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Coldiretti porta l’Erbaluce e il Carema dentro Montecitorio per difendere una viticoltura unica e fragile

I due vini simbolo del Canavese presentati ai deputati: territorio, rischi e valore culturale al centro del confronto

Coldiretti porta l’Erbaluce e il Carema dentro Montecitorio per difendere una viticoltura unica e fragile

Coldiretti porta l’Erbaluce e il Carema dentro Montecitorio per difendere una viticoltura unica e fragile

Non è stata una semplice degustazione istituzionale, ma un’operazione politica a tutti gli effetti. Coldiretti Torino ha portato oggi l’Erbaluce e il Carema dentro Montecitorio per spiegare ai deputati cosa significhi coltivare e difendere due vini che esistono solo perché qualcuno continua a lavorare su pendii ripidi, terrazzamenti antichi e colline moreniche minacciate da costi elevati, nuovi parassiti, fauna selvatica e una crescente pressione normativa europea. Una viticoltura fragile, ma strategica, che rischia di essere schiacciata se non viene compresa fino in fondo da chi fa le leggi.

Dalle 12 alle 15, nel ristorante della Camera, i deputati hanno potuto degustare Erbaluce e Carema, ascoltando al tempo stesso le ragioni di un territorio che, per produrre, deve misurarsi con condizioni uniche in Italia. Presenti numerosi parlamentari, tra cui l’onorevole Augusta Montaruli, che ha gestito l’invito formale, e l’ex ministro Giulio Tremonti. Con loro anche il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani e l’assessore regionale all’Agricoltura Paolo Bongioanni.

«I nostri vini canavesani nascono in territori particolari, unici, spesso difficili» ricorda il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici. «Non a caso, per vigneti come quelli di Carema è stato riconosciuto lo stato di vigneti eroici, mentre la coltivazione dell’Erbaluce sulla collina morenica ha modellato un paesaggio di enorme valore turistico. È una viticoltura che tiene insieme cultura agricola, funzione ambientale e presidio del territorio. Meritava di essere raccontata proprio qui, dove si legifera su agricoltura di collina e montagna, paesaggio, cambiamento climatico».

Il confronto con i deputati è servito a evidenziare le fragilità del settore: «Questi vini non subiscono soltanto la demonizzazione del vino partita dall’Europa, ma anche la pressione di parassiti nuovi, della fauna selvatica, dei costi di produzione e della carenza di collegamenti rurali. Eppure in ogni calice c’è un pezzo di montagna che non frana, c’è un paesaggio che non si perde» sottolinea Mecca Cici.

A rappresentare le produzioni canavesane una delegazione di viticoltori, guidata dal presidente del Consorzio Bartolomeo Merlo, insieme a Lorenzo Simone e Loris Caretto. I parlamentari hanno assaggiato Erbaluce di Caluso fermo, Erbaluce spumante, Passito di Erbaluce e Carema, accompagnati dai grissini Rubatà della filiera del grano chivassese Gran dij Bric, dalla Toma di Lanzo e dalle Paste di Meliga abbinate al passito.

«I nostri sono grandi vini, ma ancora troppo poco conosciuti fuori dal Piemonte» osserva Merlo. «Il paesaggio delle nostre vigne non è a filari, ma a pergole e terrazzi. Le viti abbracciano colline e montagne per raccogliere calore e luce: è un patrimonio unico che merita sostegno».

«Questa occasione è un riconoscimento ulteriore per l’Erbaluce, primo bianco piemontese a ottenere la denominazione d’origine nel 1967» aggiunge Loris Caretto. «I produttori lavorano sulla qualità e aprono vigne e cantine ai visitatori: un impegno che racconta l’orgoglio di coltivare un vitigno così particolare».

I vini del Canavese si trovano in vendita diretta o nei mercati Campagna Amica. Per promuovere le aziende che faticano a emergere sul mercato è nata anche Divinorum, la casa della cultura del vino del Mercato del Corso di Campagna Amica Torino, dove sono presenti oltre venti etichette tra Erbaluce fermo, spumante, passito e Carema.

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