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15 Dicembre 2025 - 12:05
Domani mattina, martedì 16 dicembre, alle 9 in punto, alla Cascina Rubbianetta, nel Parco naturale della Mandria, arriverà l’ufficiale giudiziario. Con lui la forza pubblica. Sarà l’atto finale di una vicenda che va avanti da oltre dieci anni e che ora rischia di produrre conseguenze immediate e irreversibili, non solo sul piano amministrativo, ma soprattutto su quello umano e animale. Lo sfratto esecutivo disposto dalla Regione Piemonte colpirà la Cooperativa Vivere La Mandria e il Centro del Cavallo, ma soprattutto i 31 animali che ancora si trovano nella struttura, tra cavalli anziani, animali recuperati da situazioni difficili e soggetti per i quali una ricollocazione non è affatto scontata.
Il conto alla rovescia è iniziato ufficialmente il primo dicembre, quando lo sfratto è stato notificato. Da allora tutto si è mosso con una rapidità che, secondo i gestori, non ha lasciato alcuno spazio per soluzioni alternative. All’inizio, nella cascina, i cavalli erano 54. Nelle ultime settimane molti sono stati spostati in scuderie della zona, grazie a una rete di solidarietà costruita in fretta e con grande difficoltà. Domani, però, resteranno ancora sei cavalli e tre asinelli senza collocazione. E il timore, più volte espresso, è che per alcuni di loro il rischio concreto sia quello della macellazione.
Al centro della vicenda c’è un nodo che non è mai stato sciolto: l’agibilità della struttura. Un problema noto fin dall’inizio e mai risolto. «Dieci anni fa ci hanno affittato una struttura senza l’agibilità della parte coperta. Doveva arrivare, era in itinere, ma non è mai arrivata», racconta Michele Cribari, presidente della società sportiva dilettantistica Rubbianetta e detentore degli animali. Il maneggio coperto, circa quattromila metri quadrati, rappresentava il cuore dell’attività, il vero core business di un centro ippico in grado di ospitare allenamenti, competizioni e manifestazioni di alto profilo anche in inverno. Senza quell’agibilità, però, tutto è rimasto bloccato.
Prima della cooperativa, la gestione era passata dalla Fondazione del Cavallo, poi finita in liquidazione. Vivere La Mandria era subentrata acquistando i beni mobili, non la struttura, che resta di proprietà pubblica. Una fondazione che, in passato, aveva affidato la gestione operativa proprio alla FISE, la Federazione Italiana Sport Equestri, organizzando eventi di livello internazionale, dagli Europei a un Mondiale. «Loro hanno potuto fare tutto, noi nulla, perché mancava l’agibilità», sintetizza Cribari. Un paradosso che oggi si ripropone, perché la stessa FISE è destinata a tornare a gestire la cascina.
La Regione Piemonte, infatti, ha formalizzato con una delibera di Giunta la concessione gratuita biennale della Cascina Rubbianetta e dei Campi Equestri della Mandria alla FISE Piemonte, stanziando anche 25 mila euro di fondi pubblici per la manutenzione ordinaria. Una scelta che, secondo l’ente, risponde alla necessità di garantire la custodia degli immobili, la continuità delle attività sportive e la tutela degli animali, dopo la decadenza della precedente concessione. L’assessore al patrimonio Gian Luca Vignale ha parlato di un iter legale complesso che avrebbe visto riconosciute le ragioni della Regione e di un impegno a tutelare il patrimonio pubblico nel rispetto della legalità e dell’interesse collettivo.
Parole che non convincono la Cooperativa Vivere La Mandria, che da anni denuncia una gestione amministrativa segnata da incongruenze e da un silenzio istituzionale ritenuto assordante. «È legittimo affittare un complesso privo di agibilità?», chiede da tempo il presidente Carlo Natale Procopio. Una domanda che, secondo la cooperativa, è rimasta senza risposta per oltre un decennio. Procopio racconta di richieste di incontro inviate tramite PEC, di tentativi di confronto mai andati a buon fine. «Non abbiamo mai ricevuto risposta. Questo silenzio ha aggravato progressivamente la situazione, lasciandoci soli ad affrontare criticità strutturali non dipendenti dalla cooperativa».
Nel frattempo, i canoni di affitto sono rimasti elevati. La cifra stabilita nel bando era di 3mila euro al mese. La cooperativa, pur consapevole di non avere titolo per pretendere formalmente una riduzione, ha scelto di versare comunque oltre il 65 per cento dell’importo originario, una decisione definita di sopravvivenza più che di convenienza. Il tutto in una struttura non pienamente fruibile, priva di certificazioni essenziali e con il maneggio coperto inutilizzabile. Eppure, per anni, il Centro del Cavallo è stato indicato come uno dei poli di riferimento dell’equitazione piemontese, senza che l’ente pubblico intervenisse per risolvere i problemi strutturali.

Il maneggio coperto da 4mila metri quadri che non ha mai ottenuto i permessi
Negli ultimi due anni, secondo i gestori, il clima è ulteriormente peggiorato. Sono arrivate richieste sempre più onerose per l’organizzazione di eventi sportivi, nuove prescrizioni da parte dell’Ente Parco e del Comune di Druento, ostacoli procedurali tali da rendere, di fatto, impossibile lavorare. È ancora pendente un ricorso al TAR legato al contenzioso con il Comune, mai esaminato, ma questo non ha fermato l’avvio dello sfratto. A rendere il quadro ancora più teso c’è una recente sentenza del Consiglio di Stato che riconosce esplicitamente un danno economico subito dalla cooperativa. Nonostante ciò, la Regione ha confermato lo sfratto esecutivo con forza pubblica.
Nel frattempo, restano sospesi anche gli impegni annunciati. Il 25 settembre la Regione aveva comunicato un sopralluogo della Prima Commissione, mai avvenuto. E intorno alla cascina si allarga l’impatto sociale della vicenda. Non c’è solo il destino degli animali. Ci sono i lavoratori, gli istruttori, gli addetti alle scuderie, il ristorante “La Tavola del Re”, gestito dalla famiglia Lombardo, l’intero indotto che ruotava attorno alla Rubbianetta. «Io da domani sarò senza lavoro e senza casa», dice Cribari. Vive lì con la sua famiglia e racconta una sensazione di impotenza: «È successo tutto talmente in fretta. Non ci hanno dato tempo».
Sul fondo resta una storia che parte da lontano. Nel 2006 la Regione ottenne finanziamenti per ristrutturare la cascina. "Quegli spazi - incalza Cribari - vennero dichiarati come uffici, non come strutture sportive". Un dettaglio che oggi pesa come un macigno e che alimenta l’accusa di una catena di errori mai chiariti. «Siamo sudditi», è l’amara sintesi che arriva da chi, domani mattina, vedrà chiudersi i cancelli.
La Regione rivendica la scelta della FISE come garanzia di una gestione qualificata, orientata alla valorizzazione sportiva, educativa e culturale, con attenzione al benessere animale e all’ambiente. La cooperativa, però, non smette di chiedere perché quella stessa attenzione non sia stata applicata prima, magari riducendo un canone ritenuto insostenibile e consentendo la prosecuzione di un’attività che, nonostante tutto, ha resistito per dieci anni.
Domani, alle 9, non sarà solo uno sfratto. Sarà il punto di non ritorno di una vicenda che intreccia gestione pubblica, contenziosi legali, scelte amministrative e vite reali. Umani e animali. E per 31 cavalli, il tempo delle carte bollate sta per scadere.
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