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11 Dicembre 2025 - 03:30
A Chivasso l’inverno non è una metafora: è freddo, è marciapiede, è stazione. E dal 1° gennaio 2026, persone che fino a ieri trovavano un letto al dormitorio pubblico di via Nino Costa torneranno a dormire per strada, mentre il Comune prepara la stagione teatrale e le luminarie natalizie. Lo raccontano, con brutalità numerica, il Documento Unico di Programmazione e il bilancio di previsione 2025–2027 approvati dal Consiglio comunale: 56 mila euro spesi per il dormitorio nel 2024, 28 mila previsti per il 2025, zero euro dal 2026 in avanti.
La decisione di tagliare i fondi fino all’azzeramento coincide con la scadenza a giugno 2025 della convenzione con l’associazione che gestiva la struttura per cui, dopo un breve rinnovo, il dormitorio chiude, lasciando “dodici senzatetto senza una sistemazione”. L’unica ipotesi alternativa di cui si è parlato, allora, era lo spostamento in una scuola contaminata da amianto.
A denunciare da tempo questa scelta come atto politico, non come fatalità tecnica, è il socialista chivassese Marco Riva Cambrino. Per lui “la chiusura del dormitorio pubblico non è un incidente di percorso né una conseguenza inevitabile di vincoli tecnici, è una scelta politica pienamente consapevole” e colpisce “un presidio minimo di civiltà istituzionale”. L’attivista accusa l’amministrazione di aver trasformato la politica in “gestione dell’immagine e amministrazione del decoro”, lasciando che chi resta per strada diventi “un problema di ordine urbano, non più un soggetto di diritti”. La distanza tra le luminarie e chi dorme per terra, afferma, “è la fotografia di una città che preferisce illuminarsi piuttosto che prendersi cura dei suoi cittadini, tutti nessuno escluso”.
Il dormitorio di via Nino Costa era nato come scelta simbolica e concreta di civismo. Nel 2014 raccontavamo con entusiasmo il progetto del Comune e del Ciss (Consorzio Intercomunale Servizi Sociali) per ristrutturare un’ala dell’edificio vicino al centro diurno per disabili e trasformarla in dormitorio pubblico, con un investimento di 130 mila euro a carico del consorzio. Nel 2015 eravamo lieti di annunciare l’apertura della struttura, descritta come una decina di posti letto per uomini e donne in grave difficoltà, da attivare progressivamente con l’arrivo dei primi freddi.
Un disciplinare comunale regola l’accesso e il funzionamento del servizio di “Assistenza e Sorveglianza Notturna presso il Dormitorio Pubblico di via Nino Costa 48 a Chivasso”, definendone regole, orari e diritti degli ospiti: un documento che certifica come quel dormitorio fosse pensato non come parcheggio emergenziale, ma come servizio strutturato. Tutto perfetto, ma era, per l’appunto, allora. Poi arrivano i numeri che cambiano la storia e ci siamo ritrovati a ricostruire la traiettoria del bilancio: dopo la spesa di 56 mila euro del 2024, lo stanziamento scende a 28 mila nel 2025 per poi azzerarsi dal 2026, con la convenzione in scadenza a giugno 2025 (con una breve proroga). È in quel momento che la domanda di Riva Cambrino arriva brutale e retorica: “Perciò a giugno si chiude?”. Ora sappiamo che la risposta è sì.
Mentre si tagliano i fondi per i senza dimora, il DUP approvato il 7 febbraio 2025 sposta risorse verso la stagione teatrale e le iniziative di spettacolo. Il nostro titolo, allora, era stato esaustivo ed eloquente: “Non ci sono i soldi per i poveri, ma per il teatro sì: chiude il dormitorio, vergogna a Chivasso”.
