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Addio a Giuliano Noè, l'enologo che ha ridato dignità al Barbera

Enologo piemontese, padre della Barbera moderna: Nizza Docg 2014, Enologo dell’anno 2005. I funerali a Nizza Monferrato

Addio a Giuliano Noè, il Barberologo che ha ridato dignità alla Barbera

Addio a Giuliano Noè, il Barberologo che ha ridato dignità alla Barbera

«Per la vigna e il vino ci vuole passione. Altrimenti tutto diventa banale». Giuliano Noè lo ripeteva spesso, e non per costruire un personaggio: era un modo di stare al mondo, una filosofia che ha guidato una carriera capace di influenzare il destino di un vitigno, di un territorio e di una generazione di produttori. In quelle parole c’è il concentrato di una vita spesa fra filari, cantine e confronti serrati con colleghi e giovani enologi, con la lucidità di chi non confonde mai l’esperienza con la presunzione.

Noè era un piemontese testardo nel senso migliore del termine. Nato a Monforte d’Alba nel 1935, muove i primi passi a Canelli, in una cantina dove cresce come tecnico e come uomo di vino. Arriva presto la reputazione, e con essa quel soprannome — “il Barberologo” — che per anni lo ha accompagnato come un marchio d’autore. Non un vezzo, ma il riconoscimento di una competenza che pochi avevano saputo dimostrare con altrettanta profondità.

Ha attraversato stagioni difficili, quando la Barbera era considerata un vino umile, quasi un prodotto minore, e lo scandalo del metanolo rischiava di cancellare fiducia, credibilità e futuro. Noè, in quella fase, non si limita a tamponare: indica una direzione, lavora sulla qualità, spinge un’intera area viticola a credere che da quella crisi possa nascere un’identità nuova. Negli anni Ottanta è tra i protagonisti della rinascita: la Barbera torna un vino rispettato, studiato, finalmente degno del suo potenziale. Una rivoluzione discreta ma decisiva, frutto di rigore tecnico e di una visione che andava oltre il contingente.

Il capitolo del Nizza è forse quello più emblematico della sua determinazione. Per Noè quel vino non era una semplice derivazione della Barbera, ma un punto d’arrivo: un’identità riconoscibile, un territorio che chiedeva autonomia e che nel 2014 ottiene il riconoscimento Docg. È anche merito suo se oggi il Nizza è un progetto compiuto, un nome che ha trovato spazio sulle carte dei ristoranti e nella geografia enologica internazionale.

Al di là del ruolo tecnico, è stato un maestro. Non nel senso cattedratico del termine, ma nel modo in cui sapeva far sentire all’altezza chi aveva vent’anni meno di lui. Lo ricorda il produttore Gianluca Morino: «Grazie perché ci hai sempre fatto sentire all’altezza». Parole che restituiscono meglio di qualsiasi profilo la cifra del suo approccio: ascoltare prima di parlare, cercare la qualità nel lavoro degli altri, sostenere senza sostituirsi.

Il titolo di Enologo dell’anno assegnato dal Gambero Rosso nel 2005 fotografa un successo personale, ma non basta a misurare l’eredità che lascia. La vera eredità sono le bottiglie che oggi raccontano l’evoluzione della Barbera con accenti diversi ma coerenti, il prestigio conquistato da un vino che per troppo tempo era stato considerato “popolare”, la sicurezza con cui un territorio come il Monferrato si presenta al mondo.

Giuliano Noè se ne va dopo una vita intera passata a dimostrare che il vino non è mai solo tecnica, né solo mercato. È una questione di responsabilità, di rispetto per chi lavora e per chi beve, di ascolto del territorio. Giovedì, alle 15, nella chiesa di San Giovanni di Nizza Monferrato, la comunità gli darà l’ultimo saluto. In quelle parole che amava ripetere — senza passione tutto diventa banale — c’è la sintesi di ciò che lascia in eredità: un vino che non è più quello di prima, e un territorio che grazie a lui ha imparato a non avere paura di essere se stesso.

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