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Rivoli inaugura nuove case e servizi sociali per i più fragili: mentre l’Italia tiene chiuse milioni di case

A Rivoli inaugurati nuovi spazi di accoglienza: Housing First e Stazione di Posta, 294mila euro dal Pnrr

Rivoli

Mentre l’Italia tiene chiuse 8,5 milioni di case

A Rivoli è stata aperta una porta, ma in realtà se ne sono spalancate molte di più. Nei giorni scorsi il Comune ha inaugurato spazi rinnovati e finalmente operativi, pensati per accogliere chi vive condizioni di fragilità estrema: un’abitazione stabile da cui ripartire, una mensa capace di garantire un pasto caldo e un presidio di ascolto che orienta, sostiene, accompagna. Non un semplice intervento edilizio, ma un tassello strategico in un contesto nazionale in cui il tema della casa è diventato la faglia principale delle disuguaglianze.

Grazie ai finanziamenti del Pnrr, Rivoli ha completato un progetto da oltre 294.000 euro, distribuiti tra l’Housing First (248.000 euro), la nuova mensa del Centro d’Ascolto (40.000 euro) e il potenziamento della sede dell’associazione Una Porta Aperta (6.000 euro). Il cuore dell’operazione è il modello Housing First, un approccio che ribalta la logica dei percorsi a ostacoli: non si chiede alla persona fragile di “meritare” un alloggio passando per mille step intermedi, ma si offre subito una casa stabile da cui ricostruire dignità, equilibrio, autonomia.

La casa canonica della Chiesa di San Martino, riqualificata, diventa ora il punto di riferimento dell’Housing First. Presso la Chiesa Maria Immacolata Ausiliatrice sono stati rinnovati i locali che ospitano la mensa del Centro d’Ascolto, mentre l’associazione Una Porta Aperta rafforza i propri spazi per una presa in carico più efficace. È la dimostrazione di come il welfare territoriale funzioni davvero quando combina istituzioni, volontariato e comunità parrocchiali.

Il coordinamento generale è del Consorzio Ovest Solidale, affiancato dalle cooperative Gruppo Arco, ET, San Donato, e dalle associazioni Una Porta Aperta e Centro d’Ascolto. Una rete che la vicesindaca e assessora alle Politiche sociali Silvia Romussi definisce “una forza concreta”, aggiungendo che Housing First e Stazione di Posta non sono solo interventi edilizi, ma nuove opportunità di accoglienza, dignità e accompagnamento per le persone più fragili.

Il disegno territoriale comprende anche l’adeguamento della Stazione di Posta di Collegno, struttura di riferimento per l’orientamento e l’accoglienza delle persone senza dimora. È il nodo centrale di una rete pensata per superare la frammentazione dei servizi, collegando Rivoli, Collegno e gli altri Comuni della zona in un sistema integrato di contrasto alla povertà estrema.

Il sindaco Alessandro Errigo, nel giorno dell’inaugurazione, ha ricordato che “qui non si inaugurano solo spazi, ma si costruiscono risposte concrete per la dignità delle persone”. Un’affermazione che assume un peso particolare se inserita nel contesto nazionale delineato dal Rapporto Federproprietà-Censis 2024: in Italia ci sono 8,5 milioni di abitazioni private non utilizzate, pari al 25,7% del patrimonio totale. Una casa su quattro resta chiusa. Vuota. Inattiva. Una ricchezza immobilizzata mentre la domanda abitativa esplode.

Alla radice di questa paralisi c’è soprattutto la paura dei proprietari: l’82,9% teme di non poter rientrare in possesso dell’immobile in caso di morosità, spaventato dai tempi della giustizia e dall’incertezza economica degli inquilini. A questo si aggiunge il fenomeno degli affitti brevi turistici, diventato per molti una scorciatoia meno rischiosa della locazione tradizionale. Non stupisce allora che a Roma, Firenze o Venezia gli annunci per affitti brevi superino di dieci volte quelli per contratti stabili, contribuendo allo svuotamento dei centri storici e all’aumento dei canoni.

Il Rapporto fotografa un Paese contraddittorio: la qualità delle abitazioni effettivamente abitate è migliorata negli ultimi dieci anni, con una riduzione sensibile delle case fatiscenti o danneggiate. Ma questo progresso si scontra con un patrimonio immobiliare enorme, frammentato e spesso inutilizzato. È un nodo che colpisce soprattutto i giovani, ormai convinti – nel 94% dei casi – che senza aiuto familiare sia impossibile acquistare una casa. La casa, da traguardo naturale della vita adulta, si è trasformata in un obiettivo per pochi.

Ed è proprio in questo scenario che l’esperienza di Rivoli assume un valore politico e simbolico. Qui, dove il patrimonio immobiliare della città non resta chiuso dietro porte sbarrate, ma viene riattivato per rispondere a bisogni urgenti, la casa torna ad avere la funzione originaria: non bene rifugio per il mercato, ma bene comune per la comunità.

Il sindaco Errigo ha sottolineato un passaggio chiave: “Attorno all’abitare si intrecciano fragilità sociali, sanitarie ed economiche. Investire sulla casa significa aiutare le persone anche su tutte le altre criticità”. In altre parole, offrire un tetto significa offrire una prospettiva. E quando la casa diventa il punto di partenza, tutto il resto – il lavoro, la salute, i legami familiari – ha finalmente lo spazio per rimettersi in ordine.

La sfida dei prossimi anni sarà capire se iniziative come questa potranno diffondersi, facendo da contrappeso a un Paese che tiene inutilizzate milioni di abitazioni. Perché una società che non abita nelle sue case è una società che fatica a trovare stabilità. Rivoli, almeno per ora, dimostra che un’altra strada è possibile: trasformare il patrimonio esistente in una risorsa viva, restituire fiducia a chi è rimasto indietro e fare della dignità un lavoro quotidiano, non un proclama.

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