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Diciassette bambini evacuati da Gaza, sette attesi a Torino: l’Italia apre un corridoio di speranza

Tre voli militari da Eilat, accoglienza istituzionale e una rete pediatrica nazionale mobilitata: un’operazione che segna la postura internazionale del Paese

Diciassette bambini

Diciassette bambini evacuati da Gaza, sette attesi a Torino: l’Italia apre un corridoio di speranza

Il rumore dei jet che attraversano il cielo notturno e quello delle ambulanze schierate sulla pista raccontano più di qualsiasi comunicato. Dall’8 dicembre, tre velivoli dell’Aeronautica Militare hanno aperto un corridoio sanitario dalla città israeliana di Eilat verso l’Italia, portando in salvo 17 bambini palestinesi evacuati dalla Striscia di Gaza per ricevere cure urgenti. Sette di loro arriveranno a Torino, in un trasferimento che assume il valore simbolico di una diplomazia capace di tradursi in intervento concreto, all’interno dell’operazione umanitaria che affianca l’iniziativa “Food for Gaza”.

Alle 23.02 dell’8 dicembre il primo aereo è atterrato a Ciampino, con a bordo 7 piccoli pazienti, accolti dal vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Esteri Antonio Tajani, presenza che certifica il peso politico dell’operazione. Un secondo volo, con altri 3 bambini, è arrivato a Pratica di Mare. In totale, insieme ai minori, sono giunte 80 persone, tra familiari e accompagnatori: un dispositivo complesso, dove logistica e umanità si intrecciano senza soluzione di continuità.

Il passo successivo si gioca negli ospedali. I bambini verranno distribuiti in base alle necessità cliniche: a Torino al Regina Margherita, a Roma tra Bambino Gesù, Gemelli e Umberto I, a Napoli al Santobono e ai Colli, a Padova nell’Azienda Ospedaliera Universitaria, a Genova al Gaslini, a Milano al Niguarda, a Perugia nell’ospedale cittadino, a Monza al San Gerardo. È una geografia della cura che evidenzia come l’assistenza pediatrica italiana sia stata mobilitata in modo capillare, costruendo un argine di sicurezza intorno a bambini che arrivano da uno dei contesti più difficili del mondo.

Con questa evacuazione, il totale dei minori accolti dall’Italia sale a 232, un primato tra i Paesi occidentali per numero e regolarità degli interventi. Non sono cifre da bollettino: sono la misura di un impegno che sceglie di farsi carico dei più vulnerabili. La diplomazia si muove, ma sono i corpi — quelli dei bambini, quelli dei sanitari che li assistono — a rendere evidente la portata del gesto.

Il coordinamento dell’operazione evidenzia una macchina istituzionale che, quando necessario, sa agire come un unico organismo. La regia è della Presidenza del Consiglio, con il raccordo tra Ministero degli Esteri, Difesa, Interno, Protezione Civile, in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità e con il Meccanismo Europeo di Protezione Civile. È la dimostrazione che nelle crisi internazionali più complesse la sinergia multilivello non è un dettaglio tecnico, ma l’unica condizione che consente di operare in tempi certi e in sicurezza.

Questa missione, però, non può essere letta solo come intervento sanitario. Ha un significato politico e umano. L’Italia si propone ancora una volta come ponte tra Europa, Mediterraneo e Medio Oriente, mettendo a disposizione diplomazia, mezzi militari impiegati a fini umanitari e una rete ospedaliera di eccellenza. In un tempo segnato dalla polarizzazione, rappresenta un gesto che parla di responsabilità, di diritto internazionale, di tutela dei civili.

A Torino, a Roma, a Napoli, a Padova, a Genova, a Milano, a Perugia e a Monza, quell’impegno prenderà forma nei volti dei 17 bambini arrivati nelle ultime ore. Non un simbolo astratto, ma la misura esatta di ciò che significa, oggi, essere un Paese capace di trasformare una decisione politica in protezione reale.

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