di riportare la discussione su binari più concreti, spegnendo una polemica che in pochi giorni aveva infiammato politica, commercianti e opinione pubblica. Via Po, uno degli assi più delicati e simbolici del centro torinese, non diventerà pedonale nel prossimo futuro. Un chiarimento che arriva dopo settimane di voci, interpretazioni e reazioni a catena, nate da un passaggio tecnico e trasformatosi rapidamente in caso politico.

Il nodo si era aperto in circoscrizione 1, con un’interpellanza presentata da Fratelli d’Italia e una risposta dell’assessorato alla Mobilità che faceva riferimento a uno studio di fattibilità sulla pedonalizzazione di via Po. Una formula prudente sul piano amministrativo, ma sufficiente a innescare timori concreti tra gli operatori economici della zona e a riaccendere una frattura mai davvero rimarginata tra visione urbana e vita quotidiana del centro storico.

La presa di posizione del sindaco arriva proprio per ricondurre il dibattito alla realtà dei fatti. Via Po è appena uscita da un lungo ciclo di lavori, che ha incluso il rifacimento della pavimentazione e la sistemazione dei binari del tram, con un investimento complessivo da circa 5 milioni di euro. In questo contesto, l’ipotesi di un nuovo intervento strutturale appare, almeno nei tempi brevi, fuori scala rispetto alle priorità dichiarate dall’amministrazione.

Il chiarimento, però, non equivale a una smentita ideologica del principio della pedonalizzazione. Al contrario, la linea tracciata dal sindaco punta a ridare gerarchia alle trasformazioni urbane, evitando sovrapposizioni e accelerazioni che rischiano di alimentare conflitti senza produrre benefici immediati. La strategia individuata individua in via Roma il fronte principale su cui concentrare ora risorse, attenzione politica e capacità di gestione. Un asse già oggetto di interventi e che, nelle intenzioni della Giunta, rappresenta il banco di prova di un centro più accessibile e meno dipendente dal traffico veicolare.

Via Po, invece, viene ricollocata in una dimensione diversa: non un tabù, ma nemmeno un obiettivo imminente. Il suo ruolo di collegamento tra piazza Castello e piazza Vittorio Veneto, la presenza del trasporto pubblico e il peso del commercio rendono ogni ipotesi di chiusura un’operazione ad alto rischio politico e urbano. Il dibattito, dunque, non viene cancellato, ma rinviato, spostato su un orizzonte più lungo e subordinato a una verifica degli effetti delle scelte già in corso.

In questo senso, la polemica su via Po diventa il riflesso di una tensione più ampia che attraversa Torino: quella tra l’idea di una città più pedonale, sostenibile e attrattiva e la fatica quotidiana di residenti e imprese che convivono con cantieri, cali di fatturato e incertezze continue. Non è un caso che l’intervento del sindaco arrivi all’indomani dell’approvazione del bilancio di previsione, in una fase in cui l’amministrazione è chiamata a dimostrare solidità e capacità di tenere insieme visione e gestione.

Accanto al tema della mobilità, Lo Russo ha infatti riportato l’attenzione su un altro fronte sensibile: quello della manutenzione urbana. Il 2026 viene indicato come l’anno di una massiccia apertura di cantieri, con 1.400 chilometri di strade interessati da interventi di rifacimento e messa in sicurezza. Un piano che punta a rispondere a una delle critiche più diffuse rivolte alla Giunta: la percezione di una città trascurata, più raccontata che curata.

Il programma è già partito, con i primi lavori avviati in via Giovanni Servais, nel quartiere Parella, e si inserisce in un quadro più ampio sostenuto da 32 milioni di euro della Fondazione CRT, destinati all’apertura di circa 140 cantieri. A questi si aggiungono i 26 milioni di euro previsti per la rigenerazione urbana di Aurora e Barriera di Milano, due quartieri dove la trasformazione dello spazio pubblico si intreccia direttamente con temi di sicurezza, commercio e coesione sociale.

Alla fine, il caso via Po si rivela meno una questione di traffico e più una questione di metodo politico. La scelta di intervenire pubblicamente dalla radio, anziché lasciare sedimentare il dibattito nelle sedi istituzionali, segnala la volontà di riprendere il controllo della narrazione e di evitare che uno studio tecnico venga percepito come una decisione già presa. È una mossa difensiva, ma anche un tentativo di ristabilire un confine tra ciò che si studia e ciò che si decide.

Via Po, per ora, resta così com’è. Il dibattito sulla sua trasformazione non scompare, ma viene rimesso in fila, insieme a molte altre promesse di cambiamento che Torino continua a evocare. La vera partita, come spesso accade, non è sul “se”, ma sul quando e soprattutto sul quanto la città sarà pronta a reggerlo.

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