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Attualià
08 Dicembre 2025 - 10:41
Diciottenne in fin di vita salvato in extremis: viaggio folle dalla Grecia e trapianto-lampo alle Molinette contro un destino già scritto
La storia sembra scritta per un film d’emergenza, con una sequenza di ostacoli che avrebbe potuto trasformarsi, a ogni passaggio, in una tragedia annunciata. Invece, nelle scorse ore, un ragazzo greco di 18 anni, affetto da sindrome di Alagille e in insufficienza epatica terminale, è stato salvato a Torino grazie a un trapianto di fegato in super-urgenza nazionale, dopo un trasferimento che ha messo alla prova l’intero sistema trapiantologico italiano.
Il giovane studente era stato ricoverato più volte in Grecia: prima ad Atene nei mesi scorsi, poi in terapia intensiva a Patrasso quando la malattia genetica ha iniziato a far collassare definitivamente il fegato. Le sue condizioni erano talmente gravi da indurre i medici ellenici a contattare immediatamente l’Hellenic Transplant Organization, che ha attivato il protocollo di collaborazione con l’Italia. Da lì, la richiesta è rimbalzata al Centro Nazionale Trapianti, diretto da Giuseppe Feltrin, e quindi al CRT Piemonte–Valle d’Aosta, che a sua volta l’ha inoltrata al Centro Trapianto Fegato delle Molinette, sotto la guida del professor Renato Romagnoli.
Ma tra la vita e la morte del ragazzo si è inserito un avversario imprevisto: il maltempo. L’aeronautica militare greca aveva già mobilitato un velivolo C27, ma il decollo e l’arrivo sono stati ritardati di ora in ora da piogge torrenziali e condizioni meteo proibitive. La possibilità di rinviare tutto al giorno successivo, spiegano fonti sanitarie, avrebbe potuto essere fatale. È stato allora che la determinazione del sistema trapianti piemontese ha fatto la differenza.

Il dottor Federico Genzano Besso, insieme al direttore sanitario delle Molinette Antonio Scarmozzino, al direttore della Rianimazione 2 Maurizio Berardino, al responsabile del 118 Roberto Gioachin e al professor Romagnoli, ha coordinato una soluzione alternativa: far atterrare l’aereo non a Torino ma a Pisa, l’unico aeroporto utilizzabile in quel momento. A Patrasso il volo è partito alle 18.30; a Pisa ha toccato terra alle 20.30.
A quel punto restava da affrontare l’Italia flagellata dal maltempo. L’elicottero non poteva decollare. Così, in piena notte, un’ambulanza avanzatissima del 118 di Torino, con a bordo l’anestesista Donatella Di Francesco, è partita per una trasferta quasi surreale: autostrade semiallagate, visibilità ridotta, un paziente in condizioni disperate. Alle 1.30, finalmente, il ragazzo è arrivato nella Rianimazione Centrale delle Molinette, dove è stato stabilizzato. La madre, assistita dal Consolato greco, lo ha raggiunto poche ore più tardi.
Vista la gravità estrema del quadro clinico, il Centro Trapianti ha chiesto l’inserimento immediato del giovane nella lista nazionale di super-urgenza. In rianimazione, il team ha tenuto acceso il filo sottilissimo che separava la vita dal collasso totale degli organi, in attesa di un donatore compatibile. L’attesa è durata 48 ore, rese possibili grazie al lavoro continuo dell’équipe guidata da Berardino.
Poi l’organo è arrivato: il dono generoso di una famiglia di una regione vicina. Meno di 60 ore dopo lo sbarco in Italia, il giovane è entrato in sala operatoria. L’intervento, durato nove ore, è stato condotto dal professor Romagnoli, insieme al chirurgo Davide Cussa, all’epatologa Silvia Martini, con la supervisione anestesiologica di Chiara Stratta e Filippo Castelli. La ripresa del fegato trapiantato è stata sorprendentemente rapida, segno che la sfida estrema giocata contro il tempo era stata vinta.
Oggi il diciottenne è ancora ricoverato, ma i segnali di recupero sono definiti “significativi”. Ogni giorno è un passo avanti, ogni ora un margine in più sottratto al destino che sembrava già scritto.
Dai vertici sanitari piemontesi traspare soddisfazione per una missione che rappresenta, al di là della retorica, un esempio concreto del livello raggiunto dalla Città della Salute. La cooperazione tra Grecia e Italia, l’efficienza delle strutture regionali, la rapidità delle decisioni e il coraggio delle équipe impegnate nella notte più difficile hanno permesso un esito che, nella fase iniziale, appariva poco meno che impossibile.
Un salvataggio che non parla solo di medicina, ma anche di ciò che la medicina diventa quando sistemi complessi riescono a muoversi come un organismo unico: velocità di coordinamento, competenza e, soprattutto, la generosità di chi ha consentito il trapianto donando un organo in un momento di dolore estremo.
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