Ma cosa dice la legge? Non è un destino, bensì una responsabilità. Il punto è che nulla, nel quadro normativo nazionale e piemontese, imponeva a Chivasso di chiudere. Anzi. Dal 2015 l’Italia dispone delle Linee di indirizzo per il contrasto alla grave emarginazione adulta, elaborate dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali come primo documento di programmazione nazionale sulla grave marginalità, che Governo, Regioni ed enti locali sono chiamati a seguire per investire i fondi pubblici in servizi innovativi e strategie abitative stabili, come l’Housing First.
Nel 2021 il Decreto interministeriale del 30 dicembre approva il Piano per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà e ripartisce il Fondo Povertà per il triennio 2021–2023, con oltre 600 milioni di euro nel solo 2021, destinati anche alla presa in carico delle persone senza dimora. Nel 2025 un nuovo provvedimento nazionale adotta il Piano degli interventi e dei servizi sociali 2024–2026 e aggiorna il riparto del Fondo nazionale per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, ribadendo che i servizi rivolti alle persone in povertà estrema rientrano nei livelli essenziali delle prestazioni sociali che i Comuni sono tenuti a garantire.
In Piemonte, la Regione non è rimasta ferma. Con la Delibera di Giunta 5-3988 del 29 ottobre 2021 ha definito criteri e finanziamenti, pari a 200 mila euro, per progetti locali rivolti alle persone senza dimora stazionanti sul territorio regionale. Successive determinazioni e deliberazioni – dal bando “senza dimora 2021” fino alla DGR 25-8015 del 22 dicembre 2023 e ai decreti del 2024–2025 – hanno approvato convenzioni con la Federazione Italiana Organismi Persone Senza Dimora (fio.PSD), impegnando centinaia di migliaia di euro per sostenere percorsi di presa in carico sociosanitaria e sperimentazioni di Housing First in Piemonte.
Il quadro è chiaro: lo Stato definisce strategie e ripartisce i fondi attraverso il Piano nazionale di contrasto alla povertà e il Fondo Povertà; la Regione Piemonte programma, co-finanzia e stipula convenzioni con gli enti specializzati per sostenere i servizi per senza dimora; i Comuni restano il nodo decisivo. Sono loro a decidere se attivare o chiudere un dormitorio, se intercettare i bandi, se co-finanziare i progetti locali. Quando un Comune taglia i fondi a zero, non è perché “non ci sono risorse”. È perché sceglie di non usare quelle disponibili, nazionali e regionali, per garantire un servizio ritenuto non prioritario.
Mentre a Chivasso si chiude, altrove si sperimenta.
Torino, capoluogo e cuore della Città Metropolitana, da anni sta costruendo una rete integrata di servizi. Il Piano di accoglienza invernale 2024–2025, illustrato dal Comune e ripreso dai media locali, prevede circa mille posti complessivi di accoglienza notturna per le persone senza dimora, con uno stanziamento di circa 7 milioni di euro, distribuiti tra strutture notturne, servizi di strada e moduli abitativi in via Traves.
Per l’inverno 2025–2026 il Comune di Torino annuncia 27 strutture di prima accoglienza per adulti senza dimora, con circa 730 posti letto e oltre 1.100 percorsi di accoglienza e inclusione, gestiti in collaborazione con circa quaranta enti del terzo settore. Accanto alla rete comunale, l’Arcidiocesi di Torino mette a disposizione posti aggiuntivi: per l’inverno 2024–2025 ha attivato otto strutture per adulti in grave emarginazione, offrendo 110 posti letto temporanei, sempre in raccordo con i servizi comunali.
Non solo Torino. Beinasco, nella prima cintura, ha inaugurato nel novembre 2025 alloggi “Housing First” ricavati in un’ex scuola media, finanziati con fondi PNRR e destinati a famiglie e persone sole in grave fragilità abitativa. A Rivoli, pochi giorni fa, sono stati aperti nuovi spazi per Housing First e una “stazione di posta” per persone senza dimora, con un investimento di oltre 294 mila euro che combina risorse comunali e fondi europei.
L’IRES Piemonte, l’ente di ricerca della Regione, ha documentato nei suoi report come l’Avviso 4/2016 e i bandi successivi abbiano promosso in tutto il Piemonte modelli operativi innovativi - Housing First e Housing Led - proprio per superare la logica dei dormitori emergenziali e trasformare il diritto alla casa nel punto di partenza della presa in carico. Nel frattempo, però, la stessa IRES segnala nella Relazione annuale 2023 le criticità ancora aperte: rifiuti di iscrizione anagrafica per persone senza dimora, difficoltà nella residenza fittizia, frammentazione degli interventi tra Comuni, assenza di dati sistematici sulla popolazione senza dimora a livello locale.
È dentro questo contesto che il caso Chivasso esplode come contro-esempio: una città media della cintura torinese che, invece di agganciarsi alla rete metropolitana e ai bandi regionali, decide di spegnere l’unico presidio notturno stabile per i più fragili. Non esistono, ad oggi, dati ufficiali aggiornati sul numero di persone senza dimora nel solo Comune di Chivasso, né un censimento pubblico dei posti letto disponibili dopo la chiusura del dormitorio. Lo stesso Ministero del Lavoro, nella presentazione delle Linee di indirizzo e dei dati nazionali, ricorda che le rilevazioni ISTAT stimano oltre 50 mila persone senza dimora in Italia, con una forte concentrazione nelle grandi aree urbane ma con una presenza non trascurabile nelle città medie e piccole.
“Dietro quei dodici letti perduti, quindi, non c’è solo una questione contabile. C’è un intero modello di gestione dell’emarginazione che arretra”, commenta Marco Riva Cambrino. Nel frattempo, le persone senza dimora tornano visibili solo dove danno fastidio: al pronto soccorso, in stazione, sulle panchine. Non a caso uno studio sulla popolazione homeless nella Città Metropolitana di Torino ricordava come l’istituzione del dormitorio di Chivasso fosse stata motivata anche dal tentativo di “ripulire il pronto soccorso e la stazione”, segno di un approccio che, fin dall’inizio, oscillava tra tutela dei fragili e gestione del decoro.
Mentre il governo nazionale aggiorna i piani contro la povertà, il Ministero del Lavoro destina nuove risorse alle persone in povertà estrema e senza dimora e la Regione Piemonte riceve fondi specifici - oltre 3,4 milioni di euro con una deliberazione del novembre 2024 - per servizi di contrasto alla grave marginalità, a Chivasso la Giunta decide di portare a zero il capitolo di spesa del dormitorio.
“Non si può liquidare tutto con un generico “non ci sono soldi”: è una scelta di priorità politiche. Quando un Comune sceglie di destinare risorse al teatro, alle feste, alle luminarie e ai gemellaggi mentre chiude l’unica struttura notturna per i senza dimora, manda un messaggio preciso: il bisogno di chi non ha casa è considerato meno importante del bisogno di intrattenimento di chi una casa ce l’ha”, osserva il socialista chivassese.
In effetti, le alternative esistono e sono state dettagliate dagli stessi dossier di advocacy: prorogare la convenzione e stanziare un contributo straordinario per l’inverno; utilizzare i bandi regionali finanziati con il Fondo Povertà e i fondi europei per co-finanziare il servizio; costruire alleanze operative con Caritas, Ciss, associazioni locali per integrare la gestione; sperimentare un piccolo progetto di Housing First, come già fanno altri Comuni piemontesi. Non è stato fatto. Non ancora.
La denuncia di Marco Riva Cambrino non è soltanto un atto politico, ma un invito alla cittadinanza a non accettare come “normale” ciò che normale non è. Se, come dice lui, “un Comune che trova risorse per eventi e comunicazione ma non per garantire un letto a chi è in strada ha già compiuto una scelta di campo”, allora la chiusura del dormitorio non riguarda solo dodici o anche solo una persona senza un tetto. Riguarda l’idea stessa di comunità che Chivasso vuole essere.
